Lo stupro di una nazione
Gli scatti che documentano il conflitto nella Repubblica democratica del Congo di Marcus Bleasdale, raccolti nel libro "Lo stupro di una nazione"
Marcus Bleasdale è un fotoreporter britannico che collabora regolarmente con Human Rights Watch, Medici Senza Frontiere e altre ong, per mettere in luce i temi della salute e dei diritti umani spesso trascurati dai media tradizionali. Il suo lavoro è stato presentato al Senato degli Stati Uniti, alle Nazioni Unite e al Parlamento inglese.
Nel 2003 il suo primo libro sulla Repubblica Democratica del Congo, One Hundred Years of Darkness (Cento anni di buio), vinse il titolo di miglior opera di fotogiornalismo dell’American Photo District News. Sei anni dopo, nel concorso statunitense Pictures of the Year International, vinse il premio per miglior libro di fotografia, con Rape of a nation (Lo stupro di una nazione). La sua raccolta fotografica era dedicata nuovamente alla Repubblica Democratica del Congo ed esplorava il tema del conflitto alimentato dallo sfruttamento delle risorse naturali. La guerra nel Paese (1994 – 2003) ha provocato più di 5,4 milioni di vittime.
Nella prefazione di Rape of a nation, dello scrittore britannico John Le Carré, si legge: “La continua tragedia umana del Congo non è una statistica. Si tratta di una continua tragedia umana. Sono 1.450 tragedie ogni giorno. Le tragedie diventano ancora più impossibili da quantificare se includiamo gli orfani, i familiari dei defunti, le vedove, e tutte le vite che – in una reazione a catena – vengono spezzate quando muore qualcuno. Quelle vittime siamo tu e io e i nostri bambini e i nostri genitori, se avessimo avuto la cattiva sorte di essere nati nel mondo che viene ritratto in questo libro. Ma il Congo ha un segreto difficile da comprendere se non lo si vive in prima persona. Guarda attentamente e lo troverai tra queste pagine: una felicità dello spirito e un amore per la vita che – anche nei momenti peggiori – lascia senza parole noi occidentali”.
Qui sotto: un’intervista di Lens Culture al fotoreporter Marcus Bleasdale