Temperature record: l’Europa è il continente che si riscalda più rapidamente
In Europa non ha mai fatto così caldo. Il nostro è il continente che si riscalda più rapidamente di tutti, e quello in cui gli impatti del cambiamento climatico sono maggiormente evidenti: il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, con temperature record nelle regioni centrali, orientali e sudorientali. Allo stesso tempo, si sono verificate le inondazioni più diffuse dal 2013. A rivelarlo è l’ultimo report di Copernicus, il servizio meteo dell’Unione europea: un’indagine a cui hanno partecipato oltre cento esperti, compresi quelli dell’Organizzazione meteorologica mondiale.
Mentre il riscaldamento globale è a circa +1,3°C rispetto alla media del periodo preindustriale (1850-1900), il vecchio continente è già a +2,4°C. Un aumento, quindi, di circa il doppio rispetto alla media mondiale. Numeri che hanno poi un forte impatto sulla vita delle persone, causando con sempre maggior frequenza fenomeni meteorologici estremi. Basti pensare che – secondo quanto sottolinea l’Ipcc, il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite che riunisce esperti di cambiamento climatico – con un riscaldamento globale di 1,5°C (una prospettiva ampiamente ottimistica, visti questi dati) l’Europa rischia 30mila decessi all’anno.
Caldissimo
Il 2024 è stato – dicevamo – l’anno più caldo mai registrato in Europa da quando vengono effettuate le rilevazioni scientifiche, cioè dalla metà dell’Ottocento.
In quasi la metà del continente sono stati battuti i record di temperatura. Il 45% dei giorni è stato molto più caldo della media, mentre il 12% è stato il più caldo mai rilevato.
«Il rapporto sottolinea che l’Europa è il continente che si riscalda più in fretta e sta vivendo seri impatti del meteo estremo e dei cambiamenti climatici. Ogni frazione di grado in più di aumento della temperatura è importante perché accentua i rischi per le nostre vite, per le economie e per il pianeta. L’adattamento è d’obbligo», spiega la segretaria generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, Celeste Saulo.
In particolare, il 17 luglio 2024 il 20% dell’Europa ha sperimentato almeno uno «stress da calore molto forte»: si tratta dell’area più grande in un singolo giorno da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1950, insieme al 7 agosto 2010. Numeri che non sono fini a sé stessi, visto che – è bene ricordarlo – ogni anno lo stress termico estremo è concausa di circa 50mila decessi in tutto il continente.
Nel corso del 2024 il 60% dell’Europa ha visto più giorni di media con almeno «forte stress da caldo», ovvero con una temperatura percepita oltre i 38 gradi.
L’Italia è tra i Paesi più colpiti da stress termico, insieme a Spagna e Grecia. Da sottolineare come il nostro sia tra quelli che hanno registrato anomalie più marcate nel numero di giorni con caldo estremo. Inoltre l’Italia è tra le nazioni europee con più notti tropicali, ovvero con temperature che non scendono mai sotto i 20°C.
L’Europa sudorientale – parte dell’Italia inclusa – ha subito una delle ondate di calore più estreme di sempre, con un episodio record di 13 giorni consecutivi di caldo intenso che ha interessato il 55% del territorio regionale: un’anomalia termica di 9,2°C.
D’altronde ormai da decenni si registra una tendenza verso estati sempre più calde e secche, con una riduzione significativa dei giorni di precipitazione e dell’umidità del suolo, e l’aumento della siccità, con tutte le problematiche che ne conseguono, sulla disponibilità idrica, sull’agricoltura e sulla gestione delle risorse naturali.
L’anno scorso il cosiddetto indice di siccità nell’Europa sudorientale ha registrato le condizioni estive più secche da 12 anni a questa parte, cioè da quando sono iniziate le rilevazioni.
Lo studio di Copernicus rivela, inoltre, come nell’arco dei dodici mesi ci sia stato un netto contrasto est-ovest nelle condizioni climatiche del vecchio continente: estremamente secche e spesso da caldo record a oriente, calde ma umide a occidente. Al contempo, nel corso del 2024 l’Europa occidentale ha registrato condizioni tra le più piovose degli ultimi decenni, mentre l’Europa orientale ha sperimentato un deficit idrico significativo.
Mari e ghiacciai
Parallelamente, scendono i numeri degli eventi di freddo estremo. L’anno passato l’area del continente che ha registrato meno di tre mesi (90 giorni) di gelo è stata la più grande mai rilevata: circa il 69%, quando la media storica è del 50%.
L’impatto riguarda anche mari e oceani. Il 2024 ha registrato una temperatura della superficie marina (SST) senza precedenti, con valori medi di 0,7°C sopra la media per l’intero bacino europeo e 1,2°C per il Mediterraneo. In particolare, Tirreno, Ionio, Adriatico e Canale di Sicilia hanno tutti segnato il primato assoluto di temperatura. Il record è arrivato con il picco di 28,7°C il 13 agosto.
Mari più caldi significano una maggiore evaporazione, mentre un’atmosfera più calda può trattenere più umidità, alimentando l’energia delle tempeste e causando alluvioni più intense.
L’Ipcc afferma che si prevede che precipitazioni estreme e inondazioni peggioreranno in particolare in Europa, con il continuo riscaldamento del pianeta. Il 2024 si è contraddistinto, in effetti, per le frequenti alluvioni, come non accadeva da oltre dieci anni.
Circa il 30% della rete fluviale europea è stato allagato in quello che è stato uno dei dieci anni più piovosi nel continente dal 1950.
E ancora: uno degli indicatori più tangibili del riscaldamento globale è la riduzione dei ghiacciai. Il rapporto del servizio meteo dell’Ue evidenzia come tutte le regioni europee abbiano registrato un calo della copertura glaciale. Con tassi record di perdita netta di massa glaciale in Scandinavia e nelle Svalbard, dove i ghiacciai si sono assottigliati rispettivamente di 1,8 e 2,7 metri.
Il 2024 è stato un altro anno eccezionale anche sulle Alpi, con una perdita media dello spessore del ghiaccio di 1,2 metri.
Intanto, in quasi tutta Europa sono crollati i numeri di giorni con precipitazioni nevose cumulate di almeno un centimetro, ad eccezione della Penisola scandinava, con un trend negativo da cinque a 45 giorni di neve meno della media storica.
Catastrofi naturali
In generale abbiamo assistito nel corso dell’anno a diversi eventi eccezionali ed estremi, che hanno colpito circa 413mila persone in tutta Europa, causando almeno 335 vittime. Anche l’impatto economico di questi fenomeni è stato ingente, calcolato in 18 miliardi di euro di danni.
In Portogallo, a settembre, gli incendi hanno bruciato 110mila ettari in una sola settimana: un quarto della superficie totale andata a fuoco in Europa durante l’anno. E poi le gravi inondazioni, causate lo scorso autunno dalla tempesta Boris che ha colpito Germania, Polonia, Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania e Italia, causando morti, danni e l’evacuazione di centinaia di migliaia di persone. E come dimenticare gli oltre 200 morti della regione di Valencia, flagellata dalle alluvioni di fine ottobre?
I trend, inoltre, evidenziano chiaramente come la frequenza e l’intensità di questi eventi estremi siano destinate a crescere. Secondo le previsioni del rapporto redatto da Copernicus, i danni alle infrastrutture causati da tali fenomeni, in particolare le inondazioni, potrebbero aumentare di dieci volte entro fine secolo.
Bisogna anche comprendere le cause di questi fenomeni così devastanti. Secondo il professor Stefan Rahmstorf, dell’Istituto di Potsdam, «le gravi sofferenze e perdite registrate nel 2024 rendono ancora più urgente abbandonare i combustibili fossili».
Previsioni
Anche i mesi che stiamo vivendo dimostrano chiaramente tutti gli effetti del cambiamento climatico in atto. Secondo Copernicus, maggio 2025 è stato il secondo maggio più caldo a livello globale, con una temperatura media dell’aria superficiale di 15,79°C (0,53 in più rispetto alla media di maggio del periodo 1991-2020), mentre è stato di 0,12°C più freddo rispetto al record del 2024.
Il periodo di dodici mesi da giugno 2024 a maggio 2025 è stato di 0,69°C superiore alla media 1991- 2020 e di 1,57°C superiore al livello preindustriale.
L’estate dovrebbe essere simile a quelle degli ultimi anni, con temperature superiori alle medie ma anche la possibilità di fenomeni intensi come temporali e grandinate. La presenza dell’anticiclone dovrebbe garantire sul nostro Paese caldo e tempo stabile.
«Il tipo di configurazione attesa risente di un trend di fondo ormai ricorrente negli ultimi anni, con alte pressioni più frequenti sull’Europa sud-occidentale e una fascia subtropicale più distesa verso nord. È uno schema circolatorio che tende a favorire estati più stabili e calde nel Mediterraneo centrale, in linea con quanto osservato in diverse estati recenti», spiegano gli esperti del portale 3BMeteo.
Ovviamente, lo specifichiamo, si tratta di linee di tendenza su vasta scala. Il gran caldo dovrebbe colpire anche buona parte d’Europa, in particolare penisola Iberica, Grecia e Balcani, con temperature ben superiori alle medie.
Buone notizie
Qualche passo in avanti per fortuna è stato fatto, e si intravedono i primi segnali positivi. Il 51% delle città europee ha oggi un piano di adattamento al clima, rispetto al 26% del 2018. Esempi virtuosi, come il potenziamento degli spazi verdi a Parigi, che però da soli non bastano.
Bisogna intervenire anche sull’altro pilastro dell’azione per il clima, vale a dire la mitigazione, con la drastica riduzione delle emissioni. Anche in tal senso sembra esserci qualche buona notizia, visto che nel 2024 la produzione di elettricità da fonti rinnovabili ha centrato un nuovo record europeo, arrivando al 45% del totale. Sono 20 su 27 i Paesi europei in cui le fonti pulite generano più elettricità rispetto alle fonti fossili: nel 2019 erano solo 12.
C’è da dire infatti che, nonostante sperimenti un aumento delle temperature più elevato rispetto alla media globale, l’Ue è la grande economia mondiale che taglia le emissioni clima-alteranti più rapidamente. L’Unione si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e punta a ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030.
«L’Ue non può permettersi di mettere in secondo piano i propri impegni climatici. Deve guidare la transizione, attuarla senza ritardi, e aiutare chi è più vulnerabile, non le lobby fossili», è il monito lanciato dalla dottoressa Friederike Otto, docente all’Imperial College di Londra. «In un’economia globale volatile è francamente folle continuare a fare affidamento sui combustibili fossili importati, la principale causa dei cambiamenti climatici, quando le energie rinnovabili offrono un’alternativa più economica e pulita», chiosa la professoressa.
Le evidenze dei record climatici e degli eventi estremi registrati negli ultimi mesi e sempre più frequenti sottolineano l’urgenza di strategie di adattamento e mitigazione per fronteggiare un futuro in cui il riscaldamento globale e i suoi impatti saranno sempre più evidenti. Anche dal buon senso di ciascuno di noi e dalle scelte dei politici, sperando siano illuminati e lungimiranti, passa il destino del nostro pianeta.