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    Porti aperti o chiusi? Draghi risponda ai 363 migranti a bordo della Sea Watch

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 2 Mar. 2021 alle 11:06 Aggiornato il 2 Mar. 2021 alle 12:07

    Dopo 10 giorni di navigazione e diverse operazione di salvataggio, la nave Sea-Watch 3 battente bandiera tedesca è in cerca di un porto sicuro in cui far sbarcare i 363 migranti presenti a bordo. Due dei tre ponti sono pieni di famiglie, padri con figli, donne con bambini, minori non accompagnati, neonati. Vengono da Sudan, Mali, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Camerun, Ghana, Gambia, Guinea, Niger, Nigeria. Un terzo di tutte le persone salvate nei cinque soccorsi operati tra venerdì e domenica hanno meno di 18 anni.

    La prima richiesta è partita sabato sera: appello a Malta e Italia. La seconda domenica. Come riporta Giansandro Merli sul Manifesto, da La Valletta non è arrivata nessuna risposta, mentre il centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma ha invitato il capitano a coordinarsi con lo stato di bandiera, la Germania. Ieri la richiesta è stata ripetuta, ma il risultato non è cambiato: il Pos ancora non c’è.

    “Quello che ci aspettiamo dal nuovo governo lo esprimono le circostanze di queste ore e cioè che la nave Sea Watch 3 si trova a sud della Sicilia con 363 persone a bordo soccorse da ormai più di 2 giorni, ammassate sul ponte della nave e soggette a ipotermia, mal di mare, partendo da condizioni di già altissima vulnerabilità. Questo governo non può che avere un approccio fortemente europeista, ci aspettiamo che sia l’Italia il primo Stato membro a dare un esempio di umanità e solidarietà assegnando un porto a queste persone e insistendo sulla necessità condivisione delle responsabilità tra gli stati dell’Unione. Chiediamo gestione strutturale, seria e lungimirante di questo fenomeno. Con la Sea Watch 3 davanti alla Sicilia questo governo ha la possibilità di dare un segnale forte. Non possiamo aspettare a lungo in queste condizioni”, lo afferma a TPI Giorgia Linardi, portavoce di SeaWatch Italia.

    A questo punto i riflettori sono puntati sul nuovo premier e sulla nuova squadra di governo: cosa faranno? Messi dinanzi alla prova del 9 quale sarà l’atteggiamento dominante di Mario Draghi?

    “La risposta più efficace e duratura passa per una piena assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni europee”: questo è il Draghi-pensiero in tema di immigrazione. Lo ha affermato durante la sua replica nell’Aula del Senato il giorno del suo discorso di insediamento. La linea del nuovo premier è dunque orientata una redistribuzione equa delle responsabilità tra i Paesi dell’Ue.

    “Permane – ha sottolineato – la contrapposizione tra Stati di frontiera esterna, e Stati del Nord e dell’Est Europa, principalmente preoccupati di evitare i cosiddetti movimenti secondari. L’Italia, appoggiata anche da alcuni Paesi mediterranei, come la Spagna, la Grecia, Cipro e Malta, propone come concreta misura di solidarietà un meccanismo obbligatorio di redistribuzione dei migranti pro quota”.

    Un approccio che trova, apparentemente, il consenso di Matteo Salvini, il quale – proprio nelle ultime ore – è tornato sul tema migranti per tentare di portare a casa una nuova vittoria. “Come si è cambiata strategia sull’emergenza sanitaria e il piano dei vaccini, con la Lega al governo occorrerà cambiare la strategia anche su porti aperti e porti spalancati” ha detto il leader della Lega ospite di ‘Quarta Repubblica’ in onda su Rete 4. E ha aggiunto: “Il primo gennaio 2019 quando ero al ministero dell’Interno c’erano stati 260 sbarchi di immigrati, ora nello stesso periodo ci sono quasi 5000 sbarchi e 10 poliziotti positivi al Covid nel centro di Lampedusa. È chiaro che bisogna arginare questo fenomeno”, ha detto il leader leghista.

    L’uomo dei decreti anti-immigrazione trova rinnovato appoggio nel ruolo da sottosegretario affidato al leghista Nicola Molteni. Sulle barricate per avere abbandonato ai leghisti il campo, è Monica Cirinnà, la responsabile dei diritti del Pd, che attacca: “Il ritorno di  Molteni al Viminale ovviamente non mi entusiasma. Anzi, direi che mi preoccupa, per l’impatto che questa nomina rischia di avere sui dossier che per me restano fondamentali: dalla gestione dell’immigrazione dell’accoglienza a scelte che ritengo strategiche come la riforma della cittadinanza, senza dimenticare la tutela anagrafica delle famiglie omogenitoriali e, più in generale, della stessa gestione della sicurezza pubblica in vista di un periodo che non sarà semplice dal punto di vista della tenuta sociale”.

    Il primo marzo, il ministero dell’Interno ha pubblicato i dati relativi agli sbarchi avvenuti tra il 1 gennaio 2021 e il primo marzo. Rispetto al 2020 e al 2019, nei primi tre mesi dell’anno si registra un aumento degli sbarchi. 

    Numeri che ovviamente andranno ponderati sul resto dell’anno. Con la ripresa delle operazioni in mare delle Ong e con condizioni meteorologiche favorevoli, i tentativi di sbarco andranno moltiplicandosi e il governo dovrà decidere quali misure adottare, per evitare il riproporsi di spiacevoli stazionamenti di navi in rada nei mari italiani, con centinaia di persone stremate in attesa di un approdo.

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