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    Salvate il soldato Vittorio Feltri

    Credit: Ansa foto
    Di Fabio Salamida
    Pubblicato il 14 Apr. 2020 alle 20:40 Aggiornato il 15 Apr. 2020 alle 15:13

    Che Vittorio Feltri sia sempre stato un personaggio sopra le righe è fatto noto. Si potrebbero citare a tal proposito decine di articoli e titoli da denuncia a sua firma, di frasi deliranti, di battute sessiste o da bar sport pronunciate negli studi televisivi, nonché centinaia di “perle” condivise sui social network in epoca recente.

    Il Feltri-pensiero (si fa per dire) traspare ogni giorno sulle prime pagine di Libero, prodotto editoriale che si posiziona in quella zona grigia sulla linea di confine tra un giornale satirico e i rotoloni regina. Impossibile non citare la celebre copertina con quel “patata bollente”, all’indirizzo di Virginia Raggi, che gli è costata un rinvio a giudizio per diffamazione aggravata, o grandi classici come “Il Pd vieta la gnocca”, “Veronica velina ingrata” (dedicato a Veronica Lario, ex moglie di Silvio Berlusconi), “Comandano i terroni”, “Calano fatturato e Pil, ma aumentano i gay”, “Renzi e Boschi non scopano”, “La rompiballe va dal Papa” (sulla visita di Greta Thunberg in Vaticano), o i più violenti “Bastardi islamici” e “Per stendere Renzi bisogna sparargli”.

    L’ultima performance del giornalista classe ‘43, è di poche ore fa: si tratta di un tweet con cui ha chiesto ai suoi seguaci: “Rocco Casalino e Giuseppe Conte sono amichetti? Forse sì forse no. Ditemelo voi”.

     

    L’insinuazione – per niente velata – di una presunta relazione tra il Presidente del Consiglio e il suo portavoce, data in pasto alla rete senza un reale motivo sul finire della Pasquetta, con quella immagine cruda che per forza di cose si materializza mentre gli apparati digerenti sono ancora impegnati a smaltire casatielli e pastiere, ne potrebbe far sorgere un’altra: Vittorio Feltri ha dei problemi che influiscono sui suoi comportamenti e producono queste sue uscite estemporanee? Forse sì, forse no. In ogni caso sono fatti suoi.

    A essere un po’ meno “fatti suoi” è il modo con cui le sue stravaganze più o meno spontanee vengano utilizzate per costruire intorno al direttore di Libero tutto un indotto di share, di condivisioni social e di fotogrammi da vendere a un pubblico affamato di spazzatura. E se le puntuali cinque righe di citazione del suo giornale con titolo “acchiappa click” fanno ovviamente parte di una collaudata strategia commerciale di quart’ordine, sarebbe forse il momento che un certo mainstream la smettesse di sfruttare quelle che con ogni probabilità sono le debolezze di un uomo per far soldi. Ogni riferimento agli autori di certi talk show non è puramente casuale.

    È vero, viviamo in un’epoca strana in cui si può vendere di tutto: c’è chi guadagna un sacco di soldi spedendo la sua biancheria intima usata in Giappone dopo averla confezionata sottovuoto come fosse salmone affumicato (si chiama Pantyselling), ma fare business utilizzando un signore di una certa età e la latitanza dei suoi freni inibitori è una cattiveria.

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