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Sui diritti umani c’è ancora tanto da fare, ma le donne iraniane ci ricordano ciò per cui vale la pena lottare

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Quando penso al tema della violenza sulle donne, non posso che cominciare la riflessione proprio dal termine ‘violenza’ il quale, oggi, noi diamo spesso per scontato ma che, nella legislazione internazionale, non fu utilizzato e riconosciuto fin da subito.

Infatti, la prima pietra miliare sull’argomento ed il principale trattato internazionale in materia di diritti umani delle donne, ossia la “Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro la Donna”(CEDAW) del 1979, non contiene neanche il termine ‘violenza’, ma parla solo di ‘discriminazione’.

Nei 10 anni successivi, donne in tutto il mondo si mobilitarono con lo scopo di portare l’attenzione della comunità internazionale sull’importanza del tema e sulla sua scarsa elaborazione giuridica – scarsa ricostruzione, che, consequenzialmente, si rifletteva con lacune di tutela concrete.

Alla stregua di ciò, dopo la Conferenza di Vienna sui diritti umani del 1993, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, varò la “Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne” il 20 dicembre dello stesso anno. Essa fornì, per la prima volta, una definizione – seppur ampia – di violenza contro le donne: “qualunque atto di violenza sessista che produca, o possa produrre, sanno o sofferenze fisiche, sessuale o psicologiche, ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che privata”.

Prima di terminare con una riflessione sulla situazione attuale, non posso non ricordare che il nuovo Millennio iniziò proprio dalle statuizioni e dai buoni propositi formulati all’interno Conferenza di Pechino del 1995 dove – ormai – il tema della violenza contro le donne era diventato talmente  centrale che nella stessa Dichiarazione finale dell’Assemblea del Millennio, si pone la lotta alla violenza delle donne come uno degli obiettivi delle Nazioni Unite del 2000.

Arrivando ai giorni nostri, l’eliminazione della violenza contro le donne é sicuramente un obiettivo ancora lontano però ci sono anche delle belle notizie e presupposti.

Sima Bahous, direttrice esecutiva di UN WOMEN, parla della violenza sulle donne come “crisi globale” – in un evento virtuale tenuto il 25 Settembre 2021 – esacerbata dai disastri naturali causati dal cambiamento climatico, dall’insicurezza alimentare e dalla Pandemia.

Tuttavia, voglio ricordare che il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha affermato che “la violenza delle donne non è inevitabile. Le politiche e i programmi giusti portano risultati” ed, infatti, nel settembre 2017 (in ottemperanza alla combinazione del Goal 5 e Goal 16 dell’Agenda 2030), l’ONU ha dato seguito a queste parole attraverso la sua partnership con l’Unione Europa nel l’iniziativa conosciuta come “Spotlight”.

Grazie a questa iniziativa, i paesi partner hanno assistito ad aumento ben del 22% dei procedimenti giudiziari nei confronti dei colpevoli; hanno visto il rafforzamento di 84 leggi aventi ad oggetto proprio la parità di genere e più di 650.000 donne e ragazze sono state in grado di accedere ai servizi strutturati come conseguenza della suddetta iniziativa.

Nonostante le azioni ed iniziative messe in campo siano state innumerevoli, “the gender snapshot” 2022 dimostra che il Goal 5 sulla parità di genere si potrà raggiungere solo attraverso una cooperazione internazionale più forte e, come osserva Francesca Spatolisano, assistente del segretario presso UN DESA, l’uguaglianza di genere è la base per il raggiungimento di tutti gli SDGs, dovrebbe quindi essere al centro di una ricostruzione migliore da effettuare all’interno dei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali.

In conclusione, nonostante il fatto che lo studio citato poc’anzi – il quale ci porta i dati aggiornati a qualche mese fa, al 7 settembre 2022 – non porti grande nutrimento alle nostre speranze di miglioramento rispetto al tema in questione, credo fortemente che dovremmo ricordarci – appena sopravviene un po’ di sconforto e disillusione – la frase per cui “L’oceano è fatto da tante gocce” e, personalmente, penso che i miei coetanei iraniani ci stiano dando l’esempio più grande della grande potenza e concretezza di questa frase.

È da due mesi che i miei coetanei a 1.692km da qua, si alzano la mattina ricordandosi – e ricordandoci – che nessuno di noi può cambiare il mondo in quanto singolo individuo, ma che le logiche del mondo e della società globale posso essere cambiate solo quando tutti, sinergicamente, cominciamo a mettere gli occhiali che ci fanno vedere quanto il cambiamento sia più concreto che teorico. È una sfida difficile, non scontata e concreta solo se praticata nella realtà ma – come tutto ciò che riguarda il sistema dei diritti umani – è una sfida che ha un senso, nel mondo della globalizzazione e dei poteri transnazionali.

Voglio chiudere con le bellissime parole dela Prof.ssa Goonesekere – professoressa di riconoscimento nel campo dei diritti dal bambino -: “I diritti umani sono fonte di diritto. A differenza di altre rivendicazioni o aspirazioni sociali, i diritti umani hanno validità giuridica, oltre che forza morale”, quindi, noi che ci crediamo, cominciamo a prendere per mano anche i più scettici, in modo da poter approdare tutti insieme sul nuovo terreno del cambiamento – più velocemente possibile, aggiungerei.

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