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“La casa delle mele”: il nuovo libro di Franco Bagnasco, tra memoria privata e provincia universale

Immagine di copertina

Non vuole essere un’autobiografia agiografica, né una semplice raccolta di racconti. Il nuovo libro del giornalista Franco Bagnasco, “La casa delle mele” (disponibile su Amazon), è piuttosto un grande contenitore narrativo, una stanza – appunto – in cui l’autore accumula ricordi, personaggi, voci, dialetti, episodi minimi e avventure surreali, costruendo un affresco umano che va ben oltre la dimensione privata.

Il noto cronista trasforma mezzo secolo di ricordi familiari, scherzi alla “Amici miei” e retroscena dello showbiz italiano in un racconto ironico e appassionato. Il centro simbolico del libro è un luogo reale e mitico insieme: la campagna dell’Oltrepò Pavese, la casa di famiglia, le vigne, le estati torride, gli alberi, le cantine, le sedie all’ombra. Attorno a questo nucleo ruotano figure memorabili: zii granitici e autoritari, nonni epici nella loro rudezza contadina, amici di gioventù irripetibili, compagni di scuola, musicisti dilettanti, caratteri borderline e irresistibili. Tutti raccontati con uno sguardo che non giudica mai, ma osserva, ricorda e trasforma.

Il tono è uno dei punti di forza del libro: Bagnasco scrive con una lingua ricchissima, stratificata, che mescola italiano colto, parlato, inflessioni dialettali, citazioni pop, cultura alta e bassa. È una scrittura che procede per accumulo, digressione, deviazione continua, come una lunga conversazione brillante che non vuole arrivare subito al punto perché il punto, in fondo, è il viaggio stesso.

L’ironia è costante, ma non è mai leggera nel senso superficiale del termine. È un’ironia che nasce dalla consapevolezza del tempo che passa, delle illusioni giovanili, delle piccole grandezze provinciali e delle inevitabili sconfitte. Si ride molto leggendo “La casa delle mele”, ma spesso è una risata che convive con la malinconia, con la nostalgia, con una sottile riflessione sulla fine di un mondo: quello della provincia agricola, delle famiglie allargate, dei rituali ripetuti, delle esistenze scandite dal lavoro e dal carattere più che dalle ambizioni.

Una parte importante del libro è dedicata alla musica e all’esperienza dei Beagles, gruppo pop-dialettale diventato fenomeno locale. Anche qui Bagnasco evita l’autocelebrazione e sceglie invece l’autoironia, raccontando il successo circoscritto, le collaborazioni improbabili, l’assurdità di una popolarità che resta confinata in pochi chilometri quadrati ma che, proprio per questo, diventa autentica. È una riflessione implicita sullo spettacolo, sul talento, sul caso, e sul confine sottile tra gioco e professione.

Ma “La casa delle mele” è soprattutto un libro di personaggi. Personaggi talmente vivi da sembrare inventati, e invece realissimi. Uomini e donne che incarnano un’Italia laterale, non urbana, non patinata, spesso ruvida, a volte grottesca, sempre profondamente umana. In questo senso il libro riesce in qualcosa di raro: trasformare la memoria individuale in memoria collettiva. Anche chi non è cresciuto in quelle zone riconosce quei volti, quelle dinamiche, quelle frasi, perché appartengono a una provincia che è stata – in forme diverse – di molti.

Potremmo dire che non c’è una vera trama, e non serve. Il filo che tiene insieme tutto è la voce narrante: una voce riconoscibile, coerente, colta ma mai snob, affettuosa ma non indulgente. Una voce che sa prendersi gioco di sé, delle proprie ossessioni, delle proprie mitologie personali.

“La casa delle mele” è un libro da leggere senza fretta – perfetto per questo periodo di vacanze natalizie – lasciandosi portare, accettando le divagazioni come si accettano quelle di un amico particolarmente brillante a tavola, che parte da un ricordo e finisce per raccontarti un pezzo di mondo. È un atto d’amore verso il passato, ma senza nostalgia zuccherosa; un libro comico e serio insieme; un brillante omaggio narrativo a ciò che resta quando tutto cambia.

Sinossi

“La casa delle mele – Famiglia, amici (miei), star e giornali di carta” è un viaggio che parte dall’Oltrepò Pavese viticolo e arriva alle redazioni dei grandi settimanali nazionali, passando per una banda di amici decisi a rinverdire il mito delle burle di “Amici miei”. Nel libro, Bagnasco (già autore per Mondadori de “Il peggio della diretta”) intreccia la memoria familiare, gli scherzi della sua band, “i Beagles”, e l’epopea della carta stampata, raccontata dall’interno dopo anni di cronaca di spettacolo.

Giornalista pavese, 57 anni, Bagnasco, che è anche autore, ha mosso i primi passi a “La Provincia Pavese” per poi firmare servizi, interviste e critiche per testate come il Giornale, Tutto Musica, Tv Sorrisi e Canzoni, Oggi, Gente, TPI e molte altre. Nel volume ripercorre incontri ravvicinati con Al Bano, Paolo Villaggio, Max Pezzali, Drupi, Antonio Ricci, Moana Pozzi, Emilio Fede, Anna Oxa, Elisabetta Canalis, Gianfranco Funari e molti altri protagonisti della tv e della musica italiana, sempre filtrati da una forte cifra autoironica e aneddotica.

Tra le pagine scorrono episodi che vanno dall’anno di naja ad Aviano alle estati a Moneglia trasformate in palcoscenico permanente di scherzi, fino ai backstage esclusivi dello spettacolo: dalla leggendaria citofonata a Mina a Lugano al racconto dell’inizio della storia tra Maurizio Costanzo e Maria De Filippi. L’obiettivo dichiarato dell’autore non è costruire un’agiografica autobiografia, ma divertire il lettore accompagnandolo dentro un mondo che conosce molto bene: quello delle famiglie di provincia, dei bar di paese e delle redazioni dove si facevano – appunto – i giornali di carta.

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