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    L’eroismo dei cittadini europei: danno ancora fiducia all’Ue e dicono no ai sovranisti

    Di Luca Serafini
    Pubblicato il 27 Mag. 2019 alle 08:55 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 01:56

    Elezioni europee 2019 – Il terremoto politico, con il temuto sovvertimento dei rapporti di forza in Europa, non c’è stato (qui tutti i risultati delle elezioni).

    Il tavolo non è stato ribaltato, come i leader sovranisti avevano proclamato in campagna elettorale. L’Ue resta a trazione moderata, con popolari e socialisti che hanno tenuto botta, seppur in calo rispetto al 2014 e non in grado di formare da soli una maggioranza (qui vi spieghiamo come sarà il nuovo parlamento Ue).

    I cittadini europei, nonostante l’incapacità dell’Ue di far fronte alla crisi migratoria, nonostante la crescente sfiducia nei processi di globalizzazione economica con cui l’Europa si identifica, nonostante la distanza delle istituzioni europee dai cittadini e il loro persistente deficit democratico, non sono ancora disposti a rinunciare al sogno dei padri fondatori.

    Hanno dato una prova di eroismo civico, milioni di europei, decidendo di non cedere alle seduzioni della retorica sovranista sebbene, a conti fatti, avessero validi motivi per far pagare alle forze moderate che hanno guidato l’Europa finora un conto salatissimo.

    I sovranisti hanno sfondato in Italia (qui i risultati italiani), si sono affermati come primo partito in Francia, dove però i consensi del partito di Marine Le Pen sono rimasti pressoché invariati rispetto al 2014. Hanno fatto il pieno di voti in Ungheria, e hanno beneficiato dei disastri di Theresa May sulla Brexit nel Regno Unito.

    Ma, nel complesso, non hanno sfondato. In Germania l’Afd, il partito di estrema destra, è cresciuto di soli tre punti, dal 7 al 10 per cento.

    In Spagna Vox dovrebbe fermarsi al 6 per cento. In Austria lo scandalo che ha colpito l’ex vicecancelliere Strache ha avuto effetti disastrosi sull’Fpoe, rafforzando così il fronte moderato ed europeista.

    In Olanda Geert Wilders, alleato di Salvini, rischia di non ottenere nemmeno un seggio. In Slovacchia, paese del blocco di Visegrad, il partito della presidente Zuzana Caputova, europeista convinta, è dato in testa dagli exit poll.

    In Danimarca gli euroscettici (Partito del popolo danese) sono letteralmente crollati, passando dal 26 al 10 per cento, tutto a beneficio di forze liberali ed europeiste.

    Nel nuovo parlamento europeo, il Ppe (popolari) dovrebbe avere 177 seggi, i socialisti 147 e l’Alde (liberali) 101. Tra questi, solo l’Alde ha aumentato i seggi, in gran parte per l’effetto Macron, che pure è uscito sconfitto in Francia, superato dalla Le Pen.

    I gruppi sovranisti, quello di Salvini e quello di cui fa parte Fratelli d’Italia, vedono invece aumentare i seggi rispetto al 2014, ma in misura appunto non sufficiente per ribaltare i rapporti di forza.

    Il boom dei Verdi, su posizioni europeiste praticamente in tutti i paesi, rafforza la percezione di una sostanziale tenuta delle forze pro-Ue.

    Elezioni europee 2019 | L’eroismo pro-Ue  – I cittadini europei hanno fatto capire di non voler buttare via il bambino con l’acqua sporca, di voler cambiare l’Europa intesa come casa comune senza tornare all’Europa delle nazioni.

    Non solo non era scontato, ma come detto si tratta di un gesto di eroismo civico. Non è però, e questo dovrà essere chiaro alle forze moderate, una cambiale in bianco.

    La scorza dei cittadini europei è dura: riaffermare determinati valori nonostante la comprovata difficoltà, per non dire incapacità, dell’Europa di prendere decisioni su temi di importanza decisiva, è per certi versi commovente.

    L’avanzata dei sovranisti è stata frenata, il nazionalismo continuerà ad essere opposizione nel prossimo quinquennio. Ora però per popolari, socialisti e liberali (ma anche per i verdi) inizia la partita più difficile.

    L’Europa va riformata, cambiata in fretta nelle tante cose che non funzionano. Mancare questa ennesima opportunità significherebbe tradire la fiducia di chi poteva scegliere di staccare la spina, e che invece ha preferito perseverare con ostinazione nel sogno di un’Europa unita e realmente in grado di fare gli interessi dei suoi cittadini.

    La fiducia nelle cose terrene non è però mai un atto di fede assoluto ed incondizionato. Se l’Europa non si mette davvero in marcia, al prossimo giro chi deciderà di voltarle le spalle sarà legittimato a farlo.

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