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Roma sta tornando a crescere?

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Credit: Unsplash

Dopo decenni in cui nessuna amministrazione è riuscita a rendere la Capitale all’altezza di una metropoli internazionale, oggi Roma appare una città che torna a crescere o, quanto meno, a farsi desiderare

Non chiamatela rivincita. E meno che mai sorpasso. Quello che da qualche anno accade a Roma ha, sinceramente, un che di sorprendentemente misterioso. In senso positivo. 

Spieghiamo i fatti: dopo decenni in cui tutte le amministrazioni che si sono succedute non sono riuscite a rendere la capitale italiana all’altezza di una metropoli internazionale, nonostante il suo bagaglio storico e le potenzialità inestimabili, oggi per la prima volta Roma appare una città che torna a crescere o, quanto meno, a farsi desiderare. Sotto vari profili e punti di vista. 

Analizziamoli. Pur con mille difficoltà e incognite all’orizzonte, Roma vive un momento di semi-fioritura. Non è splendore e nemmeno un boom esplosivo urbanistico quanto piuttosto un inanellarsi fortuito e forse anche casuale di cantieri e novità infrastrutturali e sociali che rendono la città, per i romani, tollerabile e meno invisa rispetto a quanto non lo fosse prima, e per gli stranieri una piccola oasi sempre baciata dal sole leggermente più accogliente. 

Non che Roma sia oggi una sim city da sogno: nulla di più lontano. Per chi ci vive, ancora oggi, è oggettivamente tutto abbastanza complicato. 

In primo luogo Roma è in realtà almeno dieci città insieme. E va da sé che il centro sia una cosa, e tutto il resto sortisca effetti e patisca conseguenze che sotto i riflettori si accendono al massimo una volta l’anno. 

La mobilità della città (paragonabile alle arterie del corpo umano) è ancora oggi un ostacolo gigantesco essendo dominata ancora perlopiù da automobili anziché da servizi del trasporto pubblico affidabili. 

Non solo: nonostante i miglioramenti, lo sporco c’è ancora, e non basteranno forse nemmeno dieci mandati di amministrazioni modello a migliorarlo drasticamente (viene il dubbio che la città sia proprio impossibile da pulire). 

Di più: nonostante un impoverimento generale della popolazione e lo stallo dei salari nel Paese, Roma è diventata estremamente più costosa (affitti/ristoranti/hotel, eccetera). Comprare casa e crescere figli, complice la situazione devastante degli asili nido, è spesso una chimera. 

Per chi investe, poi, Roma è ancora oggi meno desiderabile rispetto a Milano e meno che mai rispetto ad altre capitali estere: chi lo fa è per una mera ragione di cuore e di amore verso l’unicità della città, non certo per i servizi, incapaci di soddisfare una clientela executive

Sebbene gli hotel a 5 stelle siano proliferati come funghi (una buona notizia), la naturale conformazione della città, sotto ogni profilo, non rende possibile l’innesto di una clientela internazionale nella capitale d’Italia in grado di contribuire, con una nuova linfa vitale, a rendere più attraente il mondo delle imprese e del lavoro ancora fortemente stagnante quando non paralizzato (anche più che nel resto del Paese). 

Ma qualcosa, nonostante tutto questo, inizia a muoversi. E perciò, in questo senso, il paragone con Milano è d’obbligo, nel senso che – forse più per demeriti milanesi (una Dubai dei poveri ma con i salari degli italiani) che per meriti prettamente romani – oggi Roma sembra per la prima volta guardare al futuro anziché arrovellarsi come sempre nel suo ventre paralizzante e passivo. 

Parte di questa nuova enfasi è dovuta alla fortuna e a una serie di concause che stanno favorendo questa rinascita; un’altra parte di ciò è merito del sindaco Roberto Gualtieri e del suo team (in particolare Daniele Cinà si è distinto sui social favorendo una status-symbolizzazione del primo cittadino che si è rimboccato le maniche e messo l’elmetto quello giusto). 

Ma c’è anche la capacità dell’amministrazione comunale di porsi in modo costruttivo di fronte alle grandi sfide strutturali, dalla gestione energetica a quella dei rifiuti passando per le politiche abitative e per le famiglie, nonché una limitazione del turismo utile solo a chi morde e fugge la città, non chi la vive. 

Guai però a cantare vittoria. C’è ancora tanto, tantissimo, da fare: la sciatteria, la pigrizia, il pressappochismo, il civismo sotto le scarpe, la peculiare omertà, vanno sconfitte con esempi virtuosi alternativi. Che favoriscano tutti. I romani non vogliono miracoli, ma la normalità di una città funzionante.

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