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“Paese nostro”: il film sull’accoglienza dei migranti che Minniti e Salvini non vogliono farvi vedere

Prodotto dal ministero dell'Interno e realizzato da ZaLab il documentario parla dell'accoglienza diffusa negli Sprar. Ma ancora non è stato mostrato a nessuno. Ecco perché

Di Veronica Di Benedetto Montaccini
Pubblicato il 18 Mar. 2019 alle 18:32 Aggiornato il 18 Mar. 2019 alle 18:32

Paese Nostro è un film sull’accoglienza diffusa che il collettivo ZaLab ha già realizzato, confezionato e consegnato ma che non può mostrare.

L’assurdità è che è stato il ministero dell’Interno stesso a finanziare il documentario. Nell’ambito del Fami (Fondo asilo migrazione e integrazione) venivano erogati nel 2016 dei contributi per produrre video sul tema dell’accoglienza, con l’intento di informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento migrazioni.

Il bando, con importo massimo di 125mila euro di tetto di spese sostenibili per la realizzazione di un lavoro video, viene vinto da ZaLab e a gennaio 2016 il ministro dell’Interno in carica è Angelino Alfano.

Ad oggi il documentario non è ancora stato distribuito. Né nelle scuole, né nei cinema, né online nell’ambito istituzionale, come riportato anche dal Corriere della Sera. Dopo Alfano, il testimone del Ministero è passato nelle mani di Marco Minniti e poi di Matteo Salvini, ma della pellicola neanche l’ombra. Sembra essere sparita nei corridoi del ministero dell’Interno.

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È per questo che gli autori hanno deciso di compiere un gesto provocatorio: mostrare il film a Montecitorio, in aula Nilde Iotti il 19 marzo alle ore 10.

Cosa c’è in questo documentario che non può essere visto dunque? Cinque diversi registi (Michele Aiello, Matteo Calore, Stefano Collizzolli, Andrea Segre e Sara Zavarise) hanno raccolto sei storie di progetti SPRAR dal nord al sud Italia. Il lavoro che ne viene fuori sono sei cortometraggi che ritraggono la vita quotidiana di richiedenti asilo, operatori sociali, cittadini impegnati non in un’accoglienza emergenziale, ma ordinaria.

“Chiediamo a Minniti, Salvini e i dirigenti del Viminale di venirci a spiegare come mai questo film esiste, ma non si può vedere” scrivono i registi.

I sacrifici, le difficoltà, i dubbi ma anche la sfida quotidiana per la costruzione di una società più aperta e democratica sono al centro del film. La prova che, forse, l’accoglienza diffusa era un modello positivo che oggi sta scomparendo in Italia.

 

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