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Home » Esteri

Cosa spinge un uomo a compiere una sparatoria di massa negli Stati Uniti

Immagine di copertina

81mila feriti e 31mila morti l'anno. Con una media di 308 sparatorie e 86 vittime ogni giorno. A tanto ammonta il bilancio causato dalle armi da fuoco negli Stati Uniti

IACOPO LUZI DA DEKALB, ILLINOIS, STATI UNITI – Cinque lastre di granito rosso si ergono di fronte
la Cole Hall, presso la Northern Illinois University (NIU).

“Avanti Insieme Avanti”
sono le parole impresse su di esse. Queste lapidi sono un monumento alla
memoria per tutti gli studenti e una promessa che quanto accaduto otto anni fa
non succederà mai più.

Qui, il 14 febbraio del 2008, l’ex studente della NIU Steven
Kazmierczak aprì il fuoco con un fucile all’interno di una classe, uccidendo cinque persone e ferendone 21. Suicidandosi poi dopo. Complessivamente, incluso l’attentatore, morirono sei persone.

La sparatoria della Northern Illinois University è
considerata una delle peggiori avvenute all’interno di un istituto accademico degli ultimi anni, dopo quelle alla Virginia Tech nel 2007 e alla scuola elementare di
Sandy Hook nel 2012, dove morirono rispettivamente 32 e 28 persone.

Nonostante tutto, i tragici eventi di Dekalb non ricevettero
tanta copertura mediatica quanto le ultime sparatorie del 2015: quella del primo ottobre
 all’Umpqua Community College
nell’Oregon e quella di San Bernardino del 2 dicembre, in California (poi
rivelatasi un vero e proprio attentato terroristico).

Il motivo? I tempi sono cambiati e ciò che otto anni fa era
solo una tragica notizia di cronaca oggi è in grado di
scuotere dieci volte di più gli animi e tenere banco per molto più tempo,
grazie anche ai social network.

A tal proposito, ci siamo chiesti quali siano i motivi che
spingono individui a imbracciare un’arma e aprire il fuoco su delle persone
indifese. Spesso si parla di disturbi mentali, ma le motivazioni possono essere
diverse.

— LEGGI ANCHE: DIECI SPARATORIE CHE HANNO SCOSSO GLI STATI UNITI DAL 1999 A OGGI 

“Le ragioni dietro a queste stragi sono spesso varie e
difficilmente spiegabili. Spesso non è così semplice come nei romanzi gialli,
nei libri, nei film o negli episodi di NCIS. Sbrogliare la matassa di
motivazioni dietro i crimini di ciascuno di questi killer è una cosa tanto
semplice quanto risolvere un cubo di Rubik”, dichiara Jimmy D. Taylor,
professore associato di sociologia, criminologia e giustizia criminale dell’Ohio
University, autore di 
American Gun Culture: Collectors, Shows, and the Story of the Gun.

Ci siamo recati a Dekalb per parlare con dei testimoni
oculari di quel tragico San Valentino del 2008 e provare a comprendere le
ragioni celate dietro le azioni di Kazmierczak.

Il sergente Dathan Jackson della polizia universitaria di
Dekalb è stato uno dei primi a raggiungere la scena quel tragico giorno.

“Era
completamente inaspettato”, dice. “Non avevamo mai avuto problemi con
le armi prima di quel giorno, e nemmeno dopo. Kazmierczak non era più uno studente della
Northern Illinois University e aveva nascosto il suo fucile in una custodia da
chitarra. Per questo non è stato possibile fermarlo. Nessuno l’aveva notato”.

“Nessuno conosce per davvero le ragioni che hanno motivato
Kazmierczak, ma a quel tempo parlai con persone che lo conoscevano e molti
hanno confermato che nutriva rancore verso la nostra università per degli
episodi di bullismo nei suoi confronti”, spiega Maria Krull, consulente
editoriale presso la Northern Star, il giornale studentesco della NIU.

“Nonostante tutto, quell’evento non ha cambiato le nostre vite. È stata una vera tragedia per tutti, ma abbiamo deciso di continuare senza che la
paura prendesse il sopravvento”,

Secondo i dati dei centri di prevenzione e di controllo
delle malattie, vi sono oltre 81mila feriti e più di 31mila morti all’anno a causa
delle armi negli Stati Uniti. Ciò significa circa 308 sparatorie e 86 morti al giorno.

Eppure, le statistiche dell’FBI mostrano che il numero di
violenze armate era molto più alto vent’anni fa.

In più, un recente studio di Jonathan M.Metzl e Kenneth T.
MacLeish della Vanderbilt University ha mostrato che il legame tra la
violenza armata e la salute mentale è dubbio.

“Vi sono molteplici fattori che influiscono su una
sparatoria: naturalmente la malattia mentale può essere uno di questi, ma spesso
chi spara è in cerca di notorietà e prova a emulare chi ha sparato prima di lui
con l’intenzione di passare alla storia come un cattivo”, spiega Adam Lankford, professore associato al dipartimento di giustizia criminale all’University of Alabama e autore di  numerosi articoli di giornale sulle sparatorie di massa.

“Altri
fattori che possono indurre a un comportamento simile sono l’isolamento sociale di chi spara o la crescente
disponibilità delle armi in commercio”.

Secondo Lankford il problema dev’essere analizzato nella sua
totalità.

“I social network di certo non aiutano. Chi
spara, spesso, può reperire informazioni preziose per pianificare una sparatoria
direttamente su internet e
l’attenzione verso le sparatorie rispetto agli anni passati è notevolmente aumentata. Chi spara a volte diventa una celebrità e questo spinge la gente a imitare le loro gesta”.

Secondo molti esperti, l’unica maniera di prevenire le
sparatorie di massa è aumentare i controlli e non sottovalutare alcun segnale.
Recentemente, l’FBI è stata in grado di prevenire una sparatoria alla
University of Chicago grazie al monitoraggio dei social media.

A ottobre 2015 il Pew Research Center, noto think tank
americano, ha pubblicato uno studio che mostra come negli Stati Uniti il tasso
di criminalità si sia pressoché dimezzato dallo 0,070 per cento del 2013 allo 0,036 per cento di
oggi.

Durante lo stesso periodo, il totale dei morti per arma da
fuoco (inclusi incidenti e suicidi) è sceso di un terzo dallo 0,015 per cento allo
0,010 per cento.

“Dando un’occhiata ai dati ufficiali, è possibile notare che se gli incidenti
violenti sono in leggera crescita, in realtà è statisticamente più difficile
essere vittima d’armi da fuoco oggi rispetto alla metà degli anni Novanta”, spiega
 Jimmy D.Taylor.

“Il tasso di
omicidi con arma da fuoco è circa la metà rispetto a quello del 1995. Nonostante la maggiore copertura mediatica di questi crimini,
i dati affermano che vi è una grande isteria pilotata dai media e una
possibile paranoia di massa alla base di tutto ciò”, continua Taylor.

“Coloro che pensano che la
violenza stia peggiorando dovrebbero stare di meno davanti alla televisione e
guardarsi di più attorno”.

LEGGI ANCHE: DIECI SPARATORIE CHE HANNO SCOSSO GLI STATI UNITI DAL 1999 A OGGI 

(Nell’immagine qui sotto: nel 2015 ci sono state almeno 355 sparatorie con 4 vittime negli Stati Uniti, più di tutti i singoli giorni di un anno. Photocredit: Aj+)

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