Bologna s’illumina di Jazz
Il Teatro Comunale organizza due serate-tributo al jazz nella storia del cinema. Direttore artistico: Paolo Fresu. Sul palco tre fuoriclasse assoluti: Vince Mendoza, Flavio Boltro e Joe Lovano
Il jazz e la musica classica si incontrano a Bologna: all’Auditorium Manzoni, infatti, nell’ambito di “Jazz on Symphony”, che vede la direzione artistica del trombettista, flicornista, scrittore e compositore Paolo Fresu, venerdì 10 e sabato 11 ottobre alle ore 20.30 è in programma “Jazz on film”, un tributo al jazz nella storia del cinema. I due concerti, che segnano l’inaugurazione del Bologna Jazz Festival 2025, vedranno protagonisti Vince Mendoza, vincitore di otto Grammy Award che oltre a curare gli arrangiamenti dirigerà l’Orchestra del Teatro Comunale, Joe Lovano, sassofonista statunitense vincitore di un Grammy Award, e Flavio Boltro, trombettista che nel corso della sua carriera ha suonato anche con Michel Petrucciani. Intervistati da TPI, Lovano e Boltro parlano in anteprima di questo progetto, realizzato dal Teatro Comunale di Bologna in collaborazione con il Conservatorio “G.B. Martini” di Bologna.
Joe Lovano: “Non vedo l’ora di suonareNino Rota riarrangiato da Vince”
Maestro Lovano, cos’hanno in comune la musica classica e il jazz?
«Jazz e musica classica parlano in tutte le lingue. Ci sono delle similitudini ma anche tante differenze. Nel jazz crei il tuo mondo, un modo personale di suonare per improvvisare sui suoni armonici. La maggior parte dei musicisti classici, invece, suona solo ciò che legge, raramente abbandona il proprio modo di suonare. Vince Mendoza, con cui ho già collaborato in passato, scrive per me in modo speciale e mi dà la possibilità di giocare con l’interpretazione e contribuire con le mie idee. Questo per me è il jazz: un’idea su come suonare, non solo cosa suonare».
Quali sono le difficoltà nel combinare due stili di musica così apparentemente diversi?
«Suonare con gli altri è sempre una sfida. Sai che non devi solo suonare quello che sai ma anche ascoltare e cercare di creare una fusione di suoni. La cosa più difficile nella musica è essere rilassati, in modo da non suonare come se fosse solamente un esercizio. È importante conoscere non solo le tue parti ma l’intera melodia in modo tale da instaurare un feeling con gli altri elementi melodici e ritmici. E con Vince (Mendoza, ndr) abbiamo una bellissima comunicazione. E non vedo l’ora di suonare nuovamente con lui le colonne sonore tratte dai film e alcune musiche di Nino Rota che lui ha scritto per me».
Qual è il rapporto tra jazz e cinema?
«Molti grandi musicisti jazz, provenienti da New York, si sono trasferiti in California e hanno iniziato a collaborare con registi e artisti dando vita a questa fusione tra jazz e cinema. Benny Carter è stato uno dei primi ad andare a Los Angeles e ha aperto la porta ad altri quali Benny Golson, Oliver Nelson, Quincy Jones, Slide Hampton, Bob Brookmeyer. Molti compositori, come ad esempio John Williams, hanno radici jazz e si sono ispirati ad alcuni maestri della musica jazz. Quindi è del tutto naturale questo connubio».
Lei ha origini italiane. Che effetto le fa suonare in Italia?
«Per me è come tornare a casa. È fantastico viaggiare per l’Italia perché ogni regione è fantastica. Di recente ho tenuto diversi concerti in Sicilia, dove vivevano tutti e quattro i nonni della mia famiglia, provenienti da due villaggi diversi. Mio padre era un musicista e un sassofonista, ma io sono cresciuto anche con i miei nonni che dalla Sicilia sono venuti negli Stati Uniti portando il loro amore, la loro passione e la loro cultura. Quindi sono cresciuto in un ambiente molto musicale e pieno di amore. E nelle mie registrazioni, penso che questo si rifletta. Sono cresciuto ascoltando Enrico Caruso, che ha ispirato la mia musica. Sento le mie origini italiane nel mio sangue e penso che sia proprio da lì, dal tuo sangue, che proviene la tua musica».
Flavio Boltro: “L’improvvisazione è più forte dell’Intelligenza Artificiale”
Jazz e musica sembrano due mondi apparentemente distanti. Eppure saranno entrambi protagonisti del “Jazz on film”: come nasce questo connubio?
«Ho avuto la fortuna negli anni di collaborare con diverse orchestre ed è stata per me un’esperienza fantastica. Questo abbinamento permette di avere un impatto sonoro che fa venire la pelle d’oca non solo agli spettatori ma anche a chi sta sul palco per suonare. Con l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, poi, ho già avuto un’esperienza molto bella risalente ormai a diversi anni fa quando ho registrato la colonna sonora del film di Pupi Avati, “Quando arrivano le ragazze”, scritta e arrangiata Riz Ortolani, proprio con l’Orchestra di Bologna».
Sul palco sarà insieme a due leggende della musica come Vince Mendoza e Joe Lovano, con il quale peraltro ha già collaborato.
«Non ci sono parole. Joe Lovano è uno dei più grandi musicisti in circolazione, oltre a essere una persona stupenda. È riuscito a creare un suo modo di suonare prendendo ispirazione dai grandi del jazz ma dando vita a uno stile del tutto personale e unico. Trovarmi di nuovo sul palco con lui per me è una gioia e un onore. Vince Mendoza è uno dei più grandi al mondo, c’è solo da inchinarsi e da essere orgogliosi per aver un’opportunità così nella carriera. I suoi arrangiamenti sono sconvolgenti: saranno sicuramente due concerti da ricordare nel tempo».
Da un punto di vista prettamente tecnico come si riescono a coniugare musica e jazz?
«La maggior parte delle orchestre fa ovviamente un repertorio classico ma non è detto che questo sia un ostacolo. Anzi, per quella che è la mia esperienza ho notato che sempre più orchestre si appassionano al jazz e all’abbinamento con la sinfonica e si divertono anche tanto. Se l’arrangiatore è bravo, e in questo caso c’è Mendoza che è uno dei più bravi al mondo, riesce a calibrare tutti i vari momenti del concerto, che vanno dall’assolo al momento in cui tutti sono impegnati a suonare».
Il jazz è un genere in costante evoluzione. Come immagina il futuro del jazz in un contesto musicale sempre più contraddistinto dall’utilizzo di tecnologie e Intelligenza Artificiale?
«La fortuna del jazz è che è una musica talmente viscerale e vera che non cambierà mai la sua natura. L’Intelligenza Artificiale può aiutare ad avere un’idea, sopratutto in altri generi, però nel jazz non funziona così tanto. Il jazz è una cosa istintiva che ti viene al momento: ovviamente quando sei sul palco più o meno sai che cosa andrai a suonare però quando viene il momento dell’assolo si improvvisa. Èd è una cosa tua, che non sarà mai uguale alla sera precedente o a un altro concerto».