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    “Quella preghiera contro la legge sull’omotransfobia? Inaccettabile”: parla la sindaca di Lizzano

    La sindaca e il parroco di Lizzano
    Di Pierfrancesco Albanese
    Pubblicato il 15 Lug. 2020 alle 18:39

    “Assurdo identificare gli Lgbt, è inaccettabile”. Commenta così a TPI Antonietta D’Oria, sindaca di Lizzano, in provincia di Taranto, la veglia di preghiera organizzata martedì 14 luglio contro il disegno di legge sull’omotransfobia. A margine dell’iniziativa, voluta dal parroco don Giuseppe Zito, si è tenuta una protesta di attivisti Lgbt. Il parroco ha chiesto l’intervento dei carabinieri, che hanno identificato i manifestanti. Sul posto si è recata anche la sindaca che si è schierata contro le forze dell’ordine, in difesa dei cittadini e della libertà.

    La sindaca contro la veglia

    Conoscete gli articoli della Costituzione? – chiede la sindaca ai carabinieri che stanno provvedendo alla schedatura – Manifestare è un diritto dei cittadini, perché prendete i loro nomi? E perché non prendete i nomi di quelli che stanno dentro (la Chiesa, nda)? Perché è una vergogna per Lizzano, Lizzano è un paese democratico”, ha tuonato, prima di postare un comunicato in cui prende le distanze dall’accaduto.

    “Certo non sta a noi dire quello per cui si deve o non si deve pregare – ha scritto la sindaca –  ma anche in una visione estremamente laica quale è quella che connota la attuale Amministrazione Comunale, la chiesa è madre e nessuna madre pregherebbe mai contro i propri figli. Qualunque sia il loro, legittimo, orientamento sessuale. A nostro modestissimo parere e con la più grande umiltà, ci pare che altre siano le minacce che incombono sulla famiglia per le quali, sì, sarebbe necessario chiedere l’intervento della Divina Misericordia. Perché non pregare contro i femminicidi, le violenze domestiche, le spose bambine? Perché non celebrare una messa in suffragio per le anime dei disperati che giacciono in fondo al Mediterraneo? Perché non pregare per le tante vittime innocenti di abusi?”.

    A TPI la sindaca racconta cosa c’è dietro il suo intervento. “Ero fuori Lizzano, sono stata avvertita dei controlli dai cittadini e sono subito rientrata. La cosa che più mi ha infastidito è stato vedere l’identificazione delle persone che attendevano la fine della veglia per un confronto civile con il parroco. Siamo in un paese laico e democratico: non mi sembra giusto che accada questo e che in chiesa si preghi contro una legge dello Stato”. 

    Lizzano diventa un simbolo

    Lizzano, cittadina di 9mila abitanti, diviene così anticamera delle tensioni che attraversano il Paese. Con le barriere all’entrata, la stigmatizzazione delle differenze, la claustrofobia da cui non si esimono neppure le grandi città. “È di Lizzano, dell’Italia, ma anche del mondo – aggiunge la sindaca – Il problema è che gli adolescenti che crescono in comuni in cui non possono esprimersi liberamente maturano una non accettazione di se stessi da cui insorgono problemi psicologici, psichiatrici e via continuando. Sono una pediatra, queste problematiche le conosco. Non credo che l’omosessualità sia un problema. Tanti altri sono i motivi per pregare. Certo non contro chi non ha peccato alcuno se non quello di avere il coraggio di amare. E chi ama non commette mai peccato“. 

    “Per questo – dice la sindaca – è importante il ruolo della comunità e anche dei gesti delle istituzioni di una piccola cittadina”. Quali? “Anzitutto stare dalla stessa parte: e io sto sempre dalla stessa parte, indipendentemente dalla maglietta che indosso”. 

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