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    Ex Ilva, il nuovo piano di Arcelor Mittal: “2.891 esuberi adesso e fino a 4.700 nel 2023”

    La proposta giunta al Mise tramite l'ad italiana di Arcelor Mittal, Lucia Morselli. Lo stesso piano prevede un aumento dei volumi di produzione. Il ministro Patuanelli: "Deluso. Tra venerdì e lunedì il governo presenterà un suo piano industriale". I sindacati: "Piano irricevibile". E proclamano uno sciopero per il 10 dicembre

    Di Carmelo Leo
    Pubblicato il 4 Dic. 2019 alle 18:03 Aggiornato il 4 Dic. 2019 alle 18:57

    Ex Ilva, il nuovo piano di Arcelor Mittal sugli esuberi

    Nel pomeriggio di oggi, mercoledì 4 dicembre 2019, Arcelor Mittal ha proposto un nuovo piano industriale sull’ex Ilva, valido per il periodo 2020-2024: la proposta prevede un piano di ben 4.700 esuberi, dei quali 2.900 da realizzare già nel 2020 e il resto entro il 2023. In totale, dunque, il numero dei lavoratori dell’ex Ilva passerebbe dagli attuali 10.789 occupati ai 6.098 del 2023.

    Il piano industriale è stato presentato dall’amministratrice delegata di Arcelor Mittal Lucia Morselli, nel corso del tavolo al Mise con il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, i sindacati, i commissari straordinari Ilva e i funzionari del ministero del Lavoro responsabili per crisi industriali e ammortizzatori sociali.

    I circa 1.800 esuberi previsti a fine piano, cioè nel 2023, sono gli addetti attualmente in carico all’amministrazione straordinaria e che, in base all’accordo del 6 settembre 2018, a fine piano dovevano essere riassorbiti da ArcelorMittal Italy.

    Lo stesso piano, inoltre, prevede un aumento dei volumi di produzione dagli attuali 4,5 milioni di tonnellate di acciaio ai 6 milioni dal 2021. Nel vecchio piano, quello presentato all’epoca della gara per l’acquisizione di Ilva, gli obiettivi erano 6 milioni di tonnellate nel 2020, 8 milioni nel 2023 e fino a 10 milioni in seguito grazie a forni elettrici.

    Morselli ha dichiarato al ministro dello Sviluppo economico e ai sindacati che nel 2023 l’azienda prevede anche la fine dell’attività del forno Afo2 e di conseguenza la diminuzione della copertura dei parchi dagli attuali 700 metri a 500. Inoltre, Arcelor Mittal prevede la marcia della sola linea D di agglomerato e la massa di produzione del forno elettrico ad Arco Eaf. Il nuovo Eaf, secondo le previsioni, con il caricamento di rottame e ghisa liquida farà sì che l’acciaio prodotto sia di qualità migliore.

    Le reazioni di Patuanelli e dei sindacati

    Al termine del tavolo sono arrivate anche le prime dichiarazioni di Patuanelli: “Sono molto deluso – ha dichiarato – l’azienda non ha fatto i passi avanti attesi. Tra venerdì e lunedì il governo presenterà un suo piano industriale che farà diventare Ilva un esempio di impianto industriale siderurgico, con uso di tecnologie sostenibili, con forni elettrici e altri impianti ecosostenibili per arrivare a una produzione di 8 milioni per tutelare livelli occupazionali”.

    “Noi – ha concluso Patuanelli – vogliamo far diventare lo stabilimento Ilva all’avanguardia nella produzione siderurgia europea. Su questo lo Stato, il governo, è disponibile a investire, ad essere presente, a partecipare e accompagnare l’azienda a questo percorso di transizione. Su queste basi siamo disponibili e ci sembrava che ci fosse una disponibilità dell’azienda che oggi non ho trovato nel piano illustrato”.

    Ancora più duri i sindacati, che hanno definito “irricevibili” i tagli annunciati da Arcelor Mittal e hanno proclamato uno sciopero per il prossimo 10 dicembre all’ex Ilva. “Non ci sono condizioni per aprire confronto per un accordo. Si deve ripartire dall’accordo di un anno fa, con i livelli occupazionali e investimenti indicati dal piano del 2018”, ha detto il segretario generale Cisl, Anna Maria Furlan.

    Sulla stessa lunghezza d’onda Maurizio Landini, segretario generale della Cgil: “Quello presentato al Mise da Arcelor Mittal Italia – ha detto – non è un piano industriale: è un progetto di chiusura nel tempo di Taranto e di Ilva. Abbiamo un accordo firmato un anno fa che prevede investimenti, 8 milioni di tonnellate di acciaio da produrre e quella è la base da cui partire. Per noi la discussione è possibile se si parte dall’accordo che abbiamo firmato”.

    Ex Ilva, i tempi per la trattativa

    I margini di tempo per la trattativa rimangono strettissimi: il 20 dicembre, termine ultimo per il negoziato concesso dal Tribunale di Milano con il rinvio dell’udienza sul ricorso d’urgenza presentato dai commissari Ilva contro il diritto di recesso vantato da ArcelorMittal, è sempre più vicino.

    A scandire tempi e ostacoli da superare c’è anche la messa a norma dell’altoforno 2, che per la tempistica fissata dalla magistratura va completata entro il 13 dicembre, ma che richiede ancora un anno di lavoro. Sulla richiesta di proroga per evitarne lo spegnimento, presentata dagli amministratori straordinari dell’ex Ilva, il giudice si pronuncerà a ridosso della scadenza, dopo aver ricevuto entro il 5 dicembre la relazione del custode giudiziario e dopo il parere della procura atteso per il 9 dicembre.

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