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    Caso Zaki, Di Maio: “Più ne parliamo, più l’Egitto si irrigidisce” | VIDEO

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 7 Mag. 2021 alle 19:02

    Caso Zaki, Di Maio: “Più ne parliamo e più l’Egitto si irrigidisce” | VIDEO

    “Più parliamo del caso Zaki e più l’Egitto si irrigidisce”: lo dichiara il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in merito al caso del ricercatore egiziano detenuto in patria in attesa di processo dal febbraio 2020.

    Ospite della trasmissione L’Aria che tira, in onda su La7 nella mattinata venerdì 7 maggio, Di Maio ha commentato il caso partendo dalla decisione del Parlamento di conferire la cittadinanza italiana a Patrick Zaki: “Da quando sono arrivato al ministero degli Esteri grazie al lavoro con l’Intelligence abbiamo riportato a casa tutti i cittadini italiani che erano rapiti o in stato detentivo ingiusto”.

    “Zaki – ha aggiunto – purtroppo è un cittadino egiziano. Tutte le iniziative sono meritorie, però più aumenta la portata mediatica del caso e più l’Egitto reagisce irrigidendosi”.

    “Tutti quelli che abbiamo portato a casa in questi 3 anni, voi avete avuto la notizia quando avevano messo piede in Italia. Abbiamo sempre lavorato in silenzio”.

    “È legittimo – sottolinea Di Maio – portare avanti le campagne di solidarietà. L’unica cosa che dico è non ci illudiamo che dall’altra parte otteniamo un risultato facendo così nonostante io consideri meritorie tutte le iniziative. Vorrei solo dire che quei Paesi reagiscono irrigidendosi e chiudendo i canali di collaborazione”.

    Le dichiarazioni del ministro degli Esteri hanno provocato la reazione di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che ha affermato: “Se non fosse stato per la mobilitazione della società civile e per il sostegno dei mezzi d’informazione in questi 15 mesi, la drammatica situazione di Patrick Zaki avrebbe rischiato di finire dimenticata. Il silenzio è proprio ciò che aiuta governi repressivi a continuare a commettere violazioni dei diritti umani”.

    “Qui non stiamo parlando di un sequestro compiuto da un gruppo armato con cui negoziare in silenzio, ma di un prigioniero di coscienza in carcere da 15 mesi e privato di ogni suo diritto dalle autorità di uno stato amico dell’Italia col quale sarebbe necessario alzare la voce e non abbassarla”.

    Leggi anche: Il messaggio di Patrick Zaky dal carcere: “Resisto, grazie per il supporto”

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