Nelle città che cambiano sono le persone a disegnarne i confini (di S. Mentana)
Il Comune di Roma ha aperto un processo partecipato per creare una nuova mappa dei quartieri: può essere una scintilla di partecipazione civica
Una città cambia anche senza che nessuno la tocchi per secoli. È una materia viva, forgiata dai capannelli di persone in attesa di un autobus, dall’odore di pizza a taglio che arriva da dietro a una vetrina, dalla fila alla cassa di un supermercato, dal litigio di fronte a una partita di calcio trasmessa sul televisore di un bar. I suoi confini non sono linee sulle mappe, siano esse storiche o amministrative: li tracciano i passi delle persone, le loro abitudini, i loro gesti quotidiani. Sono loro a darle forma, tante volte senza nemmeno rendersene conto.
Se provassimo a tracciare su una mappa i nostri spostamenti abituali, evidenziando i luoghi in cui ci fermiamo, ci troveremmo davanti a dei confini diversi da quelli ufficiali, trasversali alle classiche divisioni dei quartieri. Racconterebbe il nostro rapporto con la città, delineerebbe una nostra geografia invisibile. Possiamo ignorare nomi di strade e monumenti, ma ciascuno di noi conosce meglio di chiunque altro il proprio modo di vivere la città e, volendo o no, ne traccia i confini nella propria mente. Se moltiplichiamo queste linee immaginarie per il numero di abitanti di un comune, ne emerge una città ridefinita, disegnata da corpi, movimenti, ritmi e relazioni umane.
Anche se non issiamo mura né tracciamo strade, siamo noi a ridisegnare le città. Per questo è molto significativo che il mese scorso il Comune di Roma abbia aperto un processo partecipato per creare una nuova mappa dei quartieri. L’idea centrale è semplice, ma al tempo stesso potente: i romani sono coloro che conoscono meglio di chiunque altro la propria città. Saranno quindi loro a giudicare il piano – estremamente dettagliato – presentato dal Comune, segnalando correzioni in base a elementi storici, identitari e umani che rispecchino il loro modo di vivere Roma.
In attesa di scoprire i risultati di questo processo di partecipazione, sarà naturale che non tutti si riconosceranno nel quartiere in cui si ritroveranno inseriti: un disaccordo che testimonierà però quanto possa essere forte il legame col territorio. Sarà inoltre un’occasione per fotografare la città così come la percepiscono i romani, al di là delle mappe ufficiali.
Questi nuovi confini avranno soprattutto una funzione statistica e di pianificazione. Qualcosa di astratto a un primo sguardo ma di fondamentale a un occhio più attento: permettere di conoscere Roma nel modo più profondo e secondo linee più precise possibili offre l’occasione di comprendere esigenze e necessità nel dettaglio e pianificare al meglio lo sviluppo dei servizi, sia per la giunta attuale che per quelle che verranno in futuro. Se il processo partecipativo non si rivelerà soltanto uno spot, può diventare una scintilla di partecipazione civica più ampia, in un momento in cui l’interesse per la cosa pubblica appare freddo e distaccato.