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    Coronavirus, la Regione Lombardia manda i pazienti dimessi nelle case di riposo: bufera sulla delibera di Gallera

    Carlo Borghetti (PD) ha chiesto il ritiro della delibera: "Pensare che i pazienti positivi al COVID-19 possano essere gestiti nelle RSA è una pia illusione, il virus gira indisturbato"

    Di Lorenzo Zacchetti
    Pubblicato il 3 Apr. 2020 alle 22:51 Aggiornato il 3 Apr. 2020 alle 23:17

    Coronavirus: lo scontro sulle case di riposo e la delibera della Regione Lombardia

    C’è un fronte caldissimo nella già complessa vicenda che riguarda la Regione Lombardia e la gestione dell’emergenza Coronavirus. Ormai da molti giorni, si susseguono notizie inquietanti rispetto ad anziani e disabili ospiti di strutture residenziali tra i quali si registra un numero elevatissimo di positivi al Coronavirus, nonché di decessi.

    Benché la pandemia colpisca indistintamente tutte le fasce della popolazione, sono proprio i soggetti fragili quelli più a rischio di conseguenze infauste. Quasi il 90% dei decessi finora documentati ha riguardato over 70. La gestione dell’emergenza in alcune specifiche strutture è un tema che ha già interessato anche la magistratura, mentre sul piano politico il dibattito sul tema chiama in causa le scelte della Giunta regionale lombarda.

     

     

    Carlo Borghetti, consigliere regionale del PD, ha chiesto il ritiro della delibera numero XI/2096, approvata nella seduta dello scorso 8 marzo. La proposta dell’Assessore Giulio Gallera, competente per delega, reca all’oggetto “Ulteriori determinazioni in ordine all’emergenza epidemiologica da COVID – 19”.

    Facciamo un passo indietro alla data dell’approvazione in Giunta. L’8 marzo la Lombardia è già nell’occhio del ciclone e questo si riflette bene nel passaggio dell’allegato 2, in cui la Giunta, emanando disposizioni in ordine alle strutture extra ospedaliere, dice: “A fronte della necessità di liberare rapidamente posti letto di Terapia Intensiva e Sub Intensiva e in regime di ricovero ordinario degli ospedali per acuti, occorre mettere a disposizione del Sistema Regionale i posti delle ‘Cure extra ospedaliere’ (subacuti, postacuti, riabilitazione specialistica sanitaria (in particolare pneumologica), cure intermedie intensive e estensive, posti letto in RSA”. RSA sta per “Residenze Sanitarie Assistenziali”, ovvero quelle che nel linguaggio comune si chiamano “case di riposo”.

     

     

    È proprio questo il punto contestato dall’opposizione di centrosinistra, in quanto chi esce dalla Terapia Intensiva e Sub Intensiva non si può certo considerare guarito e, soprattutto, non più infettivo. A dirlo è la stessa delibera, nel passaggio in cui affida alle ATS il compito di individuare “strutture autonome dal punto di vista strutturale (padiglione separato dagli altri o addirittura fisicamente indipendente) e dal punto di vista organizzativo, sia di strutture non inserite nella rete dell’emergenza urgenza e POT, sia di strutture della rete sociosanitaria (ad esempio RSA) da dedicare all’assistenza a bassa intensità dei pazienti COVID positivi”.

    Una scelta fortemente contestata da Carlo Borghetti: “Prima ancora della delibera, quando Gallera ci ha detto che avrebbe voluto usare le RSA per alleggerire gli ospedali, sono saltato sulla sedia”, spiega il vicepresidente del Consiglio Regionale. “Per onestà intellettuale, devo dire che non tutti i casi di COVID nelle case di riposo possono essere attribuiti a questa scelta della Giunta, perché purtroppo il Coronavirus si diffonde in vari modi. Tuttavia, mi pare paradossale che una delibera della Regione che si considera ‘eccellenza’ della sanità possa contenere un errore così madornale”.

    “Ho contestato la scelta più volte, anche oggi pomeriggio in Commissione Sanità. Gallera ribatte che le RSA devono avere delle strutture idonee e che l’accoglienza è su base volontaria. È vero, ma all’inizio le strutture hanno accolto dei pazienti, salvo poi fermarsi quando il problema è esploso nella sua gravità”.

    “Le liste di attesa delle RSA sono state bloccate. Quando si libera un letto, invece che chiamare il primo in lista, devono far riferimento alla ‘Centrale Unica Regionale Dimissione Post Ospedaliera’, che smista i pazienti dimessi. Pensare che il Coronavirus possa essere contenuto in una RSA, magari perché ci sono reparti fisicamente separati, è una pia illusione. Le case di riposo non sono reparti di terapia intensiva, con porte ermetiche! C’è un continuo movimento di medici, infermieri, personale delle pulizie (a cui oltretutto le mascherine sono arrivate in ritardo), il virus non può essere confinato e la diffusione del contagio è molto facile. A Legnano, ad esempio, c’è stato il primo decesso di un infermiere contagiato dal COVID”.

    “Pensare che le RSA possono gestire pazienti positivi è completamente sbagliato. Lo dico perché conosco il tema, avendo lavorato per 14 anni nella Casa di Riposo di Rho e quindi essendo anche molto legato a queste realtà. Ma non lo dico solo io: il Veneto, governato dal centrodestra, manda i pazienti nella RSA solamente se il test è negativo! E’ un approccio completamente diverso”, conclude Borghetti.

    IL DOCUMENTO – LA DELIBERA DELLA GIUNTA DELLA REGIONE LOMBARDIA DELL’8 MARZO 2020

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