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Amministrative Torino, il candidato alle Primarie del Pd Lavolta: “Damilano appoggiato da CasaPound”

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“Dopo tre giorni di pioggia è tornato il sole. Poi da lunedì, da quando iniziano le primarie, ci sarà il sole sempre per i prossimi cinque anni”. È ottimista Enzo Lavolta, candidato alle primarie del centrosinistra per le elezioni amministrative di Torino in programma ad ottobre. Classe 1978, ex assessore all’ambiente della giunta guidata da Piero Fassino, il 12 e 13 giugno prossimo sfiderà il candidato spinto dal Pd locale Stefano Lo Russo, il civico Francesco Tresso e il radicale Igor Boni.

“Stiamo cambiando una storia già scritta”, dice a TPI. “Una parte della città aveva deciso che il centrodestra con Damilano avrebbe vinto la prossima tornata di ottobre. Una parte maggioritaria del Pd aveva scelto il candidato. Abbiamo resistito a questa tentazione, le primarie le abbiamo chieste, volute e ottenute ripartendo da cittadini e cittadine con generosità e fatica titanica”.

Lavolta esprime preoccupazione per la possibilità che il candidato unitario di centrodestra, Paolo Damilano, possa avere tra le sue fila e nominare in consiglio comunale anche esponenti di estrema destra dopo che, nei giorni scorsi, la stampa locale ha dato notizia di un riavvicinamento tra Fratelli d’Italia e CasaPound, che nel capoluogo piemontese si presenterebbe sotto le insegne di “Torino Tricolore”.

Anche se il senatore del partito di Giorgia Meloni, Gaetano Nastri, ha negato l’esistenza di un accordo elettorale tra CasaPound e Fratelli d’Italia, resta da capire se il movimento sovranista “Torino Tricolore” farà parte della coalizione di Damilano. Gli esponenti del Pd locale attendono una dichiarazione da parte del candidato. “Damilano chiarisca”, afferma Lavolta, che ha deciso di correre alle primarie anche per dare continuità a una parabola politica che rischia di virare verso destra.

L’ex assessore che stava per candidarsi alle primarie, Gianna Pantenere, ha detto di aver rinunciato a correre per accogliere l’appello alla sintesi e all’unità del segretario nazionale. Lei perché ha deciso di candidarsi?

Quell’appello non l’ho mai letto. Ho letto una città che denunciava una distanza dalla politica, che non si sente coinvolta nelle strategie del governo, che sta scivolando verso destra. Che è medaglia d’oro della resistenza ma che dal 2016 in poi sembra predisposta al cambiamento purché sia tale, senza porsi domande sulle direzioni di marcia e le priorità da definire. Questa è la cosa che mi preoccupa di più. Senza evocare la discontinuità, parola utilizzata molto spesso dalla sindaca Appendino nella campagna elettorale del 2016 e  ora sento invocare verso di lei sia dal centrodestra che da alcuni candidati con cui corro alle primarie. Penso invece che si debba dare dignità a traiettorie lunghe, positive, che possano caratterizzare positivamente il futuro della città. Ci sono cose positive che ha fatto l’amministrazione di Fassino e altre che ha fatto anche la giunta Appendino a cui deve essere garantita continuità. Lasciamo perdere le cose negative.

Dunque sarebbe stato favorevole a un’alleanza con il M5S?

È da un anno che dico che mi piacerebbe che il centrosinistra si rappresentasse come una forza popolare, ampia, capace di caratterizzare un campo largo. Sono contento che a questo appello abbiano risposto due forze politiche, i Verdi e Articolo 1 e ho sempre detto che sono aperto al dialogo anche con il M5S perché è meglio che questo fronte progressista veda anche la partecipazione di chi è stato deluso dal centrosinistra negli anni. Dobbiamo recuperare quella energia e competenza, penso sia ipocrita prefigurare uno scenario di alleanza al secondo turno senza aver smarcato preventivamente i punti di contatto. La politica dovrebbe definire una piattaforma e un programma comune, 10 priorità condivise prima delle amministrative, farlo tra il primo e il secondo turno vorrebbe dire piegarsi ad accordi che potrebbero snaturare la proposta politica delle elezioni.

Sta dicendo che è ipocrita allearsi in vista del secondo turno se non è stato possibile farlo al primo? 

Sì, sarebbe un compromesso di necessità, non politico. Attribuisco alla parola compromesso un significato costituzionalmente rilevante. Lo fai però sulla base di dee chiare, sullo sforzo meditato, valorizzando i punti di contatto, non per necessità. Non perché costretto, anche perché così rischia di diventare inefficaci.

E perché il Pd non ha provato a trovare un’intesa con il M5S?

Anche il M5S non è stato lineare in questo dialogo. In alcune circostanze Appendino ha detto che era favorevole, in altre ha messo dei veti in particolare su uno dei candidati, Lorusso. In altre mi  è parso che fosse ancora in attesa di capire quale progetto Conte avrebbe messo in campo.

Questa parabola “ipocrita” potrebbe ripetersi anche a Roma, anello debole del progetto di costruzione di un campo largo con il M5S, in cui la corsa di un candidato unico al primo turno è sempre stata fuori discussione. Queste difficoltà cosa ci dicono della possibile alleanza giallorossa?

Ci dicono che, se come auspico, vincerà un candidato come me, che vuole allargare quel fronte, la responsabilità politica di tutta la coalizione sarà quella di migliorarsi con questa rinnovata sfida, l’unica dal mio punto di vista per provare a vincere in una città in cui il centrodestra da tempo ormai comincia a rafforzarsi.

Il candidato Damilano è l’unico candidato che nel panorama nazionale ha messo subito d’accordo i partiti di centrodestra in nome di un profilo moderato.

Leggo sui giornali locali che tra i supporters del candidato Damilano comparirebbe anche CasaPound, probabilmente così moderato questo candidato non è. Mi pongo questa domanda. Non c’è mai stata occasione di dibattito e confronto pubblico, cosa significa questo appoggio ce lo dovrebbero spiegare CasaPound, ma soprattutto Damilano.

Secondo lei non è così moderato e “civico” come si presenta? 

Lui magari è moderato, ma il profilo di un sindaco non è solo legato alla figura ma soprattutto a chi lo sostiene e comporrà il consiglio comunale. Io sono orgoglioso di essere appoggiato da un pezzo del Pd, da una forza politica nella quale mi riconosco, che sono i Verdi, e da una forza politica molto coerente con la mia storia politica e culturale, Articolo 1. Non ho scheletri nell’armadio, non sono paravento di una potenziale coalizione, ma ne sono orgoglioso. Chissà se il candidato Damilano può dire lo stesso.

Qual è la sua visione per Torino su due dei temi principali per la città: TAV e FCA?

Su Tav dico che molto semplicemente come le radici stanno alle piante le infrastrutture stanno alle imprese, e bene Fa il Pd a sostenerla. È inimmaginabile pensare che una città che guarda al futuro, ambiziosa come vorrei fosse Torino, sia tagliata fuori dai principali collegamenti. Dico che abbiamo un’opportunità da non sciupare, rafforzare il polo logistico più importante del nord ovest. Su Fca parto dall’orgoglio di un’azienda che ha fatto investimenti importanti nella salvaguardia della salute e nella sicurezza sui luoghi di lavoro. Mirafiori ha introdotto la robotica collaborativa e l’automazione in modo importante e significativo diventando uno stabilimento all’avanguardia. Quello che non posso esimermi dal denunciare è che una società che parla perlopiù francese, molto meno italiano e quasi per niente piemontese non valorizza gli investimenti fatti. Se ci fossero politiche industriali a livello regionale solide la politica tutta potrebbe rivendicare la bontà di quegli investimenti e in una fase delicata come questa candidarsi ad ospitare il terzo hub per le batterie elettriche, uno delle sfide che Stellantis si è posta. Con Marchionne abbiamo portato il car sharing elettrico a Torino, è arrivato il momento in cui la politica si faccia sentire.

Tornando alle primarie: a Bologna stanno dando filo da torcere al candidato del Pd. A Roma sono state organizzate dopo un periodo travagliato e l’esito sembra in parte già scritto. Qual è il valore aggiunto di questo appuntamento elettorale a Torino?

Valore aggiunto indiscutibile è quello della partecipazione democratica, della capacità di coinvolgere e convincere i cittadini ad esprimersi, a sostenere un candidato potenzialmente interprete delle loro visioni. Il punto di forza sta nella capacità di superare l’autoreferenzialità propria della politica e osare. Il punto di debolezza sta nel fatto che se non ci si crede fino in fondo, se non ci credono fino in fondo tutte le forze di coalizione e il principale partito della coalizione il rischio è la bassa partecipazione e affluenza. Quello che sto registrando qui: se non ci fosse un iper attivismo dei candidati non avremmo neanche la comunicazione che ci saranno le primarie del 12 e del 13 giugno. La coalizione dovrebbe fare di più nel comunicare questo importante momento di partecipazione democratica, che per il momento è abbastanza sottotono.

 

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