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    L’ironia della Brexit: cittadini inglesi “costretti” a votare alle europee

    Di Carmelo Leo
    Pubblicato il 17 Apr. 2019 alle 08:36 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:05

    BREXIT ELEZIONI EUROPEE – Manca quasi un mese alle elezioni europee 2019 e ancora ci sono tanti punti interrogativi su quello che TPI ha definito il voto più importante della storia. Emergono grandi dubbi non tanto sui prossimi equilibri nel Parlamento europeo, quanto sul numero dei membri dell’assemblea. E il motivo sta tutto in una parola: Brexit. 

    L’ennesimo rinvio dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, prima dal 29 marzo al 12 aprile, adesso fino a fine ottobre, costringe infatti i cittadini inglesi a partecipare alle elezioni. Una tornata elettorale, quella che si terrà tra il 23 e il 26 maggio, a cui la Gran Bretagna arriva senza particolari aspettative o interessi. E soprattutto senza un’organizzazione adeguata.

    L’ultimo accordo raggiunto dalla premier britannica, Theresa May, con i vertici dell’Unione europea prevede infatti che, se non verrà approvato l’accordo di ritiro di Londra dall’Europa entro il 22 maggio, il Regno Unito dovrà recarsi alle urne.

    In quel caso, il Parlamento europeo – ridotto da 751 a 705 membri in vista della Brexit – tornerebbe alla sua composizione originaria. E il popolo inglese andrebbe a eleggere “pro-tempore” i suoi 73 rappresentanti a Strasburgo.

    È infatti indubbio che, semmai arriverà quel momento, quando verrà formalizzata la Brexit tutti gli eurodeputati inglesi dovranno lasciare il Parlamento europeo. Lasciando il loro seggio ai primi candidati non eletti negli altri Stati membri, secondo la suddivisione stabilita dall’Ue.

    L’unico modo, per il Regno Unito, di non partecipare alle europee sarebbe quello di approvare l’accordo di uscita entro il 22 maggio. Attualmente, una vera e propria utopia. May, infatti, non dispone dei numeri in Parlamento. E, finora, i suoi appelli all’ala Labour di Westminster sono caduti nel vuoto.

    A ciò bisogna aggiungere anche l’ostilità di alcuni paesi membri, su tutti la Francia. Il presidente transalpino Emmanuel Macron non ha infatti nascosto un certo fastidio per il continuo rinvio della Brexit.

    Il problema, infatti, sta nel fatto che finché rimane nell’Ue il Regno Unito mantiene tutti i suoi poteri. Tra cui quello di partecipare all’elezione del prossimo presidente della Commissione europea.

    Così, la Gran Bretagna si prepara a quello che, in fondo, considera un voto inutile. E soprattutto costoso. Si stima infatti che organizzare le elezioni europee costerà ai cittadini britannici intorno a 109 milioni di sterline.

    Gli esiti del voto europeo, riguardo al Regno Unito, sono inoltre molto incerti. Nel 2014, a sbancare fu l’Ukip, il partito euroscettico di Nigel Farage, uno dei maggiori fautori della Brexit. Anche quello del 2019, però, rischia di trasformarsi in uno pseudo-referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Europa.

    E ancora una volta Farage si presenta con un partito che è tutto un programma: il “Brexit Party”. Obiettivo: tornare a spingere per un leave in tempi brevi raccogliendo i voti dei delusi dalla May. Che al momento sono tantissimi.

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