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Home » Opinioni

L’Europa e i colossi delle Big tech: la politica non abdichi al suo ruolo

Immagine di copertina
Il patron di Amazon, Jeff Bezos. Credit: ZUMAPRESS.com / AGF

Per assicurarci una sovranità tecnologica non basta stabilire nuove norme ma servono anche ingenti investimenti e una chiara visione del nostro futuro

Che il mondo delle Big tech abbia un potere e un impatto sulle nostre vite tale da influenzarle pesantemente non è una novità: quando Facebook è arrivato tra di noi non avevamo nemmeno una parola per definirlo, eppure nel tempo quel social network che all’inizio veniva usato per ritrovare vecchi compagni di scuola si è trasformato in uno strumento di comunicazione senza il quale si rischiava di restare tagliati fuori dalla società. Ma lo stesso discorso potremmo farlo per i motori di ricerca, i servizi di messaggistica, la posta elettronica, l’e-commerce, e soprattutto quei colossi che hanno il quasi monopolio di questi settori.

Sappiamo come questi strumenti si siano evoluti nel tempo, così come essi siano controllati da privati con base principalmente nella Silicon Valley, da cui gestiscono software e algoritmi secondo meccanismi decisi in base alle loro legittime necessità, trattandosi di aziende private. Intanto, in tutto il mondo, si cercano di decifrare queste formule, di individuare e cavalcare le tendenze del momento per fare la campagna pubblicitaria giusta o essere indicizzati meglio degli altri, il tutto mentre all’altro capo della Terra, in quella valle californiana, un semplice malinteso può creare il finimondo per tanti profili di creator, media o aziende. E, come sappiamo, anche di figure politiche.

In Europa, ma non solo, abbiamo sotto il naso da anni questa ambiguità, questa penombra tra strumento indispensabile per la vita dei cittadini e azienda privata che rischia di lasciare un immenso potere di pochi sui singoli, su quali contenuti e quali utenti possano avere maggiore spazio e quali meno: a chiarire questa penombra non possono che essere le istituzioni dei diversi Paesi.

La politica non può limitarsi a sorridere se l’account di un avversario viene sospeso o gridare all’emergenza democratica se un imprenditore sgradito acquista un social: dovrebbe creare le norme per chiarire la penombra di questo oligopolio. L’Europa, nel grande domino della tecnologia, ha deciso di essere l’istituzione che prova a regolare la situazione, mettendo l’innovazione in secondo piano, ma questo potrebbe non essere sufficiente. Dall’Europa ci si aspettano regole chiare che permettano ai Paesi di garantire una sovranità delle proprie infrastrutture tecnologiche, ma per farlo deve parallelamente fare forti investimenti in innovazione e avere una forte visione per il futuro in un’epoca in cui gli imprenditori americani puntano ai viaggi spaziali.

Avere una visione, qualcosa che il nostro continente sembra aver mollato su molti fronti, è più che mai necessario e non deve rappresentare uno scontro con le Big Tech straniere, ma anzi una collaborazione, in cui si sappia prendere il meglio dalla Silicon Valley e dagli altri hub tecnologici e fornire in cambio il meglio che si abbia da offrire. Che l’Europa non abdichi al suo ruolo storico, e si ponga in una posizione che contribuisca a fare ordine e, al tempo stesso, a innovare.

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