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L’uomo che racconta la Siria dal suo interno

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Rami Jarrah è un siriano che si è improvvisato reporter dopo lo scoppio del conflitto civile per far vedere al mondo cosa sta accadendo in Siria

“Ci sono gruppi fondamentalisti in quest’area e tutti sanno dove sono localizzati. Ma nessuno li colpisce. Al posto loro vengono attaccati mercati e moschee nel centro di Aleppo”.

Rami Jarrah era un importante uomo d’affari prima che scoppiasse il conflitto civile in Siria quasi cinque anni fa. Ha scelto di abbandonare il proprio lavoro per non essere costretto a piegarsi alle richieste del regime del presidente Bashar al-Assad. 

Da allora ha imbracciato una macchina fotografica e ha deciso di dedicarsi all’informazione, per mostrare al mondo ciò che il governo siriano cerca di nascondere, impedendo ai giornalisti di svolgere il proprio mestiere in libertà.

Altri siriani si sono uniti alla sua causa e insieme hanno fondato Ana Press, una piattaforma di notizie open source che opera in Siria e Turchia per documentare la guerra civile e tenere un bilancio aggiornato delle vittime. 

Tutto è iniziato durante le prime proteste dei cittadini siriani contro il governo di Assad. Quando le truppe governative hanno ucciso nove manifestanti, a Jarrah è stato chiesto dagli attivisti anti-regime di parlare ai media internazionali della situazione siriana. 

L’uomo è stato ospitato da Al Jazeera e dalla CNN, continuando il proprio lavoro sul campo, come reporter, sotto lo pseudonimo di Alexander Page. Con quel nome poteva pubblicare i propri resoconti di guerra tramite i social network, dando voce ai civili e ai ribelli siriani in tutto il mondo.

Nonostante cercasse di esporsi il meno possibile, è stato catturato a Damasco e torturato per tre giorni perché trovato a registrare alcuni raduni col proprio cellulare.

La sua identità è stata svelata nel 2011, quando si è trasferito con la propria famiglia in Egitto e ha lavorato come giornalista seguendo le vicende legate al presidente Mohamed Morsi e al regime a lui subentrato.

La sfida che Jarrah sta affrontando da quasi tre mesi a questa parte, però, è quella di testimoniare l’impatto dei raid aerei russi sulla popolazione siriana.

“Chiunque viva ad Aleppo sa che gli attacchi di questi ultimi mesi non sono gli stessi che sono stati condotti da quattro anni a questa parte”, ha dichiarato.

(Un video di Jarrah di novembre 2015 mostra un uomo cercare suo figlio tra le rovine dei palazzi abbattuti da un raid aereo)

Secondo l’uomo, i raid di Mosca iniziati il 30 settembre non sarebbero indirizzati all’Isis, come annunciato dal Cremlino, ma verrebbero condotti per spalleggiare l’esercito di Assad nella sua lotta contro i diversi gruppi ribelli del paese, finendo per uccidere anche i civili.

Per il giovane reporter siriano, la condizione della popolazione sarebbe peggiorata dall’inizio degli attacchi russi, che avrebbero costretto molta gente a scappare dal paese.

I dati rilasciati dalle Nazioni Unite sembrerebbero supportare la sua tesi: più di 120mila persone avrebbero abbandonato le proprie case da inizio ottobre 2015 a dicembre, in Siria, portando il numero complessivo registrato dall’inizio del conflitto a 6,6 milioni.

L’associazione umanitaria Physicians for Human Rights ha rilasciato a novembre un report in cui il regime di Assad viene incolpato di aver sistematicamente mirato al personale medico. Le strutture sanitarie, secondo il rapporto, sarebbero però state colpite non solo dall’esercito governativo siriano, ma anche dalle forze russe, che sarebbero direttamente responsabili della distruzione di almeno dieci edifici.

Come riporta l’Osservatorio siriano per i diritti umani, 353 civili avrebbero perso la vita nella prima metà di dicembre in attacchi aerei condotti da velivoli russi e dell’esercito di Assad e almeno 70 persone sarebbero state vittime dirette dei raid di Mosca.

Distinguere gli aerei russi da quelli dell’esercito siriano rimane tutt’ora complicato, a meno di non riuscire a leggere il numero di identificazione dei velivoli. 

Il 20 dicembre alcuni raid hanno attaccato la cittadina siriana di Idlib, roccaforte di uno dei gruppi ribelli, uccidendo più di 70 civili. I sopravvissuti avevano raccontato con estrema sicurezza di aver riconosciuto gli aerei russi, mentre si avvicinavano per condurre i raid.

“I siriani hanno perso la fede nel mondo. Mi vedono là fuori e mi dicono che sto perdendo il mio tempo. Non sono ingenuo, ma credo nei principi di ciò che sto facendo”, racconta Jarrah. 

(Un video di Jarrah di novembre 2015 testimonia le conseguenze di un raid aereo ad Aleppo)

— Leggi anche: Colpita Idlib, la roccaforte dei ribelli siriani
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