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Home » Esteri

“Io, troll russo, vi spiego come abbiamo interferito sulle elezioni Usa”

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In un'intervista al Washington Post, l’ex troll russo Marat Mindiyarov ha raccontato cosa significasse lavorare nella fabbrica delle fake news di San Pietroburgo

“Avevo una lista di argomenti su cui scrivere. Dovevamo far sembrare che non fossimo troll ma persone vere. Mentre uno dei tre troll scriveva qualcosa di negativo su una notizia, gli altri due  dovevano rispondere ‘hai torto’ e postare link e così via”.

Questa notizia puoi leggerla direttamente sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come

A parlare è un membro della cosiddetta “fabbrica dei troll”, un’agenzia russa nata con lo scopo di usare Internet, in particolare i social network, per creare e diffondere notizie false.

Il suo scopo, tra gli altri, sarebbe stato quello di interferire nelle elezioni presidenziali americane del 2016, vinte da Donald Trump contro Hillary Clinton.

Il funzionamento di questa agenzia costituisce uno dei filoni del Russiagate, inchiesta in mano al procuratore speciale statunitense Robert Mueller, che il 16 febbraio  ha presentato formalmente le accuse contro 13 russi e tre aziende di Mosca per “cospirazione contro gli Stati Uniti” e “frode”.

Il fascicolo di 37 pagine del procuratore Mueller contiene le contestazioni più dirette e circostanziate dall’inizio delle indagini sul cosiddetto Russiagate.

Mueller ha accusato 13 cittadini russi di aver cospirato a favore di Trump e ai danni della Clinton.

Dalla denuncia del procuratore, sono venuti fuori nuovi dettagli sul funzionamento della “fabbrica di troll” di San Pietroburgo.

Secondo quanto scritto da Mueller, l’operazione della “fabbrica di troll” fu avviata da Yevgeny Prigozhin, chiamato “lo chef del Cremlino” e con legami con il presidente russo Vladimir Putin.

Formata inizialmente da circa 25 impiegati, l’Internet Research Agency inizialmente si è occupata della guerra in Ucraina e della propaganda in Russia; poi, con l’inizio della campagna elettorale americana, ha cominciato ad operare per minare la fiducia nel sistema democratico ed elettorale statunitense.

Dai documenti presentati da Mueller emerge che il lavoro della “fabbrica di troll” è andato avanti alacremente nel corso degli anni, con un incremento del numero degli impiegati, passato da poche decine a diverse centinaia.

All’interno c’erano diverse sezioni: i troll dedicati al pubblico russo, ma anche quelli che invece invece lavoravano in inglese, per entrare in contatto direttamente con gli elettori americani.

Per influenzare la campagna elettorale americana, l’Internet Research Agency adoperava soprattutto tre strumenti: account falsi sui social media, organizzazione di manifestazioni reali e promozione di pubblicità online con contenuti politici.

Uno degli impiegati, l’ex troll 43enne Marat Mindiyarov, ha raccontato al Washington Post cosa significasse lavorare in questa agenzia a San Pietroburgo.

Come ci si sente a lavorare lì dentro?

Mi sono subito sentito come un personaggio nel libro “1984” di George Orwell: un luogo in cui devi scrivere che il bianco è nero e il nero è bianco.

Che tipo di “falsità” ha scritto?

Le mie “non verità” equivalevano a postare commenti. Le mie opinioni erano già stabilite da altri e dovevo scrivere con parole mie quello che mi era stato ordinato di scrivere.

Per esempio?

Quando si è parlato delle sanzioni dell’Unione Europea e degli Stati Uniti in risposta all’intervento della Russia in Ucraina, il rublo ha iniziato a scendere. Così ho cominciato a scrivere di quanto fosse meraviglioso il rafforzamento del rublo e altre assurdità simili.

Come praticava questa attività?

Abbiamo commentato siti russi di tutti i tipi, LiveJournal ad esempio e tutti i siti di notizie.

Com’era l’ambiente di lavoro? Era davvero come una fabbrica?

C’erano due turni di 12 ore, giorno e notte. Dovevi arrivare perfettamente in orario. Esistevano regole rigide, ad esempio bisognava postare 135 commenti di 200 caratteri ciascuno. Arrivavi e trascorrevi tutto il giorno in una stanza con 20 computer. Nell’azienda c’erano molte stanze di questo tipo distribuite su quattro piani. Era come una linea di produzione, tutti erano occupati, tutti scrivevano qualcosa.

Come funzionava il trolling?

Avevo una lista di argomenti su cui scrivere. Dovevamo far sembrare che non fossimo troll ma persone vere. Mentre uno dei tre troll scriveva qualcosa di negativo su una notizia, gli altri due  dovevano rispondere “hai torto” e postare link e così via.

Pensa che abbia funzionato?

Per il pubblico americano sembra di sì. Non sono abituati a questo tipo di inganno. 

Perché ha abbandonato l’impiego?

Ho lasciato per ragioni morali. Mi vergognavo di lavorare lì.

Quali pensa che saranno le ripercussioni di questa incriminazione in Russia?

Penso che la “fabbrica dei troll” continuerà ad esistere e tutto rimarrà com’è. Le persone presenti sulla lista degli accusati non hanno nulla da temere finché sono in Russia.

 

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