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    Coronavirus, lo studio: “I più a rischio nel lungo periodo non sono gli anziani”

    Medici Credits: Ansa
    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 8 Apr. 2020 alle 08:06

    Coronavirus 50enni, lo studio: “Più a rischio a lungo periodo”

    L’emergenza Coronavirus in Italia non si ferma. Anche se i numeri parlano di un leggero rallentamento l’allerta resta alta, soprattutto al Nord. Dai medici arriva l’allarme, adesso il virus comincia a colpire le persone meno deboli.

    I 40enni e i 50enni infatti potrebbero essere più a rischio di quanto si credesse e quasi il 5 per cento dei positivi al virus Sars-Cov-2 sviluppa sintomi gravi da richiedere l’ospedalizzazione, secondo un autorevole studio pubblicato su The Lancet Infectious Diseases. Si tratta di dati estrapolati da statistiche, ma è pur tuttavia il primo studio completo su decessi e ricoveri nella Cina continentale, che conferma anche che la mortalità per coronavirus è di circa l’1 per cento.

    L’analisi è stata condotta da ricercatori dellMRC Centre for Global Infectious Disease Analysis, insieme con l’Abdul Latif Jameel Institute for Disease and Emergency Analytics (J-IDEA) e l’Imperial College London, e in collaborazione con i ricercatori del Queen Mary University London e dell’University of Oxford.

    QUI trovate lo studio completo.

    Gli scienziati hanno raccolto dati su casi individuali per pazienti deceduti a causa di Covid-19 a Hubei (e riportati dalle commissioni sanitarie nazionali e provinciali all’8 febbraio 2020), e per i casi al di fuori della Cina continentale (dai siti web del governo o del ministero della salute e resoconti dei media per 37 Paesi, nonché Hong Kong e Macao, fino al 25 febbraio 2020). Questi dati sui singoli casi sono stati poi usati per stimare il tempo che intercorre tra l’insorgenza dei sintomi e l’esito (morte o dimissione dall’ospedale).

    In generale, l’analisi (svolta su 70.117 casi confermati in laboratorio e diagnosticati clinicamente nella Cina continentale, combinati con 689 casi positivi tra le persone evacuate da Wuhan) ha rilevato che mentre il tasso di mortalità complessivo per i casi confermati era dell’1,38 per cento, il tasso è aumentato drasticamente con l’età, dallo 0,0016 per cento negli under 10 al 7,8 per cento negli anni 80 e oltre.

    Lo studio ha mostrato che solo lo 0,04 per cento dei bambini di età compresa tra 10 e 19 anni ha richiesto cure ospedaliere rispetto a oltre il 18 per cento di quelli di età pari o superiore a 80 anni, mentre aumenti sostanziali si sono verificati anche tra i gruppi di mezza età, con il 4 per cento delle persone sui 40 anni che necessitava di cure ospedaliere e oltre l’8 per cento dei pazienti sui 50 anni.

    Lo studio

    Gli studiosi sono partiti innanzitutto da un quadro generale. Al 25 marzo 2020 erano stati segnalati in tutto il mondo 414.179 casi e 18.440 decessi dovuti alla malattia di Coronavirus 2019 (COVID-19), causata dalla nuova sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus 2 (SARS-CoV-2). L’epidemia è iniziata nella Cina continentale, con un focus geografico nella città di Wuhan, Hubei. Il 26 febbraio 2020, il tasso di aumento dei casi è aumentato nel resto del mondo rispetto alla Cina. Focolai gravi si sono verificati in Italia, negli Stati Uniti e in Iran e l’espansione geografica dell’epidemia continua.

    Studi clinici su pazienti ospedalizzati hanno dimostrato che, all’inizio della COVID-19, i pazienti mostrano frequentemente sintomi associati a polmonite virale, più comunemente febbre, tosse, mal di gola, mialgia e affaticamento. La definizione adottata in Cina e altrove comprende anche un’ulteriore stratificazione di casi gravi (definiti come tachipnea, saturazione di ossigeno, insufficienza respiratoria che richiede ventilazione, shock settico o altre disfunzioni o insufficienze richiedono terapia intensiva).

    Secondo il rapporto congiunto dell’OMS, inoltre, l’80 per cento dei 55.924 pazienti con Covid-19 confermato in laboratorio in Cina fino al 20 febbraio 2020 ha avuto una malattia da lieve a moderata, inclusi casi sia di non polmonite che di polmonite, mentre il 13,8 per cento ha sviluppato una malattia grave e il 6,1 per cento ha sviluppato una fase critica che ha richiesto cure intensive.

    Tra i soggetti a più alto rischio di malattie gravi e morte restano però persone di età superiore ai 60 anni e persone con patologie di base, tra cui ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari, malattie respiratorie croniche e cancro.

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