Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 17:00
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Opinioni

Una vita al fronte armato di bisturi: così Gino Strada ha curato sei milioni di persone in tutto il mondo

Immagine di copertina
Credit: Ansa

Se n’è andato questa estate, proprio nel giorno in cui i talebani riconquistavano l’Afghanistan e realizzavano la sua ennesima, laica, profezia controcorrente. Perché Gino Strada non è mai stato un uomo per epigrafi, medaglie, pensierini edificanti.

Nessuno sapeva della sua malattia, sua moglie Teresa era scomparsa prima di lui, sua figlia Cecilia era in una barca in mezzo al Mediterraneo. Strada è rimasto fedele fino in fondo alla sua maschera burbera, non voleva santificazioni in morte, soprattutto da chi fino al giorno prima lo bollava come “estremista”, o “amico dei terroristi”. Gino Strada, classe 1948, da Sesto San Giovanni, confine di Milano, quella che fu chiamata “la Stalingrado d’Italia”.

Strada non fu mai personaggio ecumenico, santone buonista, “pacifista” da vetrina. Fu leader, polemista, combattente, moderno Savonarola, uno che amava sporcarsi le mani. Basta leggere le intensissime righe sul triage di guerra nel suo bellissimo “Pappagalli Verdi” (il suo primo best seller) per capire che per Gino, tutta la sua storia personale – dai movimenti ad Emergency – era scandita da una costante: stare da una parte. Non voler piacere a tutti, era capace di scelte solitarie, anche quando voleva dire “decidere chi vive e chi muore”. Fare il chirurgo di guerra per lui significava «Stare dalla parte di chi paga il prezzo delle guerre sotto le bombe, e non ha voce»…
Continua a leggere l’articolo sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui

Ti potrebbe interessare
Opinioni / Il paradosso dell’Ucraina: quando le elezioni non garantiscono la democrazia (di A. Lanzetta)
Opinioni / La polarizzazione politica non lascia fuori nemmeno le app di incontri (di S. Mentana)
Esteri / Il piano di Trump è l’unica via possibile per la pace in Ucraina (di F. Bascone)
Ti potrebbe interessare
Opinioni / Il paradosso dell’Ucraina: quando le elezioni non garantiscono la democrazia (di A. Lanzetta)
Opinioni / La polarizzazione politica non lascia fuori nemmeno le app di incontri (di S. Mentana)
Esteri / Il piano di Trump è l’unica via possibile per la pace in Ucraina (di F. Bascone)
Opinioni / Rimettiamo al centro il capitale umano (e chi lo sostiene) - di G. Gambino
Esteri / Ecco cosa ho visto nella Cisgiordania strangolata dal regime di Netanyahu (di L. Boldrini)
Cronaca / La famiglia del bosco e il nostro bisogno di definizione (di L. Tomasetta)
Opinioni / Nelle città che cambiano sono le persone a disegnarne i confini (di S. Mentana)
Opinioni / La nuova era dell’energia (di G. Gambino)
Opinioni / Un’economia fondata sull’eredità è un’economia ferma (di G. Gambino)
Esteri / La disaffezione per la politica non è invincibile: la lezione per la sinistra che arriva da New York (di R. Parodi)