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Il “Grande Fratello dei politici”: perché non trasformare direttamente le elezioni in un reality? (di G. Carcasi)

Immagine di copertina

Un tempo l’avremmo chiamata “campagna elettorale”, ma negli ultimi anni c’è stata una tale rivalutazione della campagna e una tale svalutazione delle elezioni, che accostare i due termini risulta stridente. Di certo nei partiti non si respira più l’aria salubre dei terreni rurali né s’intravedono le cime dei paesaggi montani. Assomiglia piuttosto a un “mare elettorale” la massa informe nella quale sguazzano politici di specie diverse, boccheggiando ininterrottamente, come se vincesse chi ha più voce: tutti i “fiumi di parole” dei Jalisse sono confluiti in questo mare.

S&D

Come un’onda, anche la messa in onda è implacabile: “Un posto in Parlamento” è la soap opera dell’estate, trasmessa a reti unificate, ventiquattro ore su ventiquattro. Certi senatori sembrano diventati “senattori”, consumati divi alla conquista dell’elettorato tramite i trucchetti del mondo dello spettacolo: la suspense, il colpo di scena… Ma sono tecniche che ormai sappiamo a memoria e a volte si ha l’impressione di assistere a una sceneggiata più che a una sceneggiatura. È umanamente possibile seguire una telenovela tutto il giorno tutti i giorni fino al venticinque settembre? È vero che “Un posto al sole” viene trasmesso da venticinque anni, ma almeno ci viene somministrato in dosi omeopatiche di una sola puntata quotidiana di mezz’ora scarsa.

A questo punto, da telespettatrice prima ancora che da elettrice, mi chiedo: perché non trasformare direttamente le elezioni in un reality? Dopo il “GF” e il “GF Vip”, il “GF Politici”! I candidati leader dei vari partiti verrebbero chiusi nella stessa casa e ripresi costantemente con le telecamere. Partendo dal presupposto che con gli attuali dibattiti televisivi non si riesce a capire nulla, con un reality si capirebbe almeno come e quanto mangia ciascun politico, chi ruba il cibo dalla dispensa comune, chi cucina per gli altri, chi lascia il bagno sporco, chi tiene la camera in disordine, chi a parole fa tutto ma a fatti niente, chi esiste soltanto appoggiandosi a un gruppo, chi è leale, chi nel confessionale scredita gli alleati. Non potrebbero essere dissimulate a lungo abitudini e attitudini né potrebbe essere nascosto il linguaggio proprio di ciascuno e quindi il pensiero: privati di ghost-writers e consulenti a vario titolo, gli aspiranti leader sarebbero costretti a esprimersi per quelli che sono. Giorno dopo giorno, avremmo l’occasione di osservare i comportamenti anziché gli atteggiamenti. Forse si rivelerebbe il più omofobo, razzista e classista, chi predica l’esatto contrario. Forse scopriremmo il valore di chi non è abile ad attirarsi simpatie: in genere le monete false brillano più di quelle vere.

Il venticinque settembre, uscendo dalla casa del “GF”, tra i palloncini e le rose verrebbe nominato il vincitore.

Pensiamoci. Magari il pubblico televisivo è più sovrano del popolo.

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