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    Guerra in Siria, i curdi accusano: “Russia e Usa responsabili di questo spargimento di sangue”

    Forze turche Credit: Ansa
    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 30 Ott. 2019 alle 16:35 Aggiornato il 18 Nov. 2019 alle 13:58

    Guerra in Siria, i curdi accusano: “Russia e Usa responsabili spargimento di sangue”

    La guerra della Turchia in Siria continua. Le forze turche avanzano al confine nord-orientale nonostante il cessate il fuoco e mirano a occupare territori al di là della “zona sicura” di 30 chilometri annunciata da Ankara, mentre i curdi siriani accusano Russia e Stati Uniti dello spargimento di sangue in atto. La denuncia proviene dal portavoce delle Forze Democratiche Siriane (Sdf), Mustafa Bali.

    “Esiste un accordo di cessate il fuoco che richiede il ritiro delle Sdf e obbliga l’esercito turco a fermare l’aggressione eppure i villaggi di Darbasiyah e Tell Tamer sono ancora pesantemente sotto attacco, anche quelli in cui abbiamo ceduto posizioni”, ha scritto Bali su Twitter. “E’ chiaro che la Turchia non ha intenzione di fermare gli attacchi. La Russia e gli Stati Uniti sono responsabili dello spargimento di sangue e dello sfollamento di migliaia di civili che ora stanno fuggendo dalle loro case a Tell Tamer”.

    Secondo il corrispondente del servizio in lingua curda dell’emittente Voice of America, Mutlu Civiroglu, che cita diverse fonti locali, le forze filo-turche stanno avanzando sulla città di Tell Tamer, nel governatorato occidentale di Hasakeh, nel nord-est della Siria, situata a circa 32 chilometri dal confine turco, al di fuori della cosiddetta “zona sicura” annunciata da Ankara. L’avanzata sta provocando la fuga della popolazione residente. La città è stata il primo punto di rifugio per gli sfollati da Ras al-Ayn e il suo ospedale è molto importante per la regione.

    Questa mattina, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva annunciato che Ankara si riserva “il diritto di avviare una nuova operazione militare contro le unità curde, se non si ritirano a 30 chilometri dal confine”. Rivolgendosi al gruppo parlamentare del suo partito Akp, Erdogan aveva definito “incompleto” il ritiro delle truppe curde dal confine siriano.

    Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), al 29 ottobre oltre 105 mila persone risultano sfollate in Siria nord-orientale, a seguito dell’offensiva turca, mentre 96.855 erano tornate alle proprie case, quasi il 40 per cento dei quali nelle aree di Tell Abyad, Ain Issa e Suluk, attualmente sotto il controllo delle forze fedeli ad Ankara. Dall’inizio dell’offensiva, il governo della regione autonoma curdo-irachena ha accolto quasi 13 mila rifugiati provenienti dall’area delle operazioni, di cui 270 arrivati tra il 28 e il 29 ottobre. Il Consiglio Norvegese per i rifugiati sottolinea che almeno 5.200 di questi rifugiati hanno meno di 17 anni.

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