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Home » Esteri

Esclusivo TPI – Pescatori italiani liberati in Libia: “Ecco i nostri carcerieri”

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A un anno dal rilascio dall’inferno libico, TPI rivela i volti degli aguzzini dei 18 pescatori di Mazara del Vallo tenuti prigionieri per 108 giorni dalle milizie di Khalifa Haftar

Le carceri libiche e il network del generale Haftar con tanto di volti, nominativi e profili Facebook: quaranta fotografie in cui si racchiude la lunga prigionia dei 18 pescatori di Mazara del Vallo, sequestrati nel mezzo del Mediterraneo il 1 settembre 2020 e liberati dopo tre mesi e mezzo nelle carceri libiche. 

I marittimi li hanno riconosciuti nei mesi scorsi, nel corso di numerosi interrogatori condotti dai carabinieri di Trapani e del Reparto operativo speciale (Ros) di Roma, individuandoli in un fascicolo fotografico pieno zeppo di soldati semplici, sergenti, caporali e generali libici. Le loro facce sono comparse come pezzi di un puzzle, riempiendo le tessere mancanti nella memoria dei pescatori. Sono i fedelissimi di Khalifa Haftar, il reuccio della Cirenaica e regista del sequestro dei pescherecci Antartide e Medinea e di 18 pescatori (otto italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi). A partire dal generale Khaled Mahjoub, portavoce dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Libyan National Army – Lna), e dal capitano Bashir Al Jahni, comandante del carcere di El Quifia, in cui i pescatori sono stati detenuti per oltre un mese.

Entrambi sono stati riconosciuti attraverso dei frame estrapolati da un documentario filmato allinterno delle carceri di Haftar: stando ai racconti dei marittimi, tuttavia, nessuno dei due, né Mahjoub né Al Jahni, ha utilizzato alcuna forma di violenza nei loro confronti. A differenza degli operativi di Haftar, protagonisti di violenze e torture, che riaffiorano dalla memoria di quei 108 «giorni tremendi», come li ha descritti uno dei pescatori in un verbale acquisito dalla Procura di Roma, che dal giorno del sequestro indaga contro ignoti per tortura, sequestro di persona e furto aggravato. Unodissea dal forte spessore politico, condotta dagli uomini della Cirenaica allindomani di una visita ufficiale del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, atterrato a Tripoli per sostenere il governo riconosciuto dallOnu, presieduto allora da Fayez al-Sarraj. Una ritorsione bella e buona, eseguita dalle milizie di Haftar, a bordo dalla motovedetta libica Zawraka, intervenuta a 38 miglia dalle coste nordafricane, in una zona contesa in cui si pesca il pregiato gambero rosso di Mazara del Vallo…
Continua a leggere l’articolo sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui

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