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I richiedenti asilo sono stati sgomberati dall’ex centro per rifugiati sull’isola di Manus

Immagine di copertina
Un'immagine dall'interno del centro sull'isola di Manus. Credit: AFP

Canberra ha confermato che circa 300 persone sono state allontanate dal centro detentivo gestito dall'Australia e chiuso lo scorso 31 ottobre

L’Australia ha confermato che i richiedenti asilo che hanno rifiutato di andarsene dall’ex centro di detenzione sull’isola di Manus, che si trova a Papua Nuova Guinea ma è gestito da Canberra, sono stati sgomberati dopo tre settimane di stallo. Il gruppo aveva rifiutato di allontanarsi il 31 ottobre, dopo la chiusura del campo, temendo aggressioni da parte degli abitanti locali.

Questa notizia puoi leggerla direttamente sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come

Circa 300 richiedenti asilo sono stati trasportati via su degli autobus giovedì 23 e sabato 24 novembre, dopo che la polizia della Papua Nuova Guinea ha fatto irruzione nella struttura.Alcuni detenuti hanno denunciato di essere stati colpiti dalla polizia con dei bastoni.

Il ministro dell’immigrazione australiano Peter Dutton ha detto che le accuse di violenza erano “inaccurate ed esagerate” e ha precisato che la polizia australiana non è stata coinvolta nell’operazione.

L’operazione di sgombero e le denunce 

Numerosi funzionari dell’ufficio immigrazione e poliziotti, inclusa la squadra mobile paramilitare, sono entrati nell’edificio e hanno dato un’ora di tempo ai rifugiati per andarsene. Alcune delle persone all’interno del centro hanno pubblicato in rete foto e video denunciando atti intimidatori e violenti da parte della polizia, che ha smantellato i loro rifugi improvvisati e gettato via i loro oggetti personali. Gli agenti hanno urlato ai detenuti e gli hanno chiesto di consegnare i loro cellulari, secondo quanto riporta il GuardianUn poliziotto è stato fotografato mentre tiene in mano un tipo di coltello comune sull’isola di Manus.

Un video trasmesso in diretta dall’interno del centro da un uomo di nome Walid Zazai su Periscope mostra delle persone che dicono “aiutateci, ci vogliono uccidere”. Si vedono inoltre due uomini apparentemente privi di coscienza. L’uomo che gira il video, dice che si sono sentiti male e che non è stata prestata assistenza. Uno dei due uomini incoscienti avrebbe avuto un attacco di cuore, l’altro una crisi epilettica.

Altre foto pubblicate su Twitter dal rifugiato sudanese Abdul Aziz Adam mostrano un uomo privo di coscienza.

Il giornalista e rifugiato Behrouz Boochani, che si trovava nel campo, è stato arrestato e poi rilasciato. Boochani stava pubblicando su Twitter gli aggiornamenti sul raid dall’interno di uno dei bagni del centro. Dopo il suo rilascio, ha detto di essere stato ammanettato per oltre due ore in un luogo dietro il centro. Il comandante della polizia lo ha accusato di aver riportato fatti contro di loro. “Mi hanno spintonato diverse volte e hanno rotto i miei oggetti personali”, scrive Boochani.

“Hanno distrutto il nostro cibo e danneggiato le nostre sistemazioni e il nostri barili d’acqua”, ha detto un richiedente asilo che si trova nel campo all’agenzia ReutersMolti degli uomini si sono arrampicati sul tetto e si sono nascosti nei bagni.

Un video girato da Abdul Aziz Adam e postato su Facebook mostra la polizia che usa un megafono per dire ai rifugiati di andarsene perché la loro permanenza nel campo, situato in un terreno utilizzato dalla Marina della Papua Nuova Guinea, è illegale.

Alcune riprese successive che lui ha pubblicato su Twitter mostrano gli uomini salire su degli autobus e denunciano l’uso della forza da parte della polizia.

Il campo dell’isola Manus in Papua Nuova Guinea, e un altro sulla piccola isola di Nauru, nel Pacifico, sono stati i punti centrali della controversa politica sull’immigrazione in Australia, che è stata fortemente criticata dalle Nazioni Unite e dai gruppi di attivisti per i diritti umani.

L’Australia ha aperto i campi nel tentativo di arginare il flusso di richiedenti asilo che compiono pericolosi viaggi in barca verso le sue coste. L’Australia rifiuta di far sbarcare nei suoi confini i richiedenti asilo che arrivano via mare, inviandoli invece in campi che si trovano nei paesi vicini.

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