Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
Home » Spettacoli » Musica

Quando Ezio Bosso era un giovane bassista ska

Credit: Statuto
Di Marco Nepi
Pubblicato il 19 Mag. 2020 alle 12:14 Aggiornato il 29 Mag. 2020 alle 16:32

Ezio Bosso e gli Statuto, gli inizi

Gli Statuto ed Ezio Bosso hanno fatto un pezzo di vita insieme. Prima che il pianista torinese, scomparso il 15 maggio dopo che nel 2011 gli era stata diagnosticata una malattia neurodegenerativa, diventasse uno dei maestri d’orchestra più amati e apprezzati al mondo, era stato il bassista della band ska sabauda che prende il nome dalla piazza omonima, epicentro della cultura mod.

Per due anni fu un componente della band. Ezio Bosso divenne “Cico”, o meglio “Xico” ed entrò a far parte del giro Mod, il termine con il quale si definisce quella sottocultura giovanile esplosa a Londra negli anni ’60 e arrivata in Italia qualche decennio dopo.

 

 

Ingresso e uscita dal gruppo

“Oggi perdiamo un amico, un fratello, un pezzo di noi”, con queste parole gli Statuto hanno ricordato Ezio Bosso mentre con altre, più dolci e piene di vita, Oscar Giammarinaro – frontman e cantante del gruppo – ricordava quell’incontro al Conservatorio che cambiò la vita ad entrambi.

Nel libro “Il migliore dei mondi possibili – storie di mods e degli Statuto”, Oscar scriveva: “Al conservatorio mi capitava spesso di fare del “proselitismo mod”, come spesso mi capitava e mi capita di fare nei luoghi che frequento. Un mio compagno di contrabbasso, Ezio detto Cico, si convertì al modernismo e alla notizia che non avevamo un bassista fisso ci propose di diventarlo lui”, racconta Oscar e spiega: “Cico entrò a far parte degli Statuto in pianta stabile così come un amico di Naska, Alex Loggia detto Bumba, che abitava a Nichelino e che studiava la chitarra classica con il maestro Cimma (insegnante del conservatorio). Bumba prese il posto di Scheggia il quale, tornato dal servizio militare, non se la sentì più di suonare, così dall’aprile del’87 anche lui iniziò a provare con noi ottenendo ottimi risultati”.

In un’intervista rilasciata invece a “Tuttosport” è proprio il frontman della band a spiegare perché la parentesi di Ezio Bosso nel gruppo fosse durata così poco: “Aveva troppo talento e creatività per stare all’interno di una band che eseguiva canzonette, magari belle e gradevoli, ma che non necessitavano di qualità compositiva ed esecutiva che invece Xico voleva e sapeva esprimere. Il divario tra lui e noi, altri componenti del gruppo, era tale da far risultare le sue note come “troppe”, o meglio “troppo” qualitative per una band underground che aveva ancora tutto da imparare”.

Quella volta con John Cage

Talento, creatività e amore per la musica, tre chiavi di lettura per cercare di capire al meglio una delle figure più importanti del panorama delle sette note italiane. Capacità che non passarono inosservate nemmeno a John Cage, uno dei più importanti compositori e teorici musicali del ‘900.

Successe infatti che nel 1984 Cage si trovasse a passare per il conservatorio di Torino, dove Bossio studiava, e sorprese il maestro di contrabbasso rimproverare il futuro direttore d’orchestra in malo modo. Cage non si scompose e rivolgendosi all’insegnante disse: “A me sembra bravo, perché grida?”. Memore di questo aneddoto anni dopo Bosso avrebbe dedicato a Cage: “Dreaming Tears in a crystal cage”, una delle sue più celebri composizioni.

Il legame tra Bosso e gli Statuto è sempre stato forte, anche dopo l’addio del compositore. Questo perché era emblematico del suo rapporto con la cultura Mod. Sintetizzato così dallo stesso Bosso: “Sono e resterò sempre mod. Perché non si può “fare” il Mod. Si scopre di esserlo. Il modernismo è uno stile di vita che ci rende uomini migliori”, come migliore rendeva la sua musica, la sua persona.

LEGGI ANCHE:

1. Ezio Bosso, la lunga malattia e le cause della morte 2. Ezio Bosso, ricordo di un maestro di musica e di vita 3. Quando disse addio al pianoforte: “Non chiedetemi di suonarlo, non sapete il dolore che mi provoca”

Leggi l'articolo originale su TPI.it
Exit mobile version