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Home » Opinioni

Cambiare il mondo, senza voler per
forza passare alla storia, è possibile (di S. Mentana)

Immagine di copertina
Credit: Nino Carè / Pixabay

Nell’era del frenetico
presenzialismo
e dell’autopromozione
c’è sempre la potenza
incredibile di una
società costruita
da tasselli decisivi
senza nome

Non ha la fama di Leonardo da Vinci o di Albert Einstein, ma la sua invenzione ha avuto un impatto sul mondo senza precedenti, al punto che in ogni angolo del pianeta, in questo momento, se ne sta facendo uso. Chi sarà mai, chiederanno curiosi, i lettori. Non è uno scienziato, non ha costruito marchingegni complessi, non ha mai posseduto un’azienda né lanciato una start-up. Si tratta infatti di un monaco, vissuto nel Sesto secolo dopo Cristo, e il suo nome è Dionigi il piccolo.

Cosa avrà mai inventato? Chiederanno, forse ancora più incuriositi, i lettori. Risposta breve: se oggi siamo nel 2025, è per una sua intuizione. Calcolando la nascita di Cristo, stabilendo che fosse nell’anno 753 dalla fondazione di Roma – non senza aprire successivamente un dibattito sul fatto che anno più o anno meno tale data sia corretta – dette inizio così a un sistema di datazione che in breve tempo ebbe fortuna notevole, arrivando a diffondersi in tutto il mondo, anche tra le altre religioni, sostituendosi o affiancandosi ad altri calendari. E, in tutto il mondo, sappiamo che Roma è stata fondata nel 753 avanti Cristo e l’America è stata scoperta nel 1492 dopo Cristo. O nel 1492 “dell’era comune”, come dice chi preferisce una versione più laica, che tuttavia si basa comunque sulla nascita di Cristo e sul calcolo e l’intuizione di Dionigi.

Di questo monaco nativo della Dobrugia si sa poco, e tra queste cose c’è che scelse di farsi chiamare “il piccolo” proprio per rispetto verso San Dionigi l’Areopagita e San Dionigi d’Alessandria: un’umiltà che lo accompagna oggi, mentre la sua invenzione invisibile governa il tempo del mondo senza che quasi nessuno conosca il suo nome. Un’umiltà cristiana di chi ha messo Cristo al centro della storia e quasi fatto sparire sé stesso.

In questo tempo, in un anno che grazie a Dionigi chiamiamo 2025, la sua discrezione ci sembra quasi impossibile. Nell’epoca in cui dobbiamo essere sempre ovunque, dei like, del doversi per forza farsi notare più degli altri perché la società è sempre più rapida e il tempo per la profondità è sempre meno, in un momento in cui in tanti vogliono a tutti i costi passare alla storia, la discrezione di colui che di questi anni ha scelto la numerazione andrebbe riscoperta. Uno dei perché ce lo insegna un’altra figura dimenticata, Adone Zoli, all’epoca ministro di Grazia e Giustizia, successivamente Presidente del Consiglio, che nel 1952 disse di non avere «nessunissima intenzione di passare alla storia», perché chi ha tale ambizione, spesso, combina «grossi guai»: quasi nessuno ricorda nemmeno lui, nonostante sia stato autore di un’importante riforma del sistema carcerario.

D’altronde, la storia esiste da tanto, ma da un tempo relativamente breve rispetto all’eternità. Non sappiamo chi abbia inventato la ruota, né l’alfabeto, ma loro stessi, in tempi così remoti, non potevano avere idea di cosa fosse la storia stessa e di cosa avrebbe potuto implicare esserne una parte decisiva: nell’era del presenzialismo frenetico e dell’autopromozione c’è sempre la potenza incredibile di una società costruita da tasselli decisivi senza nome. Tanti Dionigi ancora meno noti che, per dirla come Adone Zoli, non avevano intenzione di passare alla storia.

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