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Paolo Borsellino – I 57 giorni, la trama del film in onore del giudice ucciso dalla mafia

Ventisette anni fa nella strage di via D'Amelio il magistrato e la sua scorta venivano uccisi

Di Carmelo Leo
Pubblicato il 19 Lug. 2019 alle 18:11

Paolo Borsellino I 57 giorni, di cosa parla il film in onore del giudice ucciso dalla mafia: la trama

Il 19 luglio del 1992 a Palermo moriva il giudice Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia nella strage di via D’Amelio insieme agli uomini della sua scorta: oggi, nel giorno del 27esimo anniversario dalla sua morte, Rai 1 ricorda il magistrato con il film I 57 giorni, la cui trama racconta tutto quello che successe tra la morte dell’amico e collega Giovanni Falcone e quella di Borsellino stesso.

Furono infatti 57 i giorni che separarono il 23 maggio 1992 – data della strage di Capaci che vide la morte di Falcone, della moglie Francesca Morvillo e della sua scorta – e l’attentato di via D’Amelio. Poco meno di due mesi, nei quali Borsellino visse come “un morto che cammina”, come si era definito qualche mese prima lo stesso Falcone.

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In quel periodo, infatti, il giudice dovette accelerare i tempi delle sue indagini. Sia per risalire agli esecutori materiali dell’omicidio di Falcone, sia per capire quali erano i mafiosi infiltrati nello Stato, nelle procure e negli uffici di polizia.

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Di cosa parla I 57 giorni? Il film, in onda su Rai 1, racconta proprio i concitati momenti vissuti da Borsellino fino al tragico epilogo del 19 luglio 1992.

Paolo Borsellino I 57 giorni, la trama del film

Il film inizia con Paolo Borsellino intento a farsi radere dal barbiere. È il 23 maggio 1992 e il giudice è felice perché ha un appuntamento a pranzo con il collega e amico Giovanni Falcone, di ritorno a Palermo da Roma, dove ha ricevuto finalmente l’incarico di guidare la Superprocura antimafia.

I due, però, non fanno in tempo a festeggiare. Borsellino, dal barbiere, riceve la comunicazione della morte di Falcone, insieme alla moglie e ai poliziotti della scorta, nella strage di Capaci. Per Borsellino cambia tutto: da quel momento, infatti, sa benissimo di essere il prossimo obiettivo della mafia.

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Così, nei 57 giorni che separano Capaci dalla strage di via D’Amelio – nella quale perderà la vita proprio Borsellino, insieme agli uomini della scorta – il giudice è protagonista di un’autentica corsa contro il tempo. L’obiettivo è di indagare al meglio sugli esecutori della strage di Capaci, ma anche su tutte quelle infiltrazioni mafiose nei vari livelli dello Stato. Ma non è tutto. Come testimoniato dagli stessi figli di Borsellino, è in quel momento che il giudice capisce di doversi distaccare dalla famiglia, prima del tragico epilogo.

“In mio padre – ha dichiarato in seguito il figlio Manfredi Borsellino – avvertivo un graduale distacco, lo stesso che avrebbero percepito le mie sorelle, ma lo attribuivo (e giustificavo) al carico di lavoro e di preoccupazioni che lo assalivano in quei giorni. Solo dopo la sua morte seppi da padre Cesare Rattoballi che era un distacco voluto, calcolato, perché gradualmente, e quindi senza particolari traumi, noi figli ci abituassimo alla sua assenza e ci trovassimo un giorno in qualche modo “preparati” qualora a lui fosse toccato lo stesso destino dell’amico e collega Giovanni”.

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