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    Coronavirus, siamo in guerra. E in una guerra abbiamo bisogno dell’esercito per le strade e a supporto degli ospedali

    Credit: Ansa

    Il tempo stringe: per tutelare territori sempre più sofferenti bisogna prendere una decisione rapida sull'impiego dei militari, ma a farlo devono essere i rappresentanti eletti dal popolo, che devono subito tornare operativi

    Di Lorenzo Zacchetti
    Pubblicato il 19 Mar. 2020 alle 17:23

    Credo non sia sfuggito a nessuno che, nonostante il dramma che stiamo vivendo, sia in corso una battaglia politica che contraddice gli iniziali inviti all’unità nazionale. Il reciproco attribuirsi di colpe tra Governo e Regioni, o tra Regioni e singoli Comuni, è solo in parte motivato da scelte che realmente vanno messi in discussione. Più spesso, il dibattito è innervato dalla voglia di prevalere sull’avversario delle prossime tornate elettorali.

    A Milano, dove Giuseppe Sala concluderà il proprio mandato nella primavera del 2021, la cosa è più evidente che altrove. Mai come oggi servirebbe invece la capacità di collaborare tra istituzioni – a prescindere da chi le governi – per salvare il Paese prima dalla minaccia del virus e poi da una recessione che già oggi qualcuno prevede sarà più feroce sia di quella partita nel 2008 che di quella legata alla Guerra Mondiale.

    Anche per questo, il ricorso all’Esercito per garantire la salute pubblica appare inevitabile. Non c’è “solo” da governare una mancanza di disciplina francamente imbarazzante, ma bisogna far fronte a una serie di problemi per i quali non bastano Polizia e Carabinieri. Stare in casa è l’unica strada per fermare il contagio, ma per sopravvivere tappati nei nostri appartamenti c’è bisogno di una serie di servizi che diamo per scontati, ma che non lo sono: dalle telecomunicazioni alle forniture alimentari, c’è tutta una serie di attività che non può fermarsi e, con esse, i lavoratori che le rendono possibili.

    A loro va un forte abbraccio: sono eroici tanto quanto i medici e gli infermieri giustamente celebrati in questi giorni. Come garantire che tutto questo avvenga senza rischi per la loro salute o, peggio, senza possibili episodi di sciacallaggio da parte di chi vuole approfittarsi della situazione? Qualche caso sporadico c’è già stato in Italia, col tentativo di furti di mascherine, e quanto sta avvenendo negli USA sollecita pensieri foschi: la corsa all’acquisto delle armi è legata alla previsione che presto ci sarà chi tenterà di approvvigionarsi di cibo e altre utilità saccheggiando le case altrui.

    Delirio? Psicosi? Solo un adeguato presidio del territorio può garantire che non diventi invece una realtà tangibile. In questa situazione, il traffico delle merci e quello delle persone richiede controlli molto più stringenti di quelli che normalmente sono garantite dalle Forze dell’Ordine e tale esigenza aumenterà quando i vari ospedali in via di ultimazione, soprattutto in Lombardia, saranno operativi: andrà gestito l’afflusso dei pazienti e degli operatori, nella tutela delle rispettive condizioni, ma anche dei DPI ancora mancanti e, tema da non trascurare, dei rifiuti tossici.

    Buttarla per l’ennesima volta sul piano della polemica politica sarebbe un penoso errore: i militari si stanno già rivelando fondamentali nella triste operazione di gestione dello spostamento delle salme nella martoriata Bergamo di Giorgio Gori (PD), così come nel presidio dei confini nel Friuli governato da Massimiliano Fedriga (Lega) e nella gestione dell’ordine pubblico nella Campania di Vincenzo De Luca (PD). La contrapposizione politica non appartiene all’argomento in discussione: quando si è in guerra, nessuno può dubitare che l’esercito serva, né a destra, né a sinistra. E se invece qualcuno dubita del fatto che siamo in guerra, significa che non ha capito cosa sta succedendo.

    La scelta è urgente, ma non per questo va presa sottogamba: proprio perché siamo tutti consapevoli della necessità di garantire la tutela della salute e quella della democrazia, sarebbe bene che a cogliere un’istanza sempre più pulsante nei territori non fosse “solo” il Governo, ma il Parlamento, nel suo ruolo di rappresentanza degli italiani. Anche per questo, bisogna che i parlamentari tornino al più presto nelle rispettive aule. Possibilmente non per polemizzare sugli inevitabili errori commessi, ma per gestire insieme questa drammatica fase della nostra storia.

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