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    Covid, l’associazione delle Rsa: “Temiamo una nuova ondata, servono screening”

    Credit: Ansa Filippo Venezia

    L'Ats di Milano ha chiesto di non ricoverare i pazienti meno gravi. Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia: "Ribadisco quanto chiesto a Regione Lombardia, che in parte è stato detto, ma meno fatto: servono controlli programmati per i pazienti più fragili"

    Di Lorenzo Zacchetti
    Pubblicato il 28 Ago. 2020 alle 19:42

    Il caso della RSA Quarenghi – nel quartiere Gallaratese di Milano, non lontano da San Siro – rappresenta un segnale d’allarme davvero inquietante. Se ancora non è possibile stabilire le ragioni di una così improvvisa nascita di un focolaio (da zero a 24 casi di positività), desta particolare stupore il modo in cui si è reagito a un evento così critico. Non da parte della cooperativa che gestisce il centro, che ha giustamente portato i suoi ospiti in ospedale, semmai da parte degli ospedali milanesi stessi, che hanno accolto solamente l’unico anziano sintomatico, rimandando nella Rsa gli altri casi, in attesa che si liberino i posti attualmente occupati da pazienti più gravi.

    La ratio di questo tipo di scelta è stata spiegata ad Adnkronos Salute da Vittorio Demicheli, direttore sanitario dell’Ats di Milano: “C’è un aspetto organizzativo che abbiamo sollevato in Regione Lombardia ed è che la delibera che aggiorna quella sulle Rsa costringe a spostare in caso di positività al Coronavirus Sars-CoV-2 gli anziani ospiti e ricoverarli in Malattie Infettive o in una struttura dedicata, anche se sono tutto sommato asintomatici e in buona salute. Chiediamo se si possa adottare una soluzione diversa”.

    “Questa indicazione di spostare gli anziani positivi pur senza sintomi significativi comporta enormi disagi per queste persone in età molto avanzata, che si destabilizzano se vengono tolti da un ambiente che è loro familiare, e ha anche l’effetto di occupare letti”, ha argomentato Demicheli, ma questa strategia sta facendo molto discutere tra gli addetti ai lavori.

    L’idea che si possano gestire dei pazienti comunque infettivi all’interno delle Rsa non convince chi negli scorsi mesi aveva additato la famosa delibera di Regione Lombardia dell’8 marzo scorso come un grave errore strategico e aveva quindi accolto con favore la correzione del tiro con le scelte successive, che oggi vengono rimesse in discussione.

    Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia (l’associazione che riunisce oltre 400 case di riposo) sottolinea la necessità di uno screening continuativo: “C’è ovviamente preoccupazione per un’eventuale nuova ondata di Covid-19 e le RSA sono ancora molto a rischio. Il caso della Quarenghi rischia ovviamente di essere un fattore limitativo delle visite, che erano ripartite poco più di un mese fa, visto che è stata lasciata la scelta ‘alla discrezionalità dei singoli gestori è possibile che si crei una forma di autotutela”.

    Infatti, al momento nella Rsa Quarenghi “non è consentito l’accesso dei familiari in struttura, tranne in casi eccezionali autorizzati dalla Direzione sanitaria. I familiari sono stati debitamente informati delle condizioni di salute dei loro cari. Gli anziani mantengono un contatto costante con le famiglie tramite videochiamate o telefonate”, come spiega una nota ufficiale della struttura.

    “Non dobbiamo prendere quanto sta accadendo alla Quarenghi per dire: ‘richiudiamo tutte le visite’”, ha detto Degani ad Ansa. “Piuttosto devono essere istituzionalizzati gli screening. Da presidente di categoria ritengo giusto ribadire quello che ho chiesto alla Regione Lombardia, che in parte è stato detto, ma meno fatto, cioè che serve un alto livello di attenzione: servono screening programmati verso i più fragili, cioè gli anziani e chi ha pluripatologie che avrebbero obbligo e diritto di fare controlli continuativi ogni tre-quattro settimane per capire se hanno o no una situazione virale attiva”.

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