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    Se per lo Stato i 16enni non sono abbastanza maturi per guidare, perché mai dovrebbero esserlo per votare?

    Far votare i 16enni è solo una soluzione superficiale: diamo alle coscienze il tempo di crescere. Il commento di Luca Telese

    Di Luca Telese
    Pubblicato il 1 Ott. 2019 alle 10:58 Aggiornato il 1 Ott. 2019 alle 20:45

    Se per lo Stato i 16enni non sono abbastanza maturi per guidare, perché mai dovrebbero esserlo per votare?

    Ho detto, con una battuta, che sarei favorevole al voto ai sedicenni a patto che sottoscrivessero un impegno a non usare mai la PlayStation. Ma il vincolo – in senso metaforico – ovviamente dovrebbe essere esteso anche agli adulti. In democrazia, però, i diritti non si acquisiscono in base al merito, quanto per requisito anagrafico.
    Il tema tuttavia, provocazioni a parte, è questo: a sedici anni si possono coltivare grandissime passioni, anche quella di cambiare il mondo, ma non si ha l’obbligo di aver elaborato una coscienza civile.

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    Le leggi di uno Stato, sopratutto quelle che hanno a che vedere con la cittadinanza (e con la rappresentanza), non devono contemplare le opzioni del possibile (ad esempio il fatto che esistano giovani con grande senso di responsabilità) ma piuttosto con il vincolo della necessità (esistono tanti imbecilli che votano, malgrado la loro scarsa attitudine). Quindi traduco: se io per lo Stato non sono abbastanza maturo al punto da consentirmi di guidare una macchina, perché mai dovrei diventarlo addirittura fino ad essere in grado di individuare un leader? E se per lo Stato non sono “maturo” dal punto di vista scolastico, perché mai dovrei esserlo da quello elettorale, al punto da potermi farmi una mia autonoma idea politica sul presente?

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    I programmi dell’ultimo anno delle scuole superiori non sono un inutile orpello nella formazione di uno studente, ma sono il terreno in cui i ragazzi prendono contatto con la storia del Novecento e scoprono – generalmente – perché mai viviamo in una Repubblica e non in un Emirato, perché abbiamo la fortuna di disporre di una Costituzione e non di un semplice regolamento condominiale. Con l’esame di maturità i ragazzi scoprono quello per cui secondo i suoi professori maturano i requisiti minimi per entrare da adulti nel tempo delle scelte. Quindi, forse, la soluzione più superficiale e più fatua è proprio chiedere l’estensione del diritto di voto ai 16enni.

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    Che sarebbe come concedere l’uso della macchina a qualcuno che non ha ancora sostenuto l’esame per la patente. Nel sistema elettorale terribilmente censitario di fine ottocento i socialisti dovevano insegnare agli analfabeti a fare la propria firma per consentire loro di poter esprimere il voto. Era il simbolo, quel rito di accesso, di una odiosa barriera di classe, che discriminava – in un paese di analfabeti – gli strati più poveri della popolazione. Oggi sarebbe folle passare da un estremo all’altro, dagli esami di attitudine al tana libera tutti. Dobbiamo dare alle coscienze il tempo di crescere, sapendo che anche quando si gioca con gli aggettivi il contrario di “elitario” non è “inflazionato”, ma democratico.

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