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    Trump e Netanyahu mai così amici, ma il futuro politico del premier israeliano è ancora in bilico

    Il presidente americano Donald Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Credit: Saul Loeb/AFP
    Di Futura D'Aprile
    Pubblicato il 27 Mar. 2019 alle 10:42 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:27

    Mentre un razzo lanciato da Gaza colpiva una casa a Tel Aviv, il premier israeliano Netanyahu era a Washington dall’alleato Donald Trump per celebrare un importante riconoscimento: la sovranità israeliana sul Golan.

    L’inquilino della Casa Bianca, a meno di due settimane dalle elezioni in Israele, ha regalato all’alleato mediorientale il controllo delle Alture occupate dall’esercito israeliano nel 1967 e annesse unilateralmente nel 1981.

    Una mossa che oltre a favorire Netanyahu è vista come un colpo per la Siria, che prima della Guerra dei sei giorni poteva vantare la propria sovranità sul Golan.

    La concessione di Trump segna un rafforzamento dei rapporti – già molto stretti – tra il premier israeliano e il presidente americano, ma non è detto che sia sufficiente per evitare il tracollo di Netanyahu alle prossime elezioni, previste per il 9 aprile.

    Bibi infatti è al centro di tre diversi casi di corruzione su cui sta indagando il procuratore generale israeliano e solo alcuni giorni fa sono state mosse contro il premier nuove accuse.

    Netanyahu avrebbe autorizzato indebitamente la vendita di sottomarini fabbricati in Germania all’Egitto e a beneficiare della vendita sarebbero stati lui e alcuni suoi collaboratori stretti.

    A rendere ancora più instabile la situazione interna in Israele e la posizione del premier Netanyahu contribuisce poi la tensione con Gaza: nelle ultime 48 ore la Striscia è stata ripetutamente bombardata dopo il lancio di un razzo che ha colpito una casa a Tel Aviv e non è chiaro quanto il cessate il fuoco possa reggere.

    I raid e il richiamo dei riservisti sono un’arma a doppio taglio per il premier israeliano. La risposta di Netanyahu, presentata come un impegno del capo del Likud a proteggere il paese, è stata etichettata come troppo debole da uno dei suoi sfidanti alle prossime elezioni, Benny Gantz.

    L’ex generale ha attaccato Netanyahu, accusandolo di non essere capace di garantire la sicurezza del paese e cercando così di sottrarre voti al suo avversario.

    Gantz tra l’altro è noto per aver più volte affermato di voler riportare Gaza “all’età della pietra”, proponendosi così come il candidato pronto ad usare il pugno di ferro contro la Striscia.

    Netanyahu al momento sembra quasi “moderato” rispetto al suo avversario, essendosi “limitato” alla strategia usata anche negli ultimi anni contro Gaza: i raid aerei contro “postazioni militari di Hamas”.

    Il rischio però è che il premier si lasci prendere la mano e decida davvero di invadere la Striscia per cercare di risalire i sondaggi e sottrarre al suo avversario il ruolo di uomo pronto a difendere Israele a qualsiasi costo.

    Il regalo di Trump è stato certamente importante, anche considerando l’importanza geostrategica e in tema di risorse delle alture del Golan, ma l’amicizia tra Netanyahu e il tyacoon non è abbastanza per vincere le elezioni.

    Anzi, a beneficiare maggiormente dai rapporti con Israele alla fine dei conti sembra sia proprio Trump, che ha rafforzato il sostegno tra i Repubblicani della prima ora e tra gli evangelisti americani.

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