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Le foto dei bambini rifugiati per Save the Children

Immagine di copertina

Il fotografo francese Patrick Willocq ha raccontato attraverso otto scatti altrettante storie di bambini costretti a fuggire e a rinunciare ai propri sogni

L’organizzazione umanitaria internazionale Save the Children, in collaborazione con la casa editrice Pearson, ha chiesto al fotografo francese Patrick Willocq di lavorare a una serie di scatti sui bambini rifugiati, per sensibilizzare il pubblico sulle condizioni di milioni di bambini, spesso privati dell’istruzione e della possibilità di  crearsi un futuro migliore.

S&D

Willocq ha realizzato otto fotografie che raccontano la storia di alcuni bambini rifugiati (siriani e burundesi), dai viaggi che hanno dovuto intraprendere per mettersi in salvo, all’abbandono scolastico per andare a lavorare e aiutare la propria famiglia a sopravvivere.

Ecco le loro storie.

Il campo rifugiati di Anjar, in Libano

In Libano ci sono oltre un milione di rifugiati siriani, oltre metà dei quali bambini. Quasi la metà dei bambini rifugiati siriani non vanno a scuola e non hanno accesso all’istruzione formale. Più di due terzi delle famiglie vive sotto la soglia di povertà, il che significa che i bambini sono spesso costretti a lavorare per aiutare le proprie famiglie a sopravvivere. Save the Children ha lanciato una serie di programmi nella valle della Bekaa, inclusi spazi ricreativi, istruzione informale e cura e sviluppo della prima infanzia.

Hatem ha passato quattro anni nel campo profughi. Per due anni è andato a scuola. Gli piaceva, e sperava di andare all’università e di arruolarsi nell’esercito. Ma la famiglia di Hatem non può più permettersi di mandarlo a scuola e i suoi sogni per il futuro si sono infranti. Adesso vende vestiti in un mercato e dice di essere triste e preoccupato circa il suo futuro.

Samira (a sinistra) e Zeina (a destra) sono migliori amiche. Questa foto rappresenta i loro sogni. Samira vorrebbe essere una principessa e vivere in un castello. Zeina vorrebbe essere un’artista e disegna spesso ritratti della sua migliore amica. Le violenze hanno costretto le due bambine a lasciare la Siria con le loro famiglie. La casa accanto a quella di Samira, in Siria, è stata distrutta e la famiglia che la abitava è rimasta uccisa. 

In Siria, Walaa e sua madre, che aspetta un bambino, non avevano cibo né acqua. Tutto – gli ospedali, le scuole, i supermercati – era stato distrutto. Per Walaa è stato difficile spiegare a parole come fosse la sua vita in Siria, perciò ha fatto un disegno. Il set riprende il suo disegno: mostra il momento in cui Walaa ha visto la sua scuola esplodere. Ha detto che sentiva l’odore di bruciato e il suono dei motori degli aerei che volavano bassi sopra la sua testa.

Bassam, Tamer, Lubna e Farah, (da sinistra a destra) posano per questa fotografia che rappresenta la loro vita lavorativa. Dovrebbero essere a scuola, ma come molti bambini siriani del campo devono lavorare per aiutare le proprie famiglie a sopravvivere. Il padre di Bassam e Tamer non può lavorare da quando un muro è crollato sulla sua gamba, perciò i due fratelli vendono fazzoletti per guadagnare qualche soldo.

Farah aiuta la sua famiglia composta da dieci persone lavorando in un campo dove strappa le erbacce e ripulisce il terreno per la semina.

“Quello che mi stanca di più è stare piegata tutto il tempo”, ha detto Farah. “Quando proviamo a rimetterci dritti ci dicono di rimanere piegati… passiamo l’intera giornata così”.

Campo profughi di Nyarugusu, in Tanzania

Dall’aprile 2015, disordini politici e violenze hanno causato la fuga di oltre 255mila burundesi verso i paesi limitrofi. Il campo profughi Nyarugusu in Tanzania, uno dei più grandi campi rifugiati nel mondo, ospita circa 143mila persone nonostante sia stato costruito per accogliere solamente 50mila persone. Ci sono quasi 80mila burundesi che attualmente vivono nel campo, oltre metà dei quali sono bambini. Save the Children lavora con i partner locali per implementare programmi per la protezione dei bambini e per l’istruzione, inclusi quattro spazi ricreativi e due spazi temporanei per l’apprendimento.

In questa immagine, i bambini nel campo mostrano come giocano e si esprimono nello spazio sicuro fornito da Save the Children. Jacob, al centro, vuole diventare un ballerino. Quando ha capito di non essere al sicuro in Burundi, ha cominciato a ballare nel mercato locale per guadagnare un po’ di soldi. È riuscito a mettere da parte abbastanza da pagare il trasferimento suo e dei suoi nonni oltre il confine, in Tanzania. “Mi sento bene quando ballo”, ha detto. 

Anche se non è permesso, molte giovani ragazze e bambini vengono mandate a raccogliere legna nei boschi che circondano il campo, così che le loro famiglie possano cucinare il cibo distribuito dalle organizzazioni umanitarie. In questa foto, Esperanse mostra che posto spaventoso e pericoloso siano i boschi. Una volta è scampata all’assalto di tre uomini mentre era nella foresta a raccogliere legna. “Ci sono molti pericoli quando veniamo a cercare legna”, ha detto.

In questa foto, Anicet interpreta un dottore che cura la malaria, il lavoro che spera di fare lei un giorno. Anicet ha lasciato il Burundi con i suoi nonni quasi un anno fa. Nel campo dove vive la malaria è la principale causa di morte. Anicet frequenta il centro scolastico gestito da Save the Children e, come migliaia di bambini fuggiti dal Burundi, spera che l’istruzione possa darle un futuro migliore.

Questi bambini hanno attraversato le montagne del Burundi a piedi per cercare riparo in Tanzania. In questa foto hanno ricostruito il loro viaggio. Iveye, di 6 anni, trasporta la sorellina Rebecca, di 18 mesi. Ha viaggiato per cinque giorni con le sue due sorelle e con il padre Pierre fino alla Tanzania.

“Quando abbiamo raggiunto il confine, la polizia del Burundi non voleva farmi attraversare insieme alle mie figlie”, ha detto Pierre. “Allora mi sono separato da loro e ho attraversato il confine attraverso un sentiero segreto. Quando sono arrivato dall’altra parte ho fatto un cenno alle bambine e quando mi hanno visto hanno attraversato anche loro il confine correndo”.

Alcuni dati

Ci sono oltre 19 milioni di rifugiati nel mondo, e il numero sta crescendo.

Quasi la metà sono bambini (8 milioni) e più di 3,5 milioni di essi non vanno a scuola. Senza un’istruzione, non hanno futuro.

Solo metà dei bambini rifugiati si sono iscritti alla scuola elementare e meno di un ragazzo rifugiato su quattro si è iscritto alla scuola secondaria.

La durata media di tempo trascorso nella condizione di rifugiato è attualmente di 17 anni. Durante questo periodo, milioni di bambini rischiano di non ricevere un’istruzione.

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