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    L’a.d. del San Raffaele: “Il futuro è la telemedicina, ma in Italia siamo indietro. E nell’emergenza Covid si è visto”

    "Kit digitali, collegamenti video, questi strumenti possono venire in soccorso di Rsa e di chi non trova più posto in ospedale": l'amministratore delegato dell'azienda ospedaliera milanese, Elena Bottinelli, spiega a TPI come la telemedicina può aiutare il sistema sanitario a contenere la pandemia. E a seguire quei pazienti che soffrono di altre patologie

    Di Redazione TPI
    Pubblicato il 17 Apr. 2020 alle 21:04 Aggiornato il 18 Apr. 2020 alle 10:10

     

    Coronavirus, l’.a.d. del S. Raffaele: “Il futuro è la telemedicina”

    “Urge concretizzare la telemedicina, un’arma utile contro il Coronavirus, capace di contribuire alla tenuta del sistema sanitario e al contenimento della pandemia, tramite il controllo da remoto di pazienti a casa propria, alberghi usati per la quarantena e anche nelle Rsa”, a dichiararlo è l’Ingegnere Elena Bottinelli, amministratore delegato dell’Irccs Ospedale San Raffaele e dell’Istituto Ortopedico Galeazzi (entrambi del Gruppo ospedaliero San Donato), che a TPI cita lacune normative a livello nazionale e parla di un primo passo fatto da Regione Lombardia. L’amministrazione regionale, spiega Bottinelli, “ha indetto una gara, aggiudicata la settimana scorsa, per cui dalla prossima settimana partirà il tele-monitoraggio a domicilio e questo consentirà di rilevare alcuni dati, specificatamente quello della ‘saturimetria’, cioè la presenza dell’ossigeno nel sangue, che è un indicatore molto importante per gestire questo tipo di pazienti”.

    L’associazione di imprese GPI spa, Accura srl e P.G.M.D, aggiudicatarie della gara, dovranno provvedere alla diffusione della strumentazione telemedica presso i cittadini che la necessitano e rendere il sistema capace di “interfacciarsi con i medici di base che quindi abbiano le informazioni del proprio assistito”. Nell’emergenza-Covid, sottolinea l’Ingegnere, si è evidenziata più che mai la mancanza della telemedicina, fondamentale anche per seguire quei pazienti che soffrono di altre patologie e che, con gli ospedali quasi al collasso, sono stati accantonati. Un controllo da remoto, quando possibile, permetterebbe inoltre ai pazienti di non esporsi al rischio del contagio negli ospedali.

    Tuttavia, “dal punto di vista istituzionale è sempre mancata la messa a terra, il punto finale per definire le regole e interfacciarle con i servizi sanitari regionali”, aggiunge Elena Bottinelli, precisando che “a livello nazionale sono stati definiti alcuni standard ma poi questi standard, benché fossero ben espressi nelle programmazioni regionali, non si è mai arrivati ad includerli in una delibera definita, che definisse quali fossero le regole di pagamento, per far sì che il sistema non fosse a carico del cittadino, ma che rientrasse nel sistema di riconoscimento del servizio sanitario”.  Da qui l’accelerazione di Regione Lombardia, come noto la più colpita dal Coronavirus. Ma a spingere per la telemedicina sono anche gli ospedali, come appunto il San Raffaele e l’istituto Galeazzi che, a fronte di buoni risultati di progetti di sperimentazione e ricerca già avviati, auspicano una normativa anche per pazienti non-Covid, ad esempio, sul fronte della riabilitazione.

    Ma le aree di applicazione sono disparate. Fra l’altro, aggiunge l’amministratore delegato, la telemedicina si configura come uno strumento utile per rendere più efficiente il personale nelle Rsa, o più in generale potenziare la rete sanitaria territoriale, a partire dai medici di base. Ma un punto cardine resta la formazione del personale, sia medico, che infermieristico e, più in generale, di operatori sanitari che si occuperebbero del telemonitoraggio o teleconsulto. A chiedere con forza l’attivazione della telemedicina, in concreto, all’Hotel Michelangelo di Milano, che ospita un centinaio di pazienti Covid, è la consigliera comunale di Milano Progressista Natascia Tosoni, parte della maggioranza della Giunta Sala: anche nell’ultima commissione consiliare, è tornata a chiedere che “Ats addestri il personale anche volontario e investa parte delle risorse raccolte dalle donazioni private per adottare protocolli innovativi”.

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