Dazi: l’Europa è in una posizione di forza, deve solo ricordarlo a sé stessa
Non siamo pedine di poco conto negli equilibri commerciali, ed è giusto ricordarlo e metterlo sul tavolo. Ma dobbiamo anche lavorare per diventare strategicamente autonomi
In tanti ridevano del dietrofront di Trump quando, ad aprile, aveva presentato quella spaventosa lista di dazi su un cartellone, durante una conferenza stampa. Non c’era allora, tantomeno adesso, molto da ridere o da prendere poco sul serio.
Il 30% di dazi sui prodotti europei comporterebbe un durissimo colpo, specie sulle piccole e medie imprese. Al netto dei dati già forniti da chi è competente in materia, ci interessa che nel 2024 il surplus commerciale per l’Unione europea è stato di ben 198,2 miliardi rispetto agli Usa. Insomma, i dazi sono un serio problema per le nostre industrie ed economie.
Trump crede, o vuole far credere, che chiudendo gli Usa possa rafforzare le industrie statunitensi e rassicurare i lavoratori. Non è possibile prevedere fino a che punto vorrà spingersi, ma è quello che vorrà provare a fare. In un mondo che sembra cambiare a tale velocità, persino rimettendo in discussione i fondamentali stabiliti per il commercio dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Unione europea ha la possibilità di giocare un ruolo fondamentale, su due direttrici.
La prima è quella della negoziazione dura, facendo valere le carte di un’industria forte e di un mercato che consuma molto, pertanto appetibile per le industrie non europee. È stato definito da qualcuno un vero e proprio “arsenale economico”. Non siamo pedine di poco conto negli equilibri commerciali, ed è giusto ricordarlo e metterlo sul tavolo. È evidente che l’Italia, da sola, non possa fare molto in questa direzione: Trump fa la seconda visita nel Regno Unito; Merz afferma che lavorerà con Macron e von der Leyen; Meloni non pervenuta, seppur l’Italia sia tra le maggiori beneficiarie delle attuali condizioni di mercato con gli Usa.
La seconda è la sfida, davvero necessaria, di lavorare nella direzione di rendersi maggiormente autonoma strategicamente. Dai servizi tech ai circuiti delle carte di credito, dall’approvvigionamento energetico alla difesa: dipendere meno dalle risorse e dal consumo altrui, specie in un mondo i cui equilibri sono in continuo mutamento, è l’unica strada possibile. C’è bisogno di un’Europa che abbia il coraggio di compiere passi in avanti. Unita. E non solo per sé stessa, per la sua salute e sicurezza. Ma per tentare di garantire un po’ più di equilibrio nel mondo.