Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 21:48
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Ambiente

Cop30, l’incontro-scontro tra i leader dei due mondi nella lotta per il Clima

Immagine di copertina
A sinistra il governatore della California Gavin Newsom, a destra Raoni Metuktire, capo tribù indigeno brasiliano, leader del popolo Kayapó. Credit: AGF

Da una parte presidenti, ministri e lobbisti chiusi nella zona blindata del summit ufficiale. Dall’altra i rappresentanti di ecologisti e popoli indigeni riuniti fuori per un vertice parallelo. Alla Conferenza delle Parti di Belém due diversi modi di intendere la sfida ambientale. Il reportage di Giorgio Brizio da Belém

Le bozze di testo su cui instancabilmente discutono i rappresentanti dei Paesi sono in inglese, ma tutto quello che ruota attorno alle stanze del negoziato della Cop30 di Belém succede in portoghese. È la lingua che condividono le figure chiave di questa Conferenza sul Clima. Intanto il segretario delle Nazioni Unite, il portoghese António Guterres, che in questi anni è stato il saggio leader progressista che alcuni politologi andavano cercando. Preparatissimo sulla crisi climatica, puntuale su quella pandemica, instancabile sull’Ucraina, sulla Siria, sul Sudan, su Gaza – al punto che Israele l’ha etichettato come persona sgradita in un atto senza precedenti. Poi naturalmente il presidente brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva, che questa Cop l’ha voluta dal giorno successivo alla sua ultima elezione, ottenuta battendo il negazionista del cambiamento climatico e del coronavirus Jair Bolsonaro, e che ha annunciato la sua intenzione di ricandidarsi a pochi giorni dall’inizio dell’evento. Con loro, il carismatico e gentile presidente di Cop30 André Corrêa do Lago, la superstar-ministra dell’Ambiente Marina Silva e quella dei Popoli indigeni Sonja Guajajara, già inserita dal Time tra le 100 personalità più influenti al mondo. 

La sinergia lusofona potrebbe estendersi al presidente del Consiglio europeo António Costa, ma a guidare l’Ue – che alle Cop partecipa con un’unica delegazione – è il commissario per il Clima, Wopke Hoekstra. L’Unione europea è il principale attore a non aver presentato il proprio piano di azione per il clima entro la scadenza, e ad aver fatto i compiti sul pullman per la scuola: solo una trattativa ministeriale finita all’alba ha sbloccato la situazione a due giorni dall’inizio del Leaders Summit della Cop, in cui l’Italia è stata rappresentata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani. 

Premier e capi di Stato
Il Leaders Summit ha riunito 57 capi di Stato e 39 ministri, un numero notevole ma basso per gli standard delle ultime Cop. Il vertice è stato aperto dal segretario dell’agenzia delle Nazioni Unite sul clima, Simon Stiell: «Dieci anni fa, a Parigi, stavamo progettando il futuro, un futuro che avrebbe visto chiaramente la curva delle emissioni piegarsi verso il basso. Colleghi, benvenuti in quel futuro», ha detto. «Ma c’è molto lavoro ancora da fare», ha aggiunto. 

Lula ha messo in guardia: «È ora di unire scienza, solidarietà e cooperazione». E ha promesso «la Cop delle verità», una parola pericolosa. 

«La protezione del clima oggi richiede tre cose: velocità politica, accettazione sociale e innovazione imprenditoriale», ha detto il cancelliere tedesco Friedrich Merz, mentre il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto ai colleghi di scegliere il «multilateralismo al posto dell’isolazionismo», la «coscienza al posto dell’ideologia» e l’«azione al posto del fatalismo». 

«Il consenso per contrastare il cambiamento climatico è passato», ha sottolineato serafico il premier britannico Keir Starmer in tandem con il principe William: «Ci stiamo pericolosamente avvicinando a un punto di non ritorno». 

Dopo William, in uno stacco che si può vedere solo a una Cop, è salito sul podio il presidente colombiano Gustavo Petro, finito nella lista nera di Donald Trump. Petro ha rispedito l’attacco al grande assente: «Trump è contro l’umanità: ci sta portando al collasso». A sostenere il presidente colombiano è stato il suo omologo cileno, Gabriel Boric, il cui Paese – che si appresta al voto – potrebbe rimanere nell’«alleanza ecosocialista» dei presidenti del Sud America, o sposare la linea nostalgica di Pinochet e vicina a Milei, altro assente. 

Gli unici quattro Stati del mondo di cui alla Cop non si sono presentati delegati sono Afghanistan, Myanmar, San Marino e – per la prima volta – Stati Uniti. È giallo invece su Israele, la cui delegazione è registrata ma che sembra non essersi presentata. 

A rappresentare gli altri Stati Uniti sono però venuti a Belém l’ex candidato alla presidenza Al Gore, che fece dell’ambientalismo un perno della sua campagna e che perse per un soffio – pur avendo ottenuto più voti – contro George W. Bush, e il governatore della California (peraltro devastata dalla crisi climatica) Gavin Newsom, già dato in corsa per le presidenziali del 2028. «Dobbiamo cambiare il modo in cui parliamo di cambiamenti climatici. Una gran parte del mio elettorato non capisce cosa sono i gradi celsius, né sanno cosa sono i gas serra, si chiedono “Ma questi gas cadono dal cielo? E dove atterrano?”. Noi gli dobbiamo parlare del costo della vita, dobbiamo parlare come se fossimo nella loro cucina», ha detto Newsom. 

Come per l’Italia, alla Conferenza sul clima alcuni grandi Paesi – Cina, India su tutti – non sono stati rappresentati da un presidente ma dal rispettivo ministro degli Esteri. 

Accreditati e non
La delegazione più numerosa di Cop30 è stata come prevedibile quella del Brasile, seguita da Cina, Nigeria, Indonesia e Congo. 

Con 56.118 partecipanti registrati, è stata la seconda Conferenza delle Parti più grande di sempre. Di questi, 1.600 – cioè uno ogni 25 – erano lobbisti delle aziende dei combustibili fossili. 

Dopo aver parlato in un panel nell’area dei padiglioni degli Stati, l’amministratore delegato di Total Patrick Pouyanne ha messo le mani su un’attivista di Greenpeace che gli chiedeva delle richieste di risarcimento all’industria del fossile da parte di vittime di eventi climatici estremi. 

Dentro e fuori da Cop30 hanno partecipato però anche 3.000 rappresentanti dei popoli indigeni, nonostante solo il 14% di essi abbia ottenuto un accredito ufficiale per la Cop. La maggior parte di loro è arrivato a Belém a bordo della Amazon Flotilla, che ha percorso fino a 3.000 chilometri discendendo il Rio delle Amazzoni, e ha partecipato alla Cúpula dos Povos: 800 organizzazioni e migliaia di persone da ogni angolo del Pianeta si sono incontrate in parallelo alla Cop per un’assemblea con pochi precedenti storici, inaugurata dall’attraversamento del Rio Guamá alla presenza del grande capo indigeno Raoni. 

I leader che resteranno nei ricordi di questa Cop non sono infatti solo i capi di Stato che sono intervenuti nella zona blu blindata, ma anche figure carismatiche e popolari che hanno saputo coniugare l’ambientalismo con altre lotte. Su tutte Paul Watson, fondatore prima di Greenpeace e poi di Sea Shepherd, Thiago Ávila, portavoce della Global Sumud Flotilla e Angela Mendes, figlia di Chico, sindacalista brasiliano, tra gli ecologisti più noti al mondo. 

Questi due segmenti – presidenti e lobbisti accreditati da una parte, popoli indigeni e attivisti dall’altra – non hanno quasi niente in comune, se non la paura e la speranza per le implementazioni delle decisioni di questa Cop. Alcuni presidenti e molte persone che hanno viaggiato fino a Belém sono accomunate dal mutirão, la parola brasiliana che indica uno sforzo condiviso per risolvere un problema comune. Ci ricordano quanto questo processo è ancora rilevante, dopotutto.

Ti potrebbe interessare
Ambiente / Onda verde sull’Italia
Ambiente / È uscito il nuovo numero di The Post Internazionale. Da oggi potete acquistare la copia digitale
Ambiente / È uscito il nuovo numero di The Post Internazionale. Da oggi potete acquistare la copia digitale
Ti potrebbe interessare
Ambiente / Onda verde sull’Italia
Ambiente / È uscito il nuovo numero di The Post Internazionale. Da oggi potete acquistare la copia digitale
Ambiente / È uscito il nuovo numero di The Post Internazionale. Da oggi potete acquistare la copia digitale
Ambiente / Tyrrhenian Link: cosa c’è dietro una grande opera
Ambiente / Il prof. Delfanti (PoliMI) a TPI: “Vi spiego come cambierà la rete elettrica”
Ambiente / The Electrification Job: ecco perché nei prossimi anni la domanda di elettricità esploderà
Ambiente / I nuovi ponti dell’energia: la transizione ha bisogno di infrastrutture adeguate
Ambiente / Energia, al via l’iter del Sardinian Link: si leva la protesta, ma non ci saranno espropri
Ambiente / Cop30, il Brasile di Lula non è verde come sembra
Ambiente / Il Tyrrhenian Link: quel cavo elettrico sottomarino tra Sicilia, Sardegna e Campania