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Home » Ambiente

Spreco alimentare: uno scandalo da 1.000 miliardi di dollari

Immagine di copertina
Credit: AGF

Quasi un terzo della popolazione mondiale non ha da mangiare. Ma il 19% del cibo prodotto viene perso tra inefficienze nella filiera del food e cattive abitudini dei consumatori. Una sciagura da 1.000 miliardi di dollari. Ecco cosa possiamo fare per migliorare il trend

Lo spreco alimentare, noto anche come food waste, è un problema di enorme rilevanza che riguarda l’utilizzo inefficiente delle risorse destinate all’alimentazione. Comprende sia il cibo che va perso durante l’intero ciclo di produzione e distribuzione sia quello prodotto e non consumato. 

Più precisamente, si parla di food loss quando lo spreco di materie prime o di semilavorati avviene nelle prime fasi, ovvero nei campi agricoli, nel post-raccolto e nella trasformazione degli alimenti, mentre si usa l’espressione food waste quando ci si riferisce agli sprechi avvengono in fase di distribuzione, vendita e consumo.

Secondo le stime, nel mondo ogni anno viene sprecato cibo per un valore superiore a 1.000 miliardi di dollari statunitensi (World Bank, 2020), pari a oltre un terzo della produzione globale. Un dato tanto più allarmante se si tiene conto che, al 2022, il 29,6% della popolazione mondiale si trovava in condizioni di insicurezza alimentare moderata o grave, mentre circa 783 milioni di persone soffrivano la fame. 

Lo spreco ha effetti devastanti sull’ambiente, sull’economia e sulla società. Le cause sono molteplici: nella fase di produzione agricola, le perdite alimentari possono essere causate da raccolti inefficienti dovuti a tecniche agricole poco adeguate, condizioni climatiche sfavorevoli o attacchi parassitari; durante il trasporto, alcuni prodotti vengono danneggiati, mentre altri rimangono invenduti nei supermercati. Poiché spesso l’offerta supera ampiamente la domanda, nella distribuzione i punti vendita scartano i prodotti che, seppur commestibili e sicuri, vengono rifiutati perché sono imperfetti a livello estetico. 

Un altro fattore ad avere un peso importante sullo spreco alimentare è il consumo domestico: spesso c’è l’abitudine di comprare e cucinare cibo più del necessario. 

A casa nostra
Prendendo in esame il Rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher 2025, si evince che in Italia nel 2024 sono state sprecate 4,5 milioni di tonnellate di cibo, per un valore superiore a 14,1 miliardi di euro. 

Lo spreco domestico rappresenta una fetta importante dello spreco alimentare: l’anno scorso sono state sprecate 1,9 milioni di tonnellate, pari a 8,2 miliardi di euro. Segue il settore della distribuzione, con quasi 308mila tonnellate di prodotti buttati, per un valore di poco superiore a 4 miliardi di euro. 

L’indagine prende in esame una serie di interviste fatte a campione alla popolazione maggiorenne: dai colloqui – il dato è relativo a gennaio 2025 – è emerso che nel nostro Paese si gettano via in media 617,9 grammi di cibo la settimana. Un aumento rispetto a gennaio del 2021, quando lo spreco individuale ammontava a 529,3 grammi. 

Gli alimenti che vengono sprecati maggiormente sono la frutta fresca, pari a 24,3 grammi a settimana, e il pane (21,2 grammi). Seguono poi verdure, insalata, cipolle, aglio e tuberi.

Le statistiche mostrano inoltre che nelle famiglie italiane del Sud Italia si spreca in media il 16% in più rispetto alla media nazionale, mentre nel Nord gli sprechi sono ridotti del 15% rispetto al resto del Paese.

Il Rapporto ha anche esaminato le abitudini alimentari degli italiani. Stando a ciò che è emerso, tra le abitudini più diffuse c’è quella di mangiare prima il cibo deperibile e di congelare i cibi, mentre tra le meno frequenti c’è quella di donare a terzi il cibo cucinato in più e di surgelare gli alimenti freschi che sono stati acquistati in sovrabbondanza.

Il Food Waste Index Report
Il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) ha pubblicato il Food Waste Index Report, che presenta dati aggiornati relativi allo spreco alimentare globale monitorando il progresso dei singoli Paesi. 

Secondo le statistiche presenti nel Rapporto, è stato stimato che nel 2022 un miliardo di tonnellate di cibo è stato sprecato, pari al 19% del cibo disponibile per i consumatori a livello globale. Questo spreco è avvenuto in modo più consistente a livello domestico (60%), nella ristorazione (29%) e nella vendita al dettaglio (12% circa). 

L’Osservatorio Waste Watcher ha pubblicato nel 2024 il Rapporto “Lo spreco alimentare nei Paesi del G7, dall’analisi all’azione”. Da tale studio è emerso che il Canada è in vetta alla classifica con 1.144 grammi di cibo gettato via a settimana per persona, seguito dagli Stati Uniti con 859 grammi pro-capite e dall’Italia con 683 grammi. Dalla parte opposta della classifica ci sono la Germania con 512 grammi, la Francia con 459 grammi e il Giappone con 362 grammi. 

Possibili soluzioni
Nonostante la quantità di cibo che oggi viene sprecata sia ancora molto elevata, fortunatamente negli ultimi anni sono state avviate delle iniziative anti-spreco, che coinvolgono cittadini, aziende, organizzazioni e governi. 

Il Green Deal europeo, con la Strategia “Farm to Fork” (“Dal produttore al consumatore”), prevede entro il 2030 la riduzione del 50% dello spreco alimentare. La Commissione europea aveva proposto nel 2023 un regolamento vincolante con lo scopo di diminuire lo spreco alimentare: -30% nei ristoranti e nelle famiglie e -10% nella distribuzione e nella trasformazione. 

Negli anni precedenti molti Paesi dell’Ue hanno adottato delle leggi contro lo spreco nelle politiche pubbliche. Ad esempio, la Francia ha approvato nel 2016 un’importante legge contro lo spreco del cibo dei supermercati, la legge Garot. 

Anche l’Italia, nel 2016 ha approvato la legge 166/2016: la legge Gadda, che disciplina la donazione e ala distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici. 

In Spagna, recentemente è entrata in vigore la legge 1/2025, che ha come obiettivo quello di contenere e prevenire le perdite e lo spreco alimentare lungo tutta la catena della produzione e della distribuzione. 

Inoltre, vi sono Paesi europei che hanno intrapreso iniziative di solidarietà sociale nell’ottica del food sharing, allo scopo di aiutare le persone bisognose come i senzatetto. Il cibo in eccedenza viene messo a disposizione in cassette o frigoriferi accessibili pubblicamente. 

Nel 2012 in Germania, è stata lanciata online la piattaforma “Foodsharing.de” con l’obiettivo di promuovere la condivisione del cibo in eccedenza che possa diventare accessibile a tutti. Nella città di Amburgo sono state messe a disposizione cassette e frigoriferi pubblici in cui chiunque può lasciare o prelevare gratuitamente cibo: una rete organizzata di volontari foodsaver si occupa di recuperare il cibo in eccedenza e di portarlo ai punti di raccolta. Iniziative simili sono presenti anche in Austria e nei Paesi Bassi. 

Ma si lavora anche per adottare delle strategie a livello individuale, dato che la maggior parte dello spreco alimentare avviene nelle famiglie. Secondo il Rapporto di Waste Watcher, la Francia ha conseguito uno dei miglioramenti più significativi nella riduzione dello spreco alimentare pro-capite. Le statistiche dimostrano che l’87% degli individui presta attenzione nel mangiare tutto il cibo cucinato, inclusi gli avanzi, e l’88% tende a conservare il cibo avanzato. D’altro canto, tra i cittadini europei, i francesi hanno la più bassa predisposizione all’acquisto di prodotti freschi e il 43% delle famiglie transalpine individua fa passare molto tempo tra una spesa e l’altra, cosicché nel frattempo il cibo si deteriora. Per di più, le offerte promozionali sono viste come uno dei fattori principali di spreco. 

La Germania è un Paese in cui vi è una grande riduzione dello spreco alimentare: il 79% delle famiglie tedesche è consapevole di come conservare il cibo per evitarne lo spreco, organizzando nel miglior modo la dispensa e cercando di congelare gli alimenti. Il Governo tedesco sta intraprendendo una serie di iniziative nella distribuzione organizzata per mezzo di accordi volontari e negoziati per ridurre lo spreco. 

Il Canada dal 2021 sta cercando di attuare con una strategia nazionale la prevenzione allo spreco alimentare attraverso finanziamenti per innovazioni ed incentivi fiscali. Diverse organizzazioni si sono attivate con produttori e distributori per contenere gli eccessi produttivi e con consumatori per incoraggiare iniziative di educazione alimentare. 

In Italia il 61% dei cittadini pone particolare attenzione alla gestione degli avanzi evitando di gettare cibo cotto. Il 43% degli italiani, inoltre, cerca di organizzare la spesa. Tuttavia, nonostante vi sia consapevolezza nella riduzione dello spreco di cibo, il nostro Paese fa registrare un aumento dello spreco alimentare domestico. 

Una soluzione potrebbe essere quella di investire nell’educazione alimentare e nel rendere le pratiche anti-spreco più efficaci per allineare la consapevolezza all’impegno attivo. 

Conclusioni
La riduzione dello spreco alimentare è un problema di carattere etico, oltreché economico e ambientale. Valorizzare l’importanza nella conservazione e nel consumo del cibo è fondamentale per rispettare le risorse naturali e per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo 12 dell’Agenda 2030: “Consumo e produzione responsabili”. 

Visione, responsabilità e collaborazione sono elementi cruciali per affrontare questa sfida e ciascuno deve fare la propria parte. Per contrastare lo spreco alimentare è necessario un approccio integrato tra i vari stakeholder, che coinvolga consumatori, imprese, governi, ricercatori, scienziati, produttori, mezzi di comunicazione e agenzie di cooperazione allo sviluppo. Rendere partecipi i consumatori in iniziative di sensibilizzazione al consumo, di educazione nel rispetto delle risorse e promuovere una cultura dell’economia del riuso può essere la chiave per raggiungere l’obiettivo di un futuro più sostenibile. La lotta allo spreco alimentare è una responsabilità collettiva che ha il compito di garantire alle generazioni future un mondo più sano, equo e sostenibile.

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