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Lo spirito delle primarie aperte premia Schlein

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Il voto più combattuto di sempre consegna la vittoria all’outsider della vigilia. Alcuni dati raccontano la scelta degli elettori

Nel partito diviso per eccellenza, su una cosa saranno tutti d’accordo: le primarie del 26 febbraio sono state quelle dal risultato più aperto e combattuto nella storia del Partito Democratico, nonostante una campagna che non sembra essere mai realmente decollata.

In attesa che la segreteria dem diffonda i dati definitivi, l’inattesa vittoria di Elly Schlein è arrivata con una percentuale che sembra attestarsi intorno al 53 per cento, staccando di circa sette punti il rivale Stefano Bonaccini. Il minor margine nella storia delle primarie.

Il dato che molti hanno notato è anche che per la prima volta a prevalere è una candidata che non era risultata maggioritaria nel voto degli iscritti che precede quello nei gazebo aperto a tutti, in cui Schlein si era fermata circa 18 punti sotto Bonaccini. Se questo fatto può sembrare insolito e fino a questo momento inedito, giusto o sbagliato rappresenta una possibilità chiaramente contemplata nell’iter di selezione del leader PD, in cui le primarie si basano sull’apertura a tutti coloro che si sentono rappresentati dai valori del partito. Un elemento che forse mostra una discrepanza di vedute tra militanti ed elettori dem.

Per quanto sia la prima volta che le scelte degli iscritti vengano ribaltate nei gazebo, era già accaduto che tra i due voti ci fossero discrepanze evidenti. Nel 2013, ad esempio, Matteo Renzi vinse con circa il 45 per cento dei voti tra i tesserati, con un vantaggio di circa sei punti su Gianni Cuperlo, e crebbe di oltre 20 punti nel voto aperto, raggiungendo il 67 e facendo crescere il divario con Cuperlo a quasi 50 punti: non venne ribaltato l’esito, ma l’entità della vittoria cambiò in modo notevole.

Guardando la geografia elettorale, si può notare un dato interessante che ha contribuito alla vittoria di Schlein. In questo voto con i due sfidanti più vicini che mai, anche la mappa ne ha risentito, facendosi più frastagliata. Una caratteristica però è che la neoeletta segretaria risulta ampiamente vincente nelle aree urbane e in modo particolare nei loro centri storici, da anni tra i maggiori serbatoi di voti per il PD. Un elemento che mostra come, pur non vincendo tra gli iscritti, Schlein sia riuscita a ottenere ampi consensi tra gli elettori tradizionalmente più vicini al partito, e che pur essendo vista come una figura in grado di rendere più saldo il dialogo con i Cinque Stelle, ottenga più consensi proprio dove il partito di Conte è meno forte.

Riuscirà Schlein, fresca di tessera PD, prima segretaria del partito a non provenire né dai DS né dalla Margherita, a soddisfare questa richiesta di cambiamento e tenere unito un partito che facilmente si espone alle lacerazioni? Riuscirà a far mantenere ai dem il loro ruolo di perno del centrosinistra e costruire un’alleanza definita, quale essa sia? Riuscirà a dare al PD un’identità senza che si sovrapponga a quella di altre forze politiche? Gli elettori hanno parlato, adesso tocca a lei.

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