La Resistenza è viva perché parla di domani

La difesa della Costituzione, la lotta contro la precarietà, il contrasto alle mafie e ai femminicidi. Il 25 aprile ognuno scende in piazza con una motivazione diversa. Ora sta ai giovani raccogliere il testimone dei partigiani
Quando Enzo Biagi tornò in Rai, dopo l’esilio provocato dall’editto bulgaro, volle dedicare la prima puntata di Rt – Rotocalco Televisivo alla Resistenza di cui era stato protagonista da ragazzo e alle resistenze contemporanee. Era il 22 aprile 2007 e quel programma ci è rimasto nel cuore. Forse perché è stato l’ultimo, peraltro con lo stesso titolo del primo: una delle tante innovazioni che aveva apportato da direttore del telegiornale. Più probabilmente, però, lo abbiamo amato perché ci ha ricordato una grande verità, già all’epoca taciuta: la resistenza non è mai finita e, soprattutto, non deve finire. La resistenza è ogni giorno.
È resistenza quella di Roberto Saviano (quella sera suo ospite in studio) contro la criminalità organizzata ed è resistenza quella dei giovani precari; è resistenza quella di ragazze e ragazzi che si battono per una scuola e un’università migliori ed è resistenza quella delle donne contro stupri, violenze e femminicidi; è resistenza quella di chi chiede un servizio pubblico libero da lobby e partiti ed è resistenza quella di chi è costretto ad affrontare la malattia nel contesto di una sanità, a sua volta, malata; la Resistenza è il programma politico della Costituzione, per questo è parte essenziale della nostra vita e della nostra quotidianità.
E sbaglia chi pensa di poter decidere gli argomenti di cui si parla il 25 aprile, specie quest’anno. Ognuno scenderà in piazza con una motivazione diversa e tutte saranno rispettabili. Allo stesso modo, sbaglia chi pensa di poter confinare la lotta di liberazione dal nazi-fascismo al biennio ’43-’45 perché questo mostro, come vediamo in tutto l’Occidente, è ancora fra noi e non può essere sottovalutato.
La Resistenza è viva perché parla di domani, specie ora che quasi tutti i suoi protagonisti se ne sono andati, lasciandoci un’eredità straordinaria della quale dobbiamo dimostrare di essere all’altezza. E parla di domani perché, oggi più che mai, vivere significa essere «cittadini e partigiani», come sosteneva Gramsci due anni prima che venissero fondati i Fasci di combattimento.
Contro l’eterno fascismo italiano, che storicamente ha avuto il volto delle stragi, della P2 e di tante, troppe trame oscure, è indispensabile non limitarsi a un omaggio di maniera ma raccogliere il testimone di quella battaglia di popolo e farsene interpreti nella quotidianità.
La mia generazione è stata l’ultima ad avere il privilegio di incontrare chi aveva combattuto per restituirci dignità e libertà. Raccontiamo ai ventenni di adesso le nostre esperienze, rispondiamo con gentilezza a ogni domanda, preserviamo quel brandello di democrazia che ancora ci è rimasto. E infine facciamo leggere loro i versi conclusivi dell’epigrafe dedicata da Calamandrei al «camerata Kesselring», che chiedeva un monumento per i crimini compiuti: «Su queste strade se vorrai tornare / ai nostri posti ci ritroverai / morti e vivi collo stesso impegno / popolo serrato intorno al monumento / che si chiama / ora e sempre / Resistenza».