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Ecco perché ti abbiamo sparato

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La lettera da parte dei talebani a Malala Yousafzai

“Cara Malala Yousafzai, ti scrivo a titolo personale poiché questa potrebbe non essere l’opinione politica comune condivisa anche da Tehreek – e Taliban Pakistan o da altre fazioni jihadiste.

S&D

Ho sentito parlare di te per la prima volta attraverso i servizi della BBC urdu, quando ero rinchiuso nel carcere di Bannu. In quel preciso istante avrei voluto scriverti e consigliarti di astenerti dalle tue attività per non andare così contro i talebani. Quando sei stata ferita è stato uno shock per me, avrei voluto che ciò non fosse mai accaduto…”.

Inizia così la lunga lettera di tre pagine indirizzata a Malala Yousafzai, la giovane pakistana ferita alla testa dai talebani, scritta in un inglese un po’ incerto da Adnan Rasheed, il comandante del gruppo jihadista pakistano TTP affiliato ad Al Qaeda.

La missiva è stata inviata e pubblicata sul sito di Channel 4, la sua veridicità è stata confermata dallo stesso Adnan Rasheed.

Il tono della lettera muta di riga in riga, mostrando dapprima un senso di rimorso per l’attacco ai danni di Malala, definendolo però “un incidente”, ma nel contempo non traspare alcun intento di ammettere qualche responsabilità: “Non entrerò nel merito della questione stabilendo o discutendo sulla portata dell’azione talebana, ossia se questo fosse stato islamicamente corretto o meno. Lasciamo la questione nelle mani di Allah, lui è il miglior giudice”.

Poi Rasheed giustifica gli attacchi dei talebani contro le scuole e spiega i motivi per cui Malala doveva essere eliminata. “Non sei stata attaccata perché andavi a scuola o eri un amante dell’educazione, ma perché sei stata vista come la principale causa di una campagna diffamatoria nei confronti dei talebani. Dicevi sempre che migliaia di ragazze prima del nostro arrivo andavano a scuola e dopo l’insurrezione dei talebani nella valle dello Swat non erano più ammesse. Vuoi spiegare perché solo i talebani erano sulla lista nera?”.

A tratti si avvertono velati toni minacciosi: “Ora –ribadisce Rasheed – vengo al punto principale, ossia l’educazione. Non è l’istruzione ad aver causato una tale reazione, bensì la vostra propaganda (rivolgendosi all’ONU e all’occidente). Per questo è doveroso sapere che se la penna è più potente della spada, allora la lingua è ancora più tagliente, e spesso nelle guerre la lingua è più distruttiva di qualsiasi altra arma”.

La lettera si conclude con alcuni consigli. Rasheed si rivolge a Malala e la invita a tornare nel suo paese: “Devi tornare a casa, adottare la cultura islamica e Pashtoon; devi partecipare alle Madrase femminili, studiare e imparare il libro di Allah e utilizzare la penna per l’Islam e per svelare le cospirazioni dell’elite che vogliono schiavizzare l’intera umanità”.

Qui il testo completo della lettera.

Più che una lettera di scuse sembra essere una provocazione, come ha sottolineato l’ex primo ministro britannico Gordon Brown e attuale inviato Speciale dell’Onu per l’Educazione Globale: “I talebani sono sulla difensiva. Se questa lettera è vera e sono convinto lo sia, significa che le milioni di firme raccolte tra campagne di sensibilizzazione e petizioni a sostegno e difesa di Malala e del diritto allo studio stanno avendo un forte impatto su di loro”.

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