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La sinistra assiste impotente al crollo della separazione tra i poteri

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Steven Levitsky, con “Come muoiono le democrazie”, suggerisce che questa morte non avviene più attraverso un golpe militare, ma per mano di governi e leader eletti. La distruzione delle democrazie inizia nelle urne, come è successo in Polonia, Ungheria o Turchia e questa operazione si concretizza attraverso lo stravolgimento e la strumentalizzazione delle istituzioni democratiche con l’obiettivo di sovvertirle e svuotarle di significato.

S&D

La delegittimazione della politica e delle istituzioni è lo strumento dei leader populisti che parlano alla pancia della popolazione, utilizzando una propaganda semplice e quindi efficace, per prendere il potere e tenerlo. Il linguaggio propagandistico allontana progressivamente la popolazione dalla complessità, alla quale si attribuisce un disvalore che caratterizza soprattutto l’élite o i privilegiati e quindi la sinistra definita “radical chic” o “establishment”, come se l’establishment fosse solo di sinistra.

Esiste una specie di vademecum preciso e infallibile per attuare i piani dei leader sovranisti e autocratici europei che mira a colpire, contemporaneamente, sia i poteri che le comunità minoritarie e trasformare una democrazia in regime.

La solidità di una democrazia si basa sulla separazione della tripartizione dei poteri, quello legislativo (Parlamento), quello esecutivo (Governo) e quello giudiziario (Magistratura).

Il primo passo per la costruzione di un regime è la manipolazione, con propaganda semplice, della società in modo da creare il proprio consenso e, quindi, vincere le elezioni con ampia maggioranza per avere una legittimazione solida e poter usare il mantra “eletto dal popolo”. Così facendo, si può garantire il controllo del primo potere: il Parlamento. Di conseguenza, e con un colpo solo, i due poteri democratici si fondono e si confondono: il Governo e il Parlamento sono una cosa sola. Questo permette a Meloni, ad esempio, di chiedere 43 fiducie in tredici mesi e andare avanti a suon di decreti senza discussioni.

Il secondo passo è prendere il controllo del potere giudiziario con il rischio di arrivare fino alle corti più alte come la Corte costituzionale. Successivamente, si avvia un’operazione per cacciare i giudici scomodi e selezionarne altri più in linea con il regime. I casi dell’Ungheria e della Polonia, ma anche della Turchia, sono la plastica dimostrazione dell’applicazione del vademecum. Si può andare oltre, come è successo in Ungheria, dove hanno anche nominato un ministro della giustizia che è anche procuratore generale.

In Italia, in particolare durante l’era Berlusconiana, abbiamo assistito a diversi tentativi di colpire e delegittimare il potere giudiziario della magistratura. Le toghe rosse, i magistrati politicizzati ecc. erano all’ordine del giorno. Non stupisce affatto che oggi, con la stessa destra al governo ma un po’ più estrema, gli stessi tentativi si ripropongano. Ad accompagnare i colpi violenti alla magistratura, ci sono i dossieraggi, la delegittimazione dei singoli giudici come è avvenuto per la giudice Apostolico a Catania. Oggi assistiamo, addirittura, ad attacchi alla magistratura da parte del ministro della Giustizia e il ministro della Difesa ancor prima dell’annuncio del rinvio a giudizio di un sottosegretario.

Poi c’è il quarto potere che garantisce la vita democratica di una società. La stampa esercita la sua importante funzione se rimane separata dagli altri tre poteri costitutivi dello Stato. Il controllo dei mezzi di informazione rappresenta un rischio enorme per la salute della democrazia perché filtrare le informazioni senza garantire il pluralismo, impedisce alla popolazione la conoscenza e quindi la formulazione di un’opinione. La stampa può dare molto fastidio ad un regime, quindi, il suo controllo, come quello della televisione pubblica è essenziale. In questo contesto, cercare di dare informazioni ed esprimere opinioni liberamente diventa sempre più difficile e con la consapevolezza di correre il rischio di essere vittima di dossieraggi, di gogna mediatica come è successo a Lilli Gruber o di essere invitato a presentarsi in Commissione Vigilanza come è successo Sigfrido Ranucci.

Le nuove democrazie illiberali, o “orbanismo”, colpiscono strategicamente obiettivi precisi di Goebbelsiana memoria. Gli immigrati, ad esempio, sono un bersaglio perfetto perché – grazie ad una propaganda feroce – diventano la principale causa della crisi sociale sulla quale scagliarsi. I famosi ultimi contro i penultimi come nell’ultima opera di Ken Loach – The old oak – dove tutto parte dagli ex minatori, gli stessi che scioperavano nel 1984 e che, nel momento in cui vedono arrivare un gruppo di rifugiati a casa loro, invece di riconoscerli come loro simili, diventano usurpatori, dando vita ad un’ulteriore guerra tra poveri alimentata dall’ignoranza e dalla propaganda sui social. Il crescente peso sociale, politico e demografico delle minoranze (tutte) ha favorito un riposizionamento dell’elettorato bianco-cattolico – con le sue paure ed incertezze – verso una destra conservatrice, la quale, contemporaneamente, ha sviluppato politiche precise per rispondere a questa base elettorale mal disposta a cedere pacificamente il proprio “privilegio” economico e sociale.

Il quarto passo, quindi, è costruire una vera operazione di odio verso le minoranze etniche, religiose, sessuali, di genere, ecc. In Ungheria la comunità LGBTQI+ è totalmente delegittimata anche con una legge che mette insieme pedofilia, pornografia e omosessualità, rendendo così illegale semplicemente parlare di omosessualità. In Italia, la destra ha applaudito l’affossamento del DDL Zan al Senato.

Il quinto passo è il dogma. La democrazia illiberale si basa sulla nota filosofia “Dio, Patria, Famiglia” del ventennio del secolo scorso. Giorgia Meloni non ha esitato, da Premier, ad usare queste parole accanto al suo amico Viktor. Non è solo uno slogan, ma è un intero sistema di dogmi che girano attorno alla regolamentazione della società (patriarcale), della famiglia e quindi della donna, del suo corpo, della sua autodeterminazione, della sua libertà. Significa distruggere il diritto all’aborto, relegare il ruolo della donna a mero strumento riproduttivo perché così “danno un contributo alla società” (cit. Meloni).

Cosa succede dall’altra parte? Le sinistre europee hanno perso credibilità perché non hanno più rappresentato le istanze importanti, sociali e civili della società e, negli ultimi vent’anni, si sono infatuate del neoliberismo dimenticando lo stato sociale, hanno eroso il loro consenso. Così, hanno fertilizzato il terreno a quella destra che, nel frattempo, si preparava a seminare.

Le sinistre europee osservano, oggi, impotenti, la distruzione della quadripartizione dei poteri e quindi della democrazia. La sua proposta politica deve essere volta a costruire la sua credibilità e quindi il suo elettorato. E lo si può fare solo tornando a proposte sociali come la sacrosanta battaglia per il salario minimo, per la difesa della sanità pubblica, per il diritto alla casa, per il lavoro dignitoso. Senza, però, dimenticare di mettere tutte le persone sullo stesso piano dei diritti, perché le persone sono, come dice il Presidente Mattarella, Portatori di Diritti.

Una presa di coscienza del rischio che corre la nostra democrazia è imperativa e l’azione deve essere collettiva: società, politica, istituzioni, media.

If we wait for governments, it will be too late. If we act as individuals, it will be too little. But if we act as communities, it might just be enough, and it might just be in time.” (Rob Hopkins)

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