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Home » Cronaca

Sardegna, la Garante dei Detenuti Testa a TPI: “Il caso Zuncheddu? Poteva capitare a chiunque”

Immagine di copertina
Zuncheddu con Irene Testa

"In Italia un’ingiusta detenzione ogni 8 ore”

Irene Testa, storica tesoriera del Partito Radicale Transnazionale e Transpartito, lotta da sempre nelle carceri, come i radicali, come ha insegnato Marco Pannella. Oggi è Garante per i detenuti della Regione Sardegna.

S&D

Conosceva già il caso di Beniamino Zuncheddu?
«No. Nel mese di agosto scorso sono stata contattata dall’avvocato Mauro Trogu. Mi ha parlato delle condizioni di salute del suo cliente e, naturalmente, del processo di revisione che si stava svolgendo a Roma, ma con troppa lentezza». 

E allora?
«E allora ho pensato, insieme all’avvocato Trogu, che bisognava portare all’attenzione della pubblica opinione questo caso incredibile, far conoscere le intercettazioni che erano scandalosamente chiare nel dimostrare questo tragico errore giudiziario. Ma soprattutto mi colpì una cosa». 

Quale?
«Questo giovane avvocato che veniva a parlare di lavoro a cavallo di Ferragosto. È un’anomalia, ad agosto si pensa ad altro. Si sa. Allora ho pensato che questo caso meritasse di essere approfondito. E a Radio Radicale abbiamo fatto quello che noi sappiamo far bene: esercitare il diritto alla conoscenza. Abbiamo chiesto la registrazione del processo e l’abbiamo mandata in onda». 

Risultato?
«Un’accelerazione vistosa delle udienze. L’ultima, quella decisiva, sarà il 19 dicembre. E intanto Beniamino Zuncheddu ha ottenuto la libertà condizionale». 

Merito suo?
«No. Io ho fatto il mio dovere. Ma il merito è tutto della sorella di Beniamino che non si è data per vinta, dell’avvocato che è stato bravissimo e della professionalità della allora procuratrice generale di Cagliari, Francesca Nanni (oggi procuratrice generale di Milano, ndr). Hanno studiato, hanno fatto riaprire le indagini, sono state raccolte nuove e decisive intercettazioni, sono stati ri-interrogati gli attori del processo. Ed è saltata fuori la verità». 

Quanti sono i casi Zuncheddu in Italia?
«Abbiamo un numero, parziale, che fa terrore. Un dato che segnala una patologia grave del sistema. Mille persone ogni anno. Tre persone al giorno. Una ogni otto ore viene carcerata ingiustamente. È un dato preoccupante e drammatico». 

Perché dice parziale?
«Perché questo è il dato delle richieste di risarcimento per ingiusta detenzione che pervengono al Ministero dell’Economia. Ma, ovviamente, non tutti fanno in tempo a fare domanda perché i termini sono molto stretti e molti altri rimangono innocenti in carcere, come Beniamino Zuncheddu». 

La riforma della Giustizia promossa dal Governo migliorerà la situazione?
«Non credo. I problemi di cui stiamo parlando non sono affrontati. Per nulla. Soprattutto non c’è una sola parola sul carcere. E il carcere è l’ultimo anello di un sistema che non funziona. Non ha funzionato. Basta guardare in faccia Beniamino Zuncheddu, che in carcere ha vissuto più tempo di quanto non abbia vissuto da uomo libero». 

Che uomo ha restituito il carcere?
«Aveva 26 anni, ne ha 58. Chiunque può osservare il suo fisico e il suo sorriso. Non mi faccia aggiungere altro». 

Parla da Garante dei detenuti o da storica attivista radicale?
«Non distinguo, ma certo la giustizia è nel Dna dei radicali. Siamo il partito di Enzo Tortora. Lui era una persona nota, ma Beniamino Zuncheddu no. Certo, non posso non rilevare che Zuncheddu chiese aiuto a tanti uomini e donne delle istituzioni, ma non ebbe mai risposta. Oggi, invece, mi risulta che si sia affacciata la politica per strumentalizzare questo successo». 

Chi?
«Non lo dirò, ma certo è che una tendenza allo sciacallaggio è un virus presente nella politica italiana». 

Stiamo tornando a una contrapposizione politica/magistratura?
«Non lo credo. La politica ha paura delle procure. Il Parlamento dovrebbe essere sovrano, ma non fa le riforme che promette. Il ministro Nordio ha fatto un tratto distintivo della separazione delle carriere di inquirenti e giudicanti. Eppure, nulla. I cittadini vogliono una giustizia giusta ed efficiente. L’anno chiesta nei referendum». 

Ma veramente l’ultimo referendum non ha neppure raggiunto il quorum…
«È stato boicottato. La stampa l’ha oscurato, la gente non sapeva nulla. E i 7 milioni di persone che hanno votato, hanno per la quasi totalità votato Sì. Il Referendum sulla responsabilità civile dei magistrati del 1987 portò l’85% delle persone alle urne». 

Altri referendum all’orizzonte?
«Qualcosa bisognerà pur farla. La giustizia è ingiusta. Non solo quella penale, ma anche la civile e l’amministrativa.  E la storia di Beniamino Zuncheddu può capitare a chiunque. Ma non è solo il processo da riformare». 

Cos’altro?
«Le indagini preliminari. I dati dimostrano che quella fase è la più pericolosa nel creare ingiustizia. Lo è stata per Zuncheddu. Anche perché nel suo caso c’è stato un depistaggio di Stato operato da un esponente dalla polizia giudiziaria». 

Depistaggio di Stato è un’espressione molto forte.
«Non si possono sempre e solo dare le colpe ai magistrati. La Corte d’Appello di Roma appurerà con precisione come sono andate le cose, ma è evidente che chi indaga ha molto potere e nessun contropotere». 

Proposte?
«Bella domanda. Quis custiodet custodes? (Chi sorveglierà i sorveglianti stessi?, ndr) Io penso che dovremmo andare nella direzione di rafforzare i poteri e le prerogative della difesa. Altrimenti non saremo molto lontani da Kafka e da quel Josef K. che “qualcuno doveva aver calunniato poiché un mattino, senza che avesse fatto nulla di male, fu arrestato”».

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