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Home » Esteri

Siria: cosa sono le armi chimiche e come funzionano | TPI

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Almeno 86 persone sono rimaste uccise e decine ferite nell'attacco aereo con armi chimiche del 4 aprile 2017 in Siria, ma come funzionano gli attacchi chimici?

Cosa sono le armi chimiche | Quando sono state usate | Con quali modalità vengono impiegate | In cosa si differenziano dalle armi tradizionali | La convenzione sulla proibizione delle armi chimiche

Le armi chimiche sono tornate al centro delle cronache internazionali, dopo gli episodi di presunti utilizzi in Siria. Ma esattamente in cosa consiste un bombardamento con gas tossici e che cosa provoca?

Le armi chimiche, per la loro letalità, costituiscono una seria minaccia per il genere umano e per l’ambiente. Nel 1993 la Convenzione sulla Proibizione delle Armi Chimiche di Parigi ha sancito definitivamente il bando completo di tali armi.

Solitamente gli armamenti vengono distinti in armi convenzionali ed armi di distruzione di massa. Le prime, generalmente ritenute legittime, vengono definite “convenzionali” in base a due osservazioni: possiedono una capacità distruttiva relativamente contenuta ed hanno effetti discriminanti per cui consentono una maggiore tutela della popolazione civile.

Le seconde, invece, comprendenti armi nucleari, biologiche e chimiche sono accomunate dalla caratteristica di possedere un potenziale distruttivo enorme e, soprattutto, indiscriminato.

Cosa sono le armi chimiche

TPI ha fatto alcune domande al professore Paolo Foradori, vicedirettore della Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento. “L’arma chimica è un’arma che sfrutta le proprietà tossiche delle sostanze chimiche, rispetto a un’arma convenzionale, come la dinamite o un proiettile, per produrre morte o per mettere fuori combattimento l’avversario”, ha spiegato Foradori.

“Le armi chimiche sono classificate in base agli effetti che hanno sull’essere umano. Esistono armi chimiche soffocanti, come ad esempio il gas cloro, armi vescicanti come ad esempio l’iprite o il gas mostarda, usato in grandi quantità durante la prima guerra mondiale, e che a contatto con la pelle provoca vesciche o ustioni chimiche.

Poi vi sono le sostanze che colpiscono il sangue come il cianuro e poi la categoria di seconda generazione, le sostanze più pericolose che sono i gas nervini come il sarin, che colpiscono il sistema nervoso”.

Quando sono state usate

“L’uso dell’arma chimica ha una storia antica ma il suo impiego rilevante è legato allo sviluppo della chimica moderna post rivoluzione industriale, che ha fatto sì che potessero essere prodotte in maniera sufficiente da poter essere usate sul campo di battaglia”.

“Storicamente questo è coinciso con il primo conflitto mondiale. Tecnicamente anche una freccia avvelenata è un’arma chimica. Le armi chimiche sono state usate recentemente nel conflitto Iraq-Iran negli anni Ottanta, nell’Iraq del nord e contro i curdi durante il regime di Saddam Hussein, nel conflitto tra Egitto e Yemen negli anni Sessanta e la Libia ha usato le armi chimiche in Ciad nel 1987”.

“Abbiamo poi la presenza di un uso terroristico delle armi chimiche nel 1995 da parte di una setta giapponese durante l’attacco alla metropolitana di Tokyo, che provocò una decina di morti. E infine la Siria, con l’utilizzo nel 2013 nei sobborghi di Damasco e nell’attacco del 4 aprile 2017 nella provincia di Idlib”.

Con quali modalità vengono impiegate

“Possono essere usate nei modi più vari. Possono ad esempio essere distribuite sul terreno tramite spray collocati sotto le ali di un aereo, che volando a bassa quota spargono le sostanze sul territorio nemico”.

“Questa modalità è stata usata dagli italiani in Etiopia. Tipicamente le armi chimiche vengono caricate nei proiettili d’artiglieria. Le sostanze vengono inserite all’interno delle bombe che esplodendo spargono l’agente chimico. Possono inoltre essere montate su testate missilistiche, come ad esempio nella guerra Iraq-Iran. Al posto dell’esplosivo vengono caricati gli agenti chimici”.

In cosa si differenziano dalle armi tradizionali

“Che differenza fa morire asfissiato da un gas piuttosto che dissanguato da un proiettile o dalla scheggia di una bomba? La questione è molto complessa. Perché le armi chimiche, come quelle biologiche, sono proibite mentre quelle convenzionali non lo sono? Perché una bomba tradizionale è invece legittima?”, si chiede il professor Foradori.

“Esiste una sorta di stigma per cui le armi chimiche sono considerate inumane, immorali e per questo da bandire. Io non credo che morire in un attacco chimico sia più terribile che morire dissanguato per un colpo di baionetta o per un proiettile. La ragione profonda del perché è il fatto che sia più difficile controllarne l’uso. Spargendo un’arma chimica si potrebbe indiscriminatamente colpire sia il nemico che una popolazione inerme. Il loro gradiente di indiscriminazione è maggiore di quello di un’arma convenzionale”.

“Sono convinto che ci sia un eccesso di attenzione per queste armi, specie nel conflitto siriano. Faccio fatica a capire perché la comunità internazionale accetti senza grossi problemi che siano state uccise centinaia di migliaia di persone in guerra con armi convenzionali, mentre solo poche centinaia di vittime per armi chimiche provochino una reazione così forte. C’è una sproporzione ingiustificata tra il clamore per i bambini uccisi con le armi chimiche e il silenzio sulle decine di migliaia che sono morti con armi convenzionali”.

“La comunità internazionale si mobilita quando vengono usate armi chimiche ma è del tutto disinteressata, o quanto meno tiepida, di fronte al massacro compiuto in Siria attraverso le armi convenzionali. Tutto questo è sorprendente. Suona un po’ cinico dirlo ma perché mille morti valgono di più delle decine di migliaia morti con armi convenzionali? È un paradosso, un’assurdità”, conclude il professor Foradori.

La convenzione sulla proibizione delle armi chimiche

Gli Stati che hanno ratificato la Convenzione del 1993 si sono impegnati a distruggere tutte le armi chimiche esistenti nei loro territori, a non detenere o fabbricare altre armi chimiche e a non farvi ricorso per nessun motivo, anche dopo aver subito un attacco diretto con tali armi.

La convenzione, entrata in vigore nel 1997, conta attualmente 191 stati membri. Vi sono ancora alcuni paesi che hanno rifiutato di aderire: Angola, Corea del Nord, Egitto, Israele, Birmania, Sud Sudan e Somalia.

L’osservanza della convenzione è controllata dall’organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons, OPCW) la cui sede si trova all’Aia.

Nel 2013 è stato conferito all’organizzazione il Premio Nobel per la Pace “per i suoi ampi sforzi per eliminare le armi chimiche”.

L’Italia ha ratificato la Convenzione sulla Proibizione delle Armi Chimiche nel 1995 con la legge n. 496, poi modificata ed integrata con legge 4 aprile 1997, n. 93. Le due leggi di ratifica hanno identificato nel ministero degli Affari Esteri l’Autorità Nazionale, tenuta a sovrintendere e coordinare le complesse misure per l’applicazione della Convenzione e del Trattato sul territorio nazionale.

L’attacco chimico del 4 aprile 2017 a Idlib, in Siria

Almeno 72 persone sono rimaste uccise e decine ferite nell’attacco aereo con armi chimiche avvenuto martedì 4 aprile nella città siriana di Khan Sheikhoun, nella provincia di Idlib, in mano agli insorti dell’organizzazione Fatah al Sham (ex Fronte al Nusra). Tra le vittime ci sarebbero almeno 20 bambini e 17 donne.

Gli investigatori della sezione dei crimini di guerra delle Nazioni Unite hanno fatto sapere che stanno indagando sull’attacco con armi chimiche. In una dichiarazione la commissione d’inchiesta sulla Siria delle Nazioni Unite ha affermato che l’uso delle armi chimiche rientra nei “crimini di guerra e in una seria violazione dei diritti umani”.

“Quando arrivo in ospedale, un cattivo odore impregna il posto. I bambini sono distesi sui letti e i medici stanno freneticamente cercando di salvarli. È un piccolo ospedale di Maaret al-Numan, dove vivo, a circa 15 chilometri da Khan Sheikhun in cui l’attacco ha avuto luogo.

I medici stanno mettendo maschere di ossigeno sul viso dei bambini”, raccontano Mohamed Al-Bakour e Omar Haj Kadour, corrispondenti in Siria dell’agenzia stampa francese Afp, che si sono recati in un ospedale dopo l’attacco.

“Catturo le immagini dei bambini di fronte a me. Stanno morendo e sono in preda ai brividi, per la paura, per la mancanza di ossigeno, per gli effetti delle sostanze chimiche. Mi sento impotente. Non c’è nulla che io possa fare per loro. Questo è un ospedale secondario, non è attrezzato per affrontare casi così gravi”.

“Ho un fratello più grande, che ha un bambino di due anni. E se ci fosse lui su quel tavolo di fronte a me? Mi dico di smettere di pensare a queste cose. Se mi metto a pensare, non sarò in grado di fare il mio lavoro. E il mio compito è quello di fotografare. Per testimoniare questo attacco. Per mostrare questo orrendo crimine al mondo. Ho fotografato il corpo di una donna fuori dall’ospedale. Vedo il suo volto. Mi pare evidente che si tratti di un attacco chimico. Mi ricordo l’ultimo attacco che ho fotografato. Sembra lo stesso. La schiuma intorno alla bocca”.

Attacco chimico, al di là di tante definizioni, significa esattamente questo.

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