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Salvini: “Per abbassare le bollette stop al canone Rai”. La replica di Letta: “Fa gli interessi di Mediaset”

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Di fronte al pubblico di Pontida Matteo Salvini ha aggiunto un punto al suo programma: cancellare i 90 euro di canone Rai che si pagano insieme alla bolletta della luce. “Bisogna mettere 30 miliardi di euro adesso per bloccare l’aumento delle bollette della luce, altrimenti sarà un disastro” – ha spiegato durante un meeting a Torino – “E grazie a Renzi sulle bollette della luce da qualche anno c’è una tassa in più che tutti voi pagate, il canone Rai. Chi sceglie la Lega sceglie l’abolizione del canone Rai. Come tante altre televisioni si paghi da sola”.

“È evidente che Salvini è portavoce degli interessi di Mediaset” ha commentato il segretario dem Enrico Letta.

La riforma di Renzi che ha legato il canone alla bolletta elettrica aveva fato aumentare il numero dei paganti da 15 milioni a 21-22 milioni, facendo entrare così più o meno 1,9 miliardi di euro all’anno nelle casse dell’azienda. “Tagliando qualche spreco o qualche contratto milionario” la Rai riuscirebbe a compensare la cancellazione della tassa, secondo il leader leghista, che accusa l’emittente di finanziare “comizi di sinistra con i soldi dei cittadini”.

Cancellare il canone significa cancellare la Rai, e mettere sulla strada tutte quelle persone. Se Salvini ha un’idea alternativa su che cosa farci se ne può discutere, altrimenti detta così è solo una sparata demagogica” – ha commentato Michele Santoro all’Adnkronos – “Rimane la principale azienda culturale del Paese”. Così la presa di posizione del conduttore che ha conosciuto estensivamente i problemi della Rai, dalla quale fu allontanato nel 2002 per motivi politici.

Secondo il Post, il fatto di cambiare la modalità di pagamento del canone, separandolo dalle bollette della luce, era già previsto nel piano del Pnrr: la tassa diretta sarebbe stata sostituita da finanziamenti statali, comunque pagati dai contribuenti. Questo ricorda una proposta fatta dal M5S durante l’ultima legislatura, che prevedeva di finanziare il servizio pubblico con le tasse delle emittenti private. A quell’epoca altre voci, sopratutto quella di Calenda, reclamavano la privatizzazione dell’azienda.

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