Tyrrhenian Link: perché la transizione energetica divide i sardi
Viaggio sull’isola dei 4 mori. Dove il Tyrrhenian Link accende il dibattito. Chi è favorevole fa leva sulla possibilità di connettersi con l’Italia continentale, chi lo avversa parla di “colonizzazione energetica”. Ma il fronte del No è spaccato
Un’isola non la si può spegnere, bisogna collegarla. Partendo da questo assunto, il Tyrrhenian Link, l’infrastruttura di collegamento elettrico sottomarino che connetterà Sardegna, Sicilia e Campania, si presenta come uno dei nodi strategici per il futuro energetico dell’Italia. La missione dell’opera, in corso di realizzazione da parte di Terna, è quella di integrare le due grandi isole nel sistema elettrico nazionale, stabilizzando la rete tramite una connessione bidirezionale e favorendo la decarbonizzazione energetica del nostro Paese.
Sul fronte sardo, è previsto che il maxi-cavo, lungo 480 km, proveniente da Fiumetorto, in provincia di Palermo, approdi in località Terra Mala, sul litorale cagliaritano. Qui il Tyrrhenian Link ha acceso un dibattito pubblico fra chi è a favore e chi contro l’opera.
Pro e Contro
I Comitati “No Tyrrhenian Link” rappresentano la voce più dura del fronte dei contrari. Per loro l’infrastruttura rappresenta un danno inferto alla Sardegna e ai sardi. Le parole di Rita Corda, tra i coordinatori delle proteste, sono nette: «Quest’opera è stata imposta senza il consenso dei sardi. È stata violata la democrazia, ignorata la popolazione, cancellata la trasparenza». Secondo l’attivista, il Tyrrhenian Link violerebbe il principio per cui le infrastrutture energetiche dovrebbero sorgere in aree industriali dismesse, anziché in territori agricoli o costieri. L’intervento costituirebbe quindi una forma di «colonizzazione energetica», in quanto «si sta trasformando la Sardegna in un corridoio elettrico per il continente, non in un territorio che decide il proprio futuro».
Di parere opposto è Francesco Porcu, segretario regionale della Cna (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa). Il focus del suo ragionamento è sul contesto ambientale e industriale: «Oggi il 75% dell’energia in Sardegna è prodotta dal carbone», fa notare. È ora di fare un salto in avanti, dunque. Inoltre, prosegue Porcu, «non possiamo restare l’unica isola d’Europa senza un’interconnessione stabile con la terraferma». Il rappresentante dei piccoli imprenditori respinge anche la tesi secondo cui il Tyrrhenian Link tornerebbe utile solo al resto d’Italia allo scopo di sfruttare l’energia prodotta in Sardegna: «Essere connessi – osserva – è meglio che essere isolati. Il cavo serve anche a importare l’elettricità nel caso non basti l’energia rinnovabile prodotta sull’isola. È una garanzia, non una dipendenza».
Le ragioni del No affondano le radici sulle denunce di Mauro Pili, giornalista ed ex presidente della Regione Sardegna (è stato governatore dal 2001 al 2003 alla guida di una giunta di centrodestra), intervenuto sul tema pubblicando inchieste e articoli taglienti sul quotidiano locale L’Unione Sarda. Per Pili, il Tyrrhenian Link sarebbe la prova di una subordinazione politica: «Questa è una manovra speculativa. La Regione ha ceduto senza difendere il territorio. È un progetto coloniale: l’energia prodotta qui non resterà ai sardi», attacca. «Questo non è solo un cavo. È la premessa per coprire l’isola di pale eoliche e pannelli solari».
Il presidente di Legambiente Sardegna, Marta Battaglia, smonta però questa ricostruzione: «Il Tyrrhenian Link – afferma – non è un furto di energia, è la premessa tecnica per chiudere le centrali a carbone» nel nostro Paese. «La narrazione che dipinge la Sardegna come una “ciabatta energetica” dell’Italia è una distorsione. I dati ci dicono altro». Battaglia definisce quella del fronte del No come «una battaglia identitaria», più che tecnica: «Senza questo cavo, la Sardegna resta ferma. E restare fermi oggi significa perdere lavoro, salute e futuro».
Sulla stessa lunghezza d’onda è Antonio Mauro Conti, assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Quartu Sant’Elena, sotto la cui giurisdizione ricade Terra Mala. Durante la presidenza di Pili, Conti era cresciuto fino a diventare un dirigente della Regione Sardegna. Oggi, tuttavia, sposa la causa del Tyrrhenian Link: «È un progetto di interesse nazionale che porta benefici sull’isola», sostiene. Secondo l’assessore non c’è alcun impatto ambientale negativo: «L’approdo a Terra Mala – fa notare – è in una zona rocciosa e non balneare. Inoltre, il cavo è totalmente interrato, con solo alcune cabine di controllo in superficie». E i disagi sarebbero temporanei, legati ai lavori: «È un progetto di livello governativo su cui c’è un monitoraggio costante dei cantieri da parte dell’amministrazione locale», ricorda. «D’intesa con altri due colleghi assessori, Urbanistica e Trasporti, seguiamo lo sviluppo dell’opera passo dopo passo».
Come dice l’avvocato Leonardo Salvemini, professore di Diritto dell’Ambiente all’Università degli Studi di Milano, già consigliere del Ministero dell’Ambiente (oggi è consigliere giuridico della Commissione bicamerale sulle Ecomafia e responsabile legislativo della Regione Lombardia), «quando si parla di rinnovabili occorre sempre cercare di trovare un equilibrio tra l’obiettivo di altissimo spessore di ridurre le emissioni e la tutela del paesaggio naturalistico». «Il Tyrrhenyan Link è un’opera importante, che mi trova favorevole», aggiunge il professore: «Dobbiamo sempre aver fiducia nelle istituzioni quando elaborano soluzioni che vanno a beneficio dei territori».
Nel 2025 uno studio congiunto delle Università di Cagliari, Milano e Padova, dal titolo “Analisi di possibili traiettorie per la transizione energetica in Sardegna”, ha valutato l’impatto dell’opera, rilevando alcuni aspetti chiave: la nuova capacità di rinnovabili in Sardegna occuperà lo 0,4% della superficie agricola totale; e con il Tyrrhenian Link l’export medio di energia dall’isola verso l’Italia sarà intorno al 35%, mentre il prezzo dell’energia per i sardi potrebbe calare di circa il 39% entro il 2030.
Frattura
A prima vista, il fronte del No sembra monolitico, ma non lo è affatto. Si distinguono un’ala barricadera e una più moderata. Pier Luigi Concu è il sindaco di Selargius: sebbene critico nei confronti dell’opera, contesta apertamente il clima anti-politico creato dai comitati del “No Tyrrhenian Link”. Secondo gli attivisti, infatti, come sostiene il coordinatore Rita Corda, «non c’è stata nessuna trasparenza politica e ciò ha permesso a Terna di procedere senza condivisione con i cittadini»: «Quando chi dovrebbe difendere il territorio tace, significa che interessi più grandi hanno già deciso tutto», attacca Corda.
Parole che alle orecchie del primo cittadino suonano come una «grave insinuazione» contro gli amministratori locali. «Non consento che mi accusi di scarsa trasparenza chi ha cavalcato la battaglia, sacrosanta, per farne una questione politica», dice. Il sindaco incalza: «Mentre c’era chi organizzava sit-in di protesta e comizi vari, io ho fatto specifica richiesta a Ministero, Regione e Città metropolitana, manifestando la necessità di un coordinamento per una programmazione regionale o ministeriale. Oltre al ricorso straordinario presentato dal Comune al Presidente della Repubblica per chiedere l’annullamento del decreto ministeriale di autorizzazione». Lo scontro così non riguarda più il merito dell’opera, ma la legittimità della leadership della protesta.
Tra le contestazioni interne che dividono il fronte del No, emerge poi come la campagna mediatica portata avanti da L’Unione Sarda, pur legittima, sarebbe “interessata”: il riferimento è alla posizione fortemente contraria sostenuta dall’editore del giornale, Sergio Zuncheddu, imprenditore che opera anche nel settore immobiliare e che non vede di buon occhio lo sviluppo delle rinnovabili sull’isola.
Ciò che fa la differenza
I comitati puntano il dito inoltre contro la presunta dissipazione di energia lungo il collegamento sottomarino. Su questo punto, tuttavia, un report stilato nel 2023 dall’Università di Cagliari in collaborazione con Enel e Build the Innovative Renewable and Digitally Inclusive Electrified – Sardinia (BIRDIE-S) evidenzia come il cavidotto Hvdc (High-Voltage Direct Current) ad alta efficienza consentirebbe perdite contenute su lunghe distanze grazie alla sua tecnologia all’avanguardia.
Lo studio in questione spiega inoltre che il Tyrrhenian Link dovrebbe svolgere una funzione ben precisa nel contesto del sistema elettrico nazionale: consentire, cioè, l’integrazione delle rinnovabili non programmabili (eolico + fotovoltaico), compensando la variabilità causata dalla presenza o meno del sole e del vento.
Secondo il segretario regionale della Cna Francesco Porcu, il cavidotto consentirà alle imprese sarde di non dover sostenere le bollette più care d’Italia. «L’energia prodotta da rinnovabili – fa notare – costa meno del gas. Senza interconnessione, quella convenienza non arriverà nelle bollette». Porcu ritiene che l’opera sia strategica per la competitività economica e industriale della Sardegna, in quanto «occorre tener conto non solo dell’energia che serve oggi, ma anche di quella necessaria per accogliere investimenti futuri e dall’estero». Insomma, il cavidotto permetterà di avviare un «processo di sviluppo plurale sostenibile, che salvaguarda l’ambiente e i territori, e non riguarda solo i servizi o le attività turistiche, ma consente alla manifattura di accompagnare l’innovazione dei processi in atto».
Il Tyrrhenian Link sembra mettere d’accordo artigiani e ambientalisti. «Il mito della Sardegna colonizzata dalle pale eoliche e dai pannelli fotovoltaici è falso. Non ci può essere una decarbonizzazione senza infrastrutture che permettono di chiudere le centrali a carbone», sottolinea Marta Battaglia, presidente di Legambiente Sardegna.
Il fronte favorevole all’opera elenca una lunga serie di cambiamenti concreti che si potranno concretizzare con la realizzazione quest’opera: meno emissioni grazie alla dismissione della produzione di energia da fonti fossili; maggiore stabilità della rete nelle emergenze; prezzi delle bollette più bassi nel medio periodo; nuovi investimenti industriali resi possibili dalla sicurezza energetica; basso impatto ambientale grazie al cavo interrato che limita l’impatto visivo e non sottrae spazio balneare. «Il no al cavo è un sì al carbone», sintetizzano da Legambiente.
In Sardegna è in atto uno scontro politico fra due modelli di sviluppo economico: da un lato il centrodestra, incline a guidare la transizione energetica in modo più conservatore puntando sul gas; dall’altro il centrosinistra, che vuole decarbonizzare la Sardegna in modo più diretto tramite la produzione di energia da fonti rinnovabili e la valorizzazione delle reti, tra cui il Tyrrhenian Link.
Al fronte del No, che continua a propugnare l’immagine di una Sardegna ridotta a “ciabatta energetica d’Italia”, Porcu risponde così: «Senza il Tyrrhenian Link restiamo bloccati al carbone. Con il Tyrrhenian Link costruiamo il futuro dei sardi». E Battaglia chiude il cerchio: «La Sardegna – osserva – non perde energia: guadagna autonomia». I comitati, dal canto loro, pur avendo perso i ricorsi giudiziari, continuano a vigilare e studiano le prossime mosse. La Sardegna può essere isola o può essere isolata. Il Tyrrhenian Link farà la differenza.