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Approvata la procedura di impeachment contro il presidente del Brasile

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Se il provvedimento venisse approvato dalla Camera, Dilma Rousseff verrebbe destituita, con gravi conseguenze per la politica e l'economia del Paese

Il presidente della Camera dei deputati brasiliana, Eduardo Cunha, ha autorizzato l’apertura di una procedura di impeachment contro il presidente del Brasile Dilma Rousseff.

Tra le accuse mosse contro l’attuale capo di stato, ci sarebbe quella di aver manipolato i conti pubblici per nascondere il deficit di bilancio brasiliano e di aver aperto conti bancari all’estero formalmente intestati al governo brasiliano ma, di fatto, di sua proprietà. Secondo l’accusa, Rousseff avrebbe falsato i bilanci e aperto conti all’estero per vincere le elezioni generali del 5 ottobre 2014 che le hanno assicurato un secondo mandato di quattro anni.

“Ho ricevuto con indignazione la notizia che il presidente della Camera dei deputati ha dato il via alla procedura di impeachment. Non ho commesso nessun reato”, si è difesa Dilma Rousseff, “né c’è alcuna prova che io abbia fatto uso improprio di denaro pubblico”.

Apparendo ieri sera alla tv per un messaggio alla nazione, il capo dello stato ha espresso la sua indignazione per la decisione presa da Eduardo Cunha e ha ribadito la totale mancanza di prove a sostegno dell’accusa. “Non ho commesso nessun atto illecito”, ha dichiarato, “né ci sono sospetti pendenti contro di me”. Il presidente ha poi affermato di non avere “alcun conto corrente all’estero né patrimoni nascosti”.

Il via alla procedura è arrivato nella serata di ieri, mercoledì 2 dicembre 2015, quando Cunha ha accolto la mozione presentata dalle opposizioni. Si tratta della prima richiesta di impeachment contro un presidente arrivata al Congresso brasiliano negli ultimi 20 anni.

Contro Rousseff, le opposizioni avevano già avanzato delle mozioni di sfiducia. Sul tavolo del presidente della Camera e leader del partito di opposizione Pmbd, nei mesi scorsi erano arrivate almeno sei richieste, tutte respinte con forza. Secondo Eduardo Cunha, infatti, mettere in stato di accusa Rousseff avrebbe significato compiere un “passo indietro nel cammino democratico del Paese”, interrompendo un mandato di quattro anni iniziato poco più di 13 mesi fa.

Per diventare effettiva, la destituzione della presidente richiesta ieri dovrà però essere vagliata da una commissione composta dai membri di tutti i partiti politici brasiliani e poi sottoposta al voto della Camera dei deputati. La messa in stato d’accusa dovrà ottenere i due terzi dei voti, 342 sui 513 complessivi.

In caso di parere positivo, il presidente verrebbe sospeso per 180 giorni, fino alla fine delle indagini condotte dal Senato. In questa fase, il potere passerebbe nelle mani del suo vicepresidente, Michel Temer, membro dello stesso partito di opposizione di Cunha.

Il Partito dei lavoratori di Dilma Rousseff ha difeso fortemente il presidente e attaccato Cunha, accusandolo di ordire un complotto contro il capo dello stato. La maggioranza fa leva anche sull’accusa di corruzione che pende sul presidente della camera bassa, che avrebbe ricevuto tangenti in relazione allo scandalo che ha interessato la compagnia petrolifera statale Petrobras.

Non è ancora chiaro se gli avversari di Dilma Rousseff abbiano a propria disposizione i voti necessari per far proseguire la procedura di impeachment e, quindi, procedere con la messa in stato d’accusa.

Luciano Dias del centro studi politici Analise Politica ha dichiarato: “al di là di quanto dicano i politici, nonostante la mossa sfrontata di Cunha, le possibilità che l’impeachment sia approvato sono basse”.

Se la mozione dell’opposizione venisse approvata e fosse deciso l’allontanamento della Rousseff, però, l’economia brasiliana rischierebbe un nuovo pesante tracollo, che aggraverebbe la crisi attuale, arrivata dopo la forte espansione degli anni precedenti. Al momento l’economia del Paese è in forte difficoltà, con dati che parlano della più pesante recessione dalla crisi del 1929. 

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