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Home » Cultura

Ecco “Lucia Bosè. L’ultimo ciak”, il nuovo romanzo di Laura Avalle

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“Lucia Bosè. L’ultimo ciak” il nuovo romanzo di Laura Avalle per la collana Femminile Singolare diretta da Sara Rattaro (da pochi giorni in libreria) e ispirato dall’omonimo documentario di Davide Sordella e Pablo Benedetti dedicato alla diva deceduta nel 2020, racconta la straordinaria vita di una grande attrice e di una grande donna in anticipo sui tempi da prendere ad esempio in un momento storico come questo dove ancora, in alcuni Paesi del mondo, la figura femminile è oggetto di spregio e di discriminazione.

Nata in epoca fascista a Milano nel 1931 quando le donne non avevano ancora il diritto al voto, Lucia Bosè si è sempre battuta in prima persona per l’uguaglianza di genere, anticipando prima e poi sostenendo i principi di libertà e di parità dei sessi di fronte alla legge, ottenuti pacificamente dalle donne con la rivoluzione del Sessantotto.

E proprio in nome di quell’indipendenza di cui lei è stata la paladina, del non voler dipendere da un uomo, con il proprio esempio di vita è arrivata a sfidare persino il regime della Spagna franchista, dove si trasferì per amore di Luis Miguel Dominguín, il più grande torero di tutti i tempi. In quegli anni, durante l’era della dittatura del Generale Franco, i diritti delle donne erano severamente limitati: a una moglie venivano proibite quasi tutte le attività economiche, inclusa l’occupazione, il diritto di proprietà privata o addirittura viaggiare da sola lontano da casa.

A queste restrizioni Lucia però non si è mai piegata: guidava la macchina (uno scandalo per una donna), era un’intellettuale, economicamente era autonoma, aveva scelto di comune accordo con Dominguín di non sposarsi in chiesa (e per questo considerata dalla società dell’epoca una sorta di concubina). Ad un certo punto però, stanca dei tradimenti del marito (i due nel frattempo avevano celebrato il matrimonio con rito cattolico), chiede il divorzio, affrontando a testa alta la gogna mediatica di una società che iniziò a dipingerla come una poco di buono e a chiuderle “tutte le porte e anche tutte le finestre”. Nessuna donna, prima di lei, aveva osato ribellarsi tanto al regime, dal momento che il compito di una moglie era anche quello di chiudere tutte e due gli occhi di fronte alle infedeltà del marito. Non si piegò mai Lucia, tenne testa al Torero e al suo avvocato che volevano privarla persino dei suoi figli, ottenendo alla fine la loro custodia, ma non il mantenimento. Economicamente Lucia non percepì un soldo dall’ex marito, ma grazie al suo lavoro di attrice fu in grado di prendere quella decisione autonomamente e senza guardarsi più indietro. Un privilegio negato a molte donne, costrette a dipendere in tutto e per tutto dai loro mariti.

La vita di Lucia è fonte di riflessione dei nostri giorni, ancor più in queste settimane concitate dominate dalla prepotenza di uomini violenti, dei talebani che ci fanno ripiombare nei nostri anni più bui: anche nel nostro civilissimo Occidente, meno di cento anni fa, le donne hanno dovuto lottare in prima linea per difendere il proprio valore e i propri diritti: proprio qui, a casa nostra, ci siamo battute per molte di quelle stesse cose che adesso ci fanno tanto indignare. E che non siamo più disposte ad accettare né qui né altrove.

Milanese, classe 1931. Lucia Bosè è una ragazza del popolo, destinata alla fortuna e a grandi successi personali e professionali. Fu Miss Italia 1947, star indiscussa di Cinecittà, musa di Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni, legata ad amicizie importanti come Franco Zeffirelli, Mauro Bolognini e tutto il gotha del cinema italiano. Amante di Edoardo Visconti e Walter Chiari, regina dei rotocalchi e dei set cinematografici, di lei hanno scritto tutti i più grandi: da Alberto Moravia, suo grande sostenitore, a Oriana Fallaci.

La straordinaria vita di Lucia Bosè è costellata di successi e di cadute, come quando la casa in cui abitava da bambina, in un quartiere popolare di Milano, fu rasa al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale. Quindi il fatidico incontro con Luchino Visconti che la noterà appena adolescente, nel bar-pasticceria Galli di Milano dove lavorava come commessa. Una carriera fulminante la sua, ma proprio al culmine della notorietà e della fama decise di ritirarsi dalle scene per amore di Dominguín, il più grande Torero di tutti i tempi, dal quale ebbe tre figli: Miguel Bosé, Lucia e Paola Dominguín. Il loro amore è passionale e travolgente: Lucia lo seguirà fino a Madrid, in quella Spagna cattolica e franchista dove vivrà anche dopo lo “scandaloso” divorzio (era il 1968) causato dai repentini tradimenti del marito, evento che segnerà il suo ritorno al cinema con i più grandi registi: Fellini, Taviani e Özpetek, segno che quel mondo non l’aveva mai dimenticata. Fu questa l’epoca dove ricevette grandi riconoscimenti: il prestigioso Ambrogino d’oro del Comune di Milano nel 1980, e il documentario “Il clan Bosè” con il quale la Rai le rese omaggio. Passano gli anni, nel frattempo Lucia accetterà proposte dalla tv, dal teatro e dal cinema e inizia la sua metamorfosi: si trasferirà a vivere in una casa più piccola a Brieva, un paese in provincia di Segovia abitato da poche anime, e cambierà look, capelli corti e colorati di blu, immagine che si porterà dietro fino alla fine dei suoi giorni. Nel 2000 inaugura il Museo de los Angéles a Turégano, dedicato alle presenze celesti che l’avevano sempre affascinata sin da bambina, di cui purtroppo vedrà anche la sua chiusura qualche anno più tardi: questo sarà uno dei suoi dolori più grandi dopo la morte di Dominguín. L’attrice si spegnerà all’età di 89 anni all’ospedale di Madrid, per coronavirus.

In queste pagine il ricordo del regista del suo ultimo film, che parla di una donna dei nostri tempi, forte, indipendente, libera e anticonformista, amante del blu e degli angeli. Una grande attrice, icona della bellezza italica che nella vita ha sempre lottato, senza mai perdere la fiducia in un domani migliore.

Lucia Bosè. L’ultimo ciak, il nuovo romanzo di Laura Avalle

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