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Perché crollano i ponti

Le drammatiche foto del ponte Morandi crollato a Genova, postate dagli utenti di Twitter

Dopo la tragedia di Genova del 14 agosto 2018, TPI ha chiesto a Gabriele Tebaldi, docente dell’Università di Parma quali sono i motivi per cui i ponti possono crollare

Di Laura Melissari
Pubblicato il 22 Ago. 2018 alle 09:15 Aggiornato il 22 Ago. 2018 alle 11:22

Il 14 agosto 2018 un’immane tragedia ha sconvolto la città di Genova, dove è crollato il ponte Morandi dell’autostrada, provocando decine di vittime.

Il ponte attraversa il torrente Polcevera, a Genova, tra i quartieri di Sampierdarena e Cornigliano.

Il ponte fu costruito tra il 1963 e il 1967 dalla Società Italiana per Condotte d’Acqua.

Il ponte è noto come “Viadotto Morandi”, o anche  “Ponte delle Condotte” dalla società che lo costruì, e “Ponte di Brooklyn” per la sua forma che ricorda il celebre ponte americano.

Secondo le prime ipotesi, non ancora confermate, si potrebbe essere trattato di un cedimento strutturale.

Secondo le prime informazioni diffuse dai vigili del fuoco si sarebbe verificato un cedimento strutturale di una delle colonne del ponte all’altezza di via Fillak, nella zona di Sampierdarena, crollato per una lunghezza di 200 metri.

Ma come e perché crolla un ponte? TPI lo ha chiesto all’ingegnere Gabriele Tebaldi, docente del Dipartimento di Ingegneria Civile, dell’Ambiente, del Territorio e Architettura dell’Università di Parma.

“Il cemento armato è stato considerato sostanzialmente eterno, c’è stato un approccio al calcolo delle strutture che non sempre ha tenuto conto della fatica, della durabilità del materiale. Ma in pratica non è necessariamente vero”, spiega a TPI l’ingegnere Tebaldi.

“C’è necessità di interventi manutentivi, di adattamenti, che per vari motivi non sono stati fatti. Ultimamente i tagli alle amministrazioni locali hanno avuto ripercussioni sulla manutenzione delle infrastrutture. C’è inoltre da dire che i livelli di traffico sono aumentati rispetto a quanto chi ha progettato i ponti ai tempi potesse immaginare. Il sistema infrastrutturale italiano è degli anni ’60 e ’70. Il problema dei ponti e delle opere di attraversamento è noto da anni, non sono le prime avvisaglie”, prosegue Tebaldi.

“Quella dei ponti è un’emergenza sotto gli occhi di tutti. Alcuni ponti sarebbero proprio da demolire e da rifare. Andrebbe fatta un’opera di monitoraggio importante, che richiedere ingenti investimenti. Generalmente il crollo arriva quando c’è un cedimento strutturale. Molti ponti sono fatti in cemento armato precompresso e potrebbe verificarsi un cedimento del sistema di precompressione. Un ponte cade quando uno dei suoi elementi strutturali collassa”, continua l’accademico.

“A volte il caso gioca a sfavore, perché ad esempio un ponte che ha un livello di conservazione non buono può essere magari sollecitato casualmente da un elevato livello di traffico pesante, e spesso ci sono veicoli che circolano con un carico superiore a quello che potrebbero portare, e allora arrivano combinazioni che provocano il collasso”, sostiene l’ingegnere.

“In alcune situazione anni fa il crollo è dipeso anche dai carichi pesanti che stavano passando. A volte c’è una combinazione fatale tra danneggiamento delle strutture ed evento catastrofico concomitante che amplifica la cosa. In linea di principio, si può capire qual è un ponte a rischio di crollo e quale non lo è, al di là della fatalità. È innegabile che vi sia bisogno di un piano manutentivo”, conclude Gabriele Tebaldi.

Dello stesso parere è Settimo Martinello, direttore generale di 4 Emme, società di Bolzano che si occupa di ispezioni e verifiche sullo stato dei ponti.

“Sono anni che dico che decine di migliaia di ponti italiani sono a rischio crollo e ogni anno puntualmente ne crollano una ventina solo che non fanno notizia perché non sono grandi come quello di Genova”, spiega.

Secondo Martinello, che ha lanciato l’allarme, tutti i ponti italiani realizzati in calcestruzzo fra gli anni 50 e gli anni 60 sono a rischio “perché sono arrivati a fine vita, non sono eterni ed è troppo facile prevedere che andranno giù tutti”.

“Questi ponti sono fatti con una struttura di acciaio ricoperta di calcestruzzo. Il calcestruzzo è solo una copertura che serve a proteggere i materiali ferrosi dall’acqua e quindi dall’ossidazione, ma il calcestruzzo ha una sua vita utile, trascorsa la quale l’umidità passa e inizia un processo di carbonatazione, che avvia l’ossidazione che provoca la corrosione. Ha presente quando sul calcestruzzo compaiono delle strisce nere? Quello è l’ossido del ferro che sta uscendo. Ci mette dieci o quindici anni questo processo a compiersi. Alla fine fuori sembra tutto a posto, dentro però l’armatura è sparita”.

In Italia ci sono un milione e mezzo di ponti, “ma se calcoliamo le campate di ciascun ponte, come è corretto fare, arriviamo a tre o quattro milioni di strutture. Ma sa quanti sono quelli sotto monitoraggio? Sessantamila. Di quelli sappiamo tutto, degli altri quasi nulla, spesso le amministrazioni locali, senza soldi né competenze, non sanno nemmeno di quanti ponti dispongono”, conclude Martinello.

Tutti gli articoli sul crollo del ponte Morandi

• A questo link il racconto in tempo reale dell’incidente di Genova, dove è crollato il ponte Morandi. Qui tutte le ipotesi sulle cause.

Qui abbiamo spiegato perché crollano i ponti. A questo link la testimonianza dell’autista del camion che ha frenato a un passo dal baratro sul ponte di Genova. Qui abbiamo spiegato quanti sono e quali sono i ponti a rischio in Italia.

A questo link invece il documento (ora rimosso) in cui si diceva che il crollo del ponte Morandi a Genova era una “favoletta”. Qui l’articolo sull’ingegnere che aveva “predetto” la pericolosità del ponte crollato a Genova. A questo link abbiamo raccolto tutte le foto e i video della tragedia, e le pagine dei giornali stranieri.

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